Baci rubati per Guy Debord 2016
Una fotosequenza con Enrico Ghezzi e Pino Bertelli
Appunti per il superamento della “psicologia” e per la realizzazione della saluteù
Agosto 1980
«Quando ero bambino, mio padre mi insegnò a non piegare mai la testa di fronte alla cattiveria e non scendere mai così in basso tanto da odiare una persona…
Un uomo – era solito dire – ha il diritto di guardare un altro uomo dall’alto, soltanto per aiutarlo ad alzarsi.
Quando ero bambino, mia madre mi disse di non avere timore di piangere, né quando si ama né quando si soffre…
mi disse anche di non aver paura dell’amore ma di temere di non averlo incontrato mai!»
(Pino Bertelli).
Tempi della fine e luoghi d’altrove
12 dicembre 2019 ore 17:00 MACRO – Via Nizza 138 Sala lettura
« Deploriamo fermamente la distruzione dei piccoli cinema di periferia…
noi non siamo affezionati al fascino delle rovine, ma i parcheggi,
centri commerciali o caserme di polizia… innalzati al loro posto
hanno una bruttezza senza rimedio che invoca la dinamite… ».
Anonimo toscano
“…Ciò non toglie che l’idea degli anarchici di annientare qualsiasi autorità resti una tra le più belle che mai siano state concepite”.
E.M. Cioran
Insorgere e divenire dell’ontosi, di Jacques Camatte, Il Covile, pag. 162 [ il libro non ha prezzo né ISBN, circola solo in librerie particolari o di mano in mano, e per riceverlo può essere richiesto alla casa editrice ].
“L’autorità non solo non è necessaria all’organizzazione sociale, ma, lungi dal giovarle, vive su di essa da parassita, ne inceppa l’evoluzione, e volge i suoi vantaggi a profitto speciale di una data classe che sfrutta ed opprime le altre.”
Errico Malatesta
“…gli imbecilli infatti sono sempre aggiornati, alla moda, e apprezzano moltissimo le novità.
Essendo incapaci di immaginare alternative all’attualità e alla visione dominante al momento,
la considerano sempre espressione del migliore dei mondi possibili, ma solo fino a quando
una nuova versione non sia inventata e disvelata alle masse da uno dei profeti moderni,
meglio noti col titolo di testimonial…”.
Piero Paolicchi
« Un giorno che tornavamo dal lavoro vedemmo tre forche drizzate sul piazzale dell’appello:
tre corvi neri. Appello. Le S.S. intorno a noi con le mitragliatrici puntate: la tradizionale cerimonia.
Tre condannati incatenati, e fra loro il piccolo pipel, l’angelo dagli occhi tristi.
Le S.S. sembravano più preoccupate. Più inquiete del solito.
Impiccare un ragazzo davanti a migliaia di spettatori non era un affare da poco…
Tutti gli occhi erano fissati sul bambino. Era livido, quasi calmo, e si mordeva le labbra.
L’ombra della forca lo copriva… I tre condannati salirono insieme sulle loro seggiole.
I tre colli vennero introdotti contemporaneamente nei nodi scorsoi.
– Viva la libertà! – gridarono i due adulti. Il piccolo, lui, taceva.
– Dov’è il Buon Dio? Dov’e? – domandò qualcuno dietro di me.
A un cenno del capo del campo le tre seggiole vennero tolte.
Silenzio assoluto. All’orizzonte il sole tramontava…
Poi cominciò la sfilata. I due adulti non vivevano più. La lingua pendula, ingrossata, bluastra.
Ma la terza corda non era immobile: anche se lievemente il bambino viveva ancora…
Più di una mezz’ora restò così, a lottare fra la vita e la morte, agonizzando sotto i nostri occhi.
E noi dovevamo guardarlo bene in faccia. Era ancora vivo quando gli passai davanti.
La lingua era ancora rossa, gli occhi non ancora spenti. Dietro di me udii il solito uomo domandare:
– Dov’è dunque Dio? E io sentivo in me una voce che gli rispondeva:
– Dov’è? Eccolo: è appeso lì, a quella forca… Quella sera la zuppa aveva un sapore di cadavere »1.
Elie Wiesel (superstite dei campi di concentramento di Auschwitz, Buchenwald, Buna)