





Tina Modotti. Sulla fotografia sovversiva. Dalla poetica della rivolta all’etica dell’utopia (seconda ristampa)
La fotografia ribelle. Le passioni e i conflitti delle donne fotografe che fecero l’impresa! (NdA PRESS)
considerano (non a torto) il mestiere del fotografo pari a quello del cortigiano, stupido, vigliacco e infame! I fotografi del mondano riciclato (e tutta la razza di artisti serventi), come i cortigiani, praticano la condiscendenza, l’adulazione, la benevolenza in cambio di trenta denari…
basta una passata televisiva o una mezza pagina sui giornali a grande tiratura (anche on-line)… il portfolio poi impresso nelle pagine delle riviste specializzate, commentato dallo storico o dal critico che lavora per le banche, fondazioni, assessorati, università o i beni culturali…
è il naturale battesimo d’ingresso del fotografo a corte.
Sulla fotografia della stupidità. La fotografia della stupidità è un idioma… darei tutte le fotografie del mondo, specie quelle più celebrate dalla stampa specializzata, storici, mercanti e imbecilli a tutto campo della fotografia mercantile, per un’immagine autentica dei bambini scalzi nel sole e la pioggia sulla faccia, prima di essere uccisi da una “guerra umanitaria” o semplicemente per fame.
Fotografare veramente a fianco degli esclusi vuol dire rigettare l’intero baraccone patinato dell’industria fotografica e della fotografia insegnata…
la fotografia non s’impara nella scuole ma nella strada, come la dignità e il diritto di avere diritti. “Sempre e inevitabilmente ognuno di noi sottovaluta il numero di individui stupidi in circolazione” (Carlo M. Cipolla), specie tra quelli che fanno fotografie, non solo amatoriali.
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