Noi non vogliamo essere dei giustizieri, ma dei signori senza schiavi che ritrovano, al di là della distruzione della schiavitù, una nuova innocenza, una grazia di vivere.
Si tratta di distruggere il nemico, non di giudicarlo”.
Raoul Vaneigem
Il cinema dell’italietta cattofascista (sempre intriso nella doppiezza di ideologismi e fiancheggiamenti prezzolati con la sinistra al caviale) è in qualche modo abile… tra film dell’imbecillità conclamata (Toto Tolo) e operazioni commerciali con la pretesa di raccontare la storia di un politico, come Hammamet, ciò che intende far passare è la vita ridotta agli imperativi economici… produttori d’infinite illusioni, autori, critici, attori e anche gli addetti stampa dei “tappeti rossi”… imprigionano la libertà in nome sempre sbandierato della libertà, e il popolo ci crede… e affida alla scheda elettorale l’annientamento della propria identità e dignità! Le fucilate di Durruti nella Rivoluzione sociale di Spagna del ’36 dicevano: La commedia è finita! Il pubblico si alza… è ora d’infilarsi il cappotto, mettersi il cappello, levare i pugni dalle tasche e uscire nelle strade… i fori sulle maschere degli dèi ne annunciano il crepuscolo, basta volerlo davvero… come non sentire l’eco delle verità uccise (mai sconfitte) che rispondono al fuoco dei poteri nell’aristocrazia libertaria che li suscita… abbiamo molto studiato ed è per questo che non sappiamo niente in materia di vigliaccheria… sappiamo però che l’incendio delle passioni implica la fine dei ruoli e inaugura la signoria senza servitù della comunità che viene. La gioia della vita autentica sta nel superamento d’ogni divieto (sessuale, amicale, comunitario). Ogni piacere, come ogni amore o libertà, vuole eternità.
Le furbate architetturali di Hammamet e di Tolo Tolo sono le medesime… promettono divertimento e divagazione sulle stesse figurazioni che sfociano nel preteso e lì muoiono nel riconoscimento pubblico quanto in quello privato… moriranno stupidi, ricchi e famosi nella decomposizione del celarsi quanto dell’apparire… dove la vita si vuole reale ogni menzogna è un delitto… o si è contro l’ingiustizia o si è complici dell’ingiustizia… si tratta di sbarazzarci dei simulacri, non di profumare i loro cadaveri… gli stereotipi e i ruoli crolleranno subito dopo la loro cacciata da paradiso dello sfruttamento e dell’oppressione… lo stereotipo è un modello che copre la propria mediocrità nell’universo dell’apparenza… il ruolo è un comportamento e la ripetizione del ruolo crea lo stereotipo, diceva… basta portare l’inautentico, il falso, l’idiota di ogni forma espressiva alla portata di tutti e far trionfare in ogni anfratto dell’esistenza addomesticata la civiltà dello spettacolo. Per noi che siamo cresciuti nella pubblica via, scriviamo da ubriachi e correggiamo da sobri (Ernest Hemingway diceva, forse), giriamo nella notte intorno al fuoco della resistenza e dell’insubordinazione… non cerchiamo nessuna riconciliazione e siamo in attesa di liberare la sovranità sottomessa… l’anarchia è sempre dissidio contro il potere, perché non c’è potere che non sia criminale per definizione.
In Hammamet Gianni Amelio è riuscito a dare il peggio di sé… è una sceneggiata televisiva piuttosto stanca… un’unzione mediatica senza disturbi di colpevolezza né assoluzioni evangeliche… il Craxi che mette in scena il regista calabrese non è un mascalzone, semmai un po’ vittima… incompreso dai figli, circuito dai compagni di partito, amante di attrici abbastanza oche per solleticare i suoi volteggi narcisistici… nell’ideologia dominante l’uomo di potere è conforme al modello che rappresenta, del resto, sa bene che il potere è una circolazione di dogmi e viene praticato con disprezzo solo grazie al consenso di coloro sui quali viene esercitato.
I detentori delle specializzazioni (quali che siano) sono i funzionari del pensiero e insieme ai poliziotti, ai traditori, ai codardi di professione… fanno rimpiangere perfino la battaglia del Little Bighorn, dove uno stupido come George Armstrong Custer fu liquidato insieme ai fucilatori del 7°cavalleggeri… quando gli eserciti dei “lunghi coltelli” sterminavano i pellerossa, si esultava per la “grande vittoria”… quando i bianchi venivano sconfitti e lasciati sul campo in pasto ai cani, si gridava al massacro! Ecco… con una qualche ostinazione a credere che i politici e le loro schiere di saprofiti (avvocati, sindacalisti, giornalisti, artisti, operai mansueti…) non sono altro che dei collaborazionisti ben remunerati o garantiti dai finanzieri del libero mercato (del genocidio prolungato)… ci affranchiamo con quanti vogliono farla finita, una volta per tutte, con la religione del neoliberismo e dell’abominio che ne consegue… e contribuire a disseminare ovunque elementi sovversivi per all’insorgenza di un’altra Little Bighorn attualizzata cento, mille volte… spazzare via, finalmente, i criminali in formato grande che vogliono governare in questo modo e a questo prezzo… bene… quando i politici cominciano a preoccuparsi per le loro malversazioni o pisciarsi addosso dalla paura (che hanno sempre inflitto ai popoli impoveriti), vuol dire che i colpi del risentimento sono stati efficaci. Di Hammamet. Il film è incentrato sulla figura di Bettino Craxi… giovane rampollo di Pietro Nenni, poi primo ministro socialista dell’Italia da bere e racconta alla meglio gli ultimi mesi della sua vita. Lo sfondo è il Paese dei voltagabbana… dove connivenze fra mafie e partiti hanno dettato presidenti, generali e colpi di stato… conditi con anni di piombo suggeriti con dovizia dai “servizi deviati” dello Stato… nella credulità di un popolo che ha sempre oscillato tra la subordinazione clericale, la sudditanza di corte, l’obbedienza fascista o la cecità “comunista” fa lo stesso (i sessantamila morti della Resistenza non sono bastati a riscattare opportunismi e tradimenti, tuttavia hanno permesso anche alle cimici della partitocrazia di passare per baluardi della democrazia)… tutti i governi si assomigliano… vogliono servi invece di servire i popoli… nessuno paga per i loro delitti e l’intelligenza ordinaria che propagano è la prima falciatura della creatività come disobbedienza civile.
È lo stesso popolo che va la cinema come quando andava al bordello… senza un filo d’ironia né umorismo, né erotismo edonista, se non quello tipico degli opportunisti… un popolo incapace di vivere la soggettività radicale dei libertini, fuori dal culto della proprietà, del denaro, del prestigio… un popolo allevato sul sagrato dell’inutile, dell’artificio, dell’idolatria, sempre pronto alla viltà di massa, abbeverata all’odio affilato contro le diversità (di razza, classe, sessuali) può solo generare imbecilli addestrati, ammaestrati, inquadrati secondo i postulati della politica dominante.
Il libertino e il ribelle sono sinonimi e per questo indocili a qualsiasi tentativo di assoggettare la loro identità, indipendenza e autodeterminazione… il loro cuore messo a nudo conosce solo fratelli e sorelle del libero spirito o pezzenti del cinismo in forma di irrisione… e là dove gli altri vedono la funzione dei cenacoli, dei salotti o degli altari, i libertini, i libertari, i ribelli a tutto, contrappongono la politica dei corpi (la morale in azione)… per realizzare i loro sentieri in utopia possono perdere tutto, anche la vita, fuorché il coraggio, l’orgoglio, la bellezza che sono al fondo della libertà, della giustizia e dell’amore conquistati: “Là dove il rivoluzionario immaginava che la fine del proprio compito coincidesse con la fine della storia, il libertario, convertito alle necessità del divenire rivoluzionario dell’individuo, dà la sua opera all’eternità, sapendo che è impossibile vedere un giorno la fine della storia” (Michel Onfray, da qualche parte). Ecco perché l’uomo del no! oppone una filosofia radicale dei desideri e dei piaceri alla protervia endemica (per quanto stupida) dell’edificio conformista.
Il film di Amelio (basato su testimonianze reali, dice il regista) si sviluppa su tre parti: lo “statista” decaduto… il grande indagato nell’inchiesta Mani Pulite… il giovane misterioso che entra nella famiglia Craxi e cerca di demolirne il mito… naturalmente c’è l’amore di Craxi per la figlia, il contrasto con il figlio e tutta una consorteria di cortigiani che bivaccano alla sua tavola col garofano rosso nelle mani. “Io racconto sei mesi di vita di un uomo politico importante fino alla sua morte, ma non è un arco narrativo che somigli a una biografia, tutto il contrario. Racconto gli spasmi di un’agonia” (sottolinea Amelio)… quello che si vede sullo schermo però è quasi un thriller o una telenovela con la vezzosità dell’ospedale psichiatrico… un dramma anche, intinto in scene di caccia in bassa Tunisia… dove il culto dello stile frana nell’imperiosità di un’epoca senza stile.
Le frasette messe in bocca a Craxi (Pierfrancesco Favino) suonano abbastanza ridicole: Bettino Craxi: “I danari per la politica sono come le armi per la guerra, mi spiace deludere qualcuno ma… la democrazia ha un costo!”… e ancora: “Finanziamenti illeciti, chi li ha mai negati! Ma non tutto serviva per la parata!”. Il politico (Renato Carpentieri): “Ma qualcosa ci restava attaccata alle dita!”. Che bello! Amelio scopre che i politici rubano! Bruno Segre (101 anni), eminente avvocato (di quelli che stanno dalla parte degli ultimi), ex partigiano di Giustizia e Libertà, ex socialista dalla coscienza integra, ha visto il film di Amelio e a il Venerdì di Repubblica (31 gennaio 2020) dice così: “Non scherziamo neanche: Craxi era un gangster vero! Un arrogante del potere spropositato… aveva l’abilità organizzativa di Al Capone, a ogni ministro aveva affidato un pezzo del malaffare”. Tutto vero. La casta (a qualunque scranno del parlamento appartenga) pur di salvaguardare i propri privilegi assolverebbe perfino Hitler dall’accusa di sterminio! La degradazione del sistema di speranze coltivate dai partiti non è solo uno sfaldamento della democrazia… è l’estetizzazione della politica fatta per tutti… una cultura dell’ostaggio che aderisce alla soggezione che la abita… l’infeudamento della conoscenza come riproposizione dell’identico che impera là dove il diverso è proibito… non è la sicurezza del giogo collettivo, ma l’amore dell’uomo per l’uomo che rende liberi.
La sceneggiatura di Amelio e Alberto Travaglio si discioglie in molti cammei o siparietti recitati alla meglio intorno a Craxi… i magistrati di Mani Pulite risultano piuttosto esterni alla trattazione filmica… il figlio (Alberto Paradossi) appare un po’ tonto… la figlia (Livia Rossi) invece si cura del padre e l’aiuta a scrivere le sue memorie, servizievole… c’è anche la puttanella (Claudia Gerini) che fa l’amante del re, abbastanza sgraziata… si vede che non ha mai letto operette morali come La voglia dei cazzi e altri fabliaux medievali… e poi Omero Antonutti (il padre di Craxi), Giuseppe Cederna (l’amico Vincenzo), Roberto De Francesco (il medico della clinica psichiatrica), Renato Carpentieri (il politico), Massimo Olcese (l’attore vestito da donna) Silvia Choen (la moglie di Craxi)… insomma il campionario attoriale che in bella uniformità non va oltre la recitazione parrocchiale o poco più… Favino, va detto, si prende il centro della scena con austera verosimiglianza… il trucco è pesante ma funziona e non sono stati pochi gli spettatori che hanno gridato al miracolo! È lui! È risorto! Qualcuno ha anche pianto per un tempo in cui la nullità delle evidenze — proprio come ai nostri giorni
— non è mai stata così prossima alla ferocia della ricchezza di pochi sulla miseria di molti. La mistica di sinistra (lavoro, famiglia, patria, esercito) ha sempre sostenuto l’indottrinamento del capitale sacralizzato (manca solo il manganello, l’olio di ricino e la camicia nera)… del resto il fucile e l’aspersorio vanno sempre insieme, come gli stupidi al governo: si passa il ferro alla spalla destra quando non ci si arrende.
La fotografia (Luan Amelio Ujkaj), il montaggio (Simona Paggi) e le musiche di Nicola Piovani… orchestrano un’operazione mercatale di bassa rilevanza etica/estetica… le scenette familiari ad Hammamet, Craxi sulla sedia a rotelle, l’incontro col padre a Milano che lo porta in un teatro dove sbeffeggiano il suo cadavere… l’arresto cardiaco, la morte il mattino dopo… figurano una cartografia dei “buoni sentimenti” e il film non decolla verso la verità di un politico che ha legittimato (insieme ai responsabili di tutti i partiti dell’arco costituzionale, imprenditori, consulenti, esperti, palafrenieri del diritto costituzionale, sempre a libro paga delle mafie) il cannibalismo delle disuguaglianze… Amelio sembra non sapere che c’è sempre qualcuno che preferisce la rapina istituita e impunita ai fiori di ciliegio da donare alla propria madre o al proprio amore… sono i coprofagi di un’economia plasmata ed organizzata per decenni a solo beneficio degli arricchiti. Tutto qui.
L’impianto narrativo di Hammamet si dipana sugli stilemi delle serie-tv… primi piani sostenuti, ambienti circoscritti, comprimari abbozzati per far emergere l’eroe… le inquadrature di Amelio sono liquide, così anche i movimenti di macchina e, più ancora, il dialogo si perde in dissertazioni da talk show… tutto ma proprio tutto è elaborato per risollevare Craxi dal fango dal quale non è più potuto uscire… c’è da dire che anche altri politici avrebbero meritato il medesimo disonore… ci piace ricordare inoltre che un certo numero di intrallazzatori (più o meno colpevoli) si sono fatti fuori, senza farci piangere né commuovere, ed hanno preferito l’oblio alla galera.
Tutto sommato l’esilio dorato di Hammamet non è stato così poi infausto per Craxi… in sua futura memoria e per tutti quelli che un giorno pagheranno cari i loro misfatti… vorremmo ricordare che la realizzazione di ogni progresso, l’abbattimento di ogni ingiustizia sono stati possibili quando uomini e donne hanno preso nelle mani le loro coscienze ad hanno agito come cittadini liberi e non come sudditi docili… in certi momenti della storia hanno fatto sentire le loro voci nelle strade e alzato il tiro sui palazzi nell’ora del tè… alcune volte hanno attentato all’arroganza dei potenti e anche con un qualche successo… quando sono stati incriminati, imprigionati, uccisi come sognatori, la risposta ai tribunali che li giudicavano è sempre stata: Sì siamo dei sognatori, chiediamo l’impossibile! Vogliamo tutto! Più di ogni cosa lavoriamo (con tutti gli strumenti utili) alla meravigliosa vittoria del bene sul male che sborda dalla pratica dell’utopia al colpo cuore d’ogni sorta di autoritarismo. E comunque vada, senza nessun rimorso.
Piombino, dal vicolo dei gatti in amore, 7 volte febbraio 2020