“I padroni, che schiattino! All’istante! Putridi rifiuti! Tutti insieme o uno alla volta!
Ma subito! seduta stante!… Neanche un secondo di pietà! Di morte atroce o soave!
Me ne sbatto! Ah, non sto nella pelle! Soldi per salvarli, tutta quanta la razza non ce n’è più!
Al carnaio! sciacalli! Nella fogna! Perché stare a gingillarsi? Han mai rifiutato, loro, quelle belve?
un solo povero ostaggio a Re profitto? Macché! Macché! Manco per il cazzo!
Vi capita sotto’occhio qualche posapiano?… Farlo fuori subito a fiuto! Quando ci vuole ci vuole!”.
Louis Ferdinand Céline
C’era una volta e una volta non c’era… ciò che seduce nel cinema, come nella politica o nelle dottrine o nelle morali! è l’infezione della stupidità! i rottinculo e i pezzi di merda si ubriacano di scemenze e la tirano lunga sul diritto di distruggere chi non ha voce né volto! Dove regna soltanto l’imbroglio, l’impostura e il dispotismo (nemmeno poi troppo “soffice”, come nelle democrazie dello spettacolo), il disonore degli intellettuali e dei proletari riluce nella sottomissione alla storia del più armato! “Ah! l’hanno ben sostituito, il padrone! Le sue violenze, le sue scempiaggini, le sue furbizie, tutte le puttanerie pubblicitarie! La sanno vender bene la loro roba! (Louis-Ferdinand Céline). Tutti insieme sul podio, prede di tutte le bandiere! e cristimadonne! questa è l’infezione del sistema! Bisogna essere adeguati al carognesco, è permesso anche di dissentire financo nelle strade, purché nessuno rovesci la “tavola dei giusti!”. Tutti i criminali rafforzano gli uffici deputati alla colonizzazione dell’intelligenza, fa parte della parata elettorale o delle galere “comuniste”. Così sia.
L’incultura del cinema italiano si è conformata nella cialtroneria visiva, nelle frasi fatte e nel letame della politica… i cineasti si lasciano corteggiare dalla televisione, dai festival, dai premi che un sarcoma di critici attribuiscono a quel film o a quell’attore o a quella scenografia… insomma una corruttela ben oliata dalle case di produzione che gestiscono le sovvenzioni statali o di aziende private (che nel frattempo fabbricano anche armi)… tutti ci guadagnano e il cinema muore nell’apoteosi della mediocrità! La resurrezione d’un pensiero, d’uno stile, d’una forma d’arte, passa dalla dissoluzione dello spettacolare integrato… il cinema è prostituito al mercato da sempre… si fa del cinema per metterlo in culo agli spettatori, certo!… coglioni fino in fondo! Credono davvero che ciò che vedono sia anche bello! Addirittura vero!
Figurati! Non capiscono un cazzo di cinema ma ne parlano nelle cenette tra amici o al bar o in galleria … e tra una cretinaggine inascoltabile su come confinare i sopravvissuti del Mediterraneo e un Martini ghiacciato con le olive, riescono perfino a scopare quella (o quello) sfoderando le mutande Armani un po’ troppo larghe o troppo attillate… nemmeno in tono con i calzini… gentuccia che mostra più imbecillità di quanta ne produce! Il nostro maestro in molte cose, se non in tutto (Louis-Ferdinand Céline), annotava (nella sua musica scritturale-argot), ma non proprio così: — sterminare gli spiriti liberi, se possibile in nome della libertà!… tutte le verità sono scadute, le rivoluzioni suicidate, la partitocrazia votata a connivenze mafiose! —… l’imbroglio di una società fondata sull’ottimismo, sull’autoritarismo (sanguinario ma solo con gli ultimi della Terra), sulla cortigianeria strisciante… continua a mietere successi in ogni anfratto della vita quotidiana… i mercati globali sono anche i pensieri globali dell’umanità vinta: “Gli uomini pisciano pensando all’eternità” (Louis-Ferdinand Céline). L’amore, la politica e ogni arte sono l’infinito alla portata dei cani, diceva Bardamu nel Voyage au bout de nuit… vediamo di capirci! Ogni epoca ha i suoi franchi tiratorie le sue bagattelle per un massacrodelle dossologie… sognare una frittura di Wall Street con il lanciafiamme non è poi così un delitto! Se si pensa quante guerre fomentano e sostengono questi raffinati d’esecuzioni sommarie degli indifesi, degli sfruttati, degli oppressi!… non ne sentiamo il bisogno di smettere di vomitare e di sputare sull’auditorio dei saprofiti… i parassiti non vanno rieducati, ma annientati!, con una certa grazia, naturalmente! chi rispetta il potere costituito ama la mamma e anche i figli al guinzaglio! e (alla maniera del Bardo) non vede il geniale celato nel buffone, che cessa di esserlo quando taglia la gola al re.
Ancora una volta, il nostro dissertare insolente sulla macchina/cinema ci ha portati fuori strada — come nel film La sanguinaria(1959) di Joseph H. Lewis (con un’indimenticabile Peggy Cummins che impugna la pistola e fa l’amore in macchina da far arrizzare il cazzo perfino ai sacrestani) —… e raccolti nel nostro lessico-calembour abbiamo cercato di scrivere qualcosetta su un film che ci è piuttosto piaciuto, Volevo nascondermi, di Giorgio Diritti… autore piuttosto singolare nella fessaggine conclamata del cinema dove gli chef fanno i filosofi delle patatine fritte e le costruzioni filmiche di Walter Veltroni passano nel plauso politico/ specialistico… tutta roba che, giustamente, sarebbe espulsa dalla Magnifica accademia di Lagado(descritta da Jonathan Swift in I viaggi di Gulliver), per manifesta stupidità.
Volevo nascondermi s’accosta con garbo alla vicenda del pittore (scultore) Antonio Ligabue… confinato nella storiografia nostrana comenaïf — sottolineatura tipica con la quale sono bollati artisti autodidatti, portati per istinto a dipingere con unostile semplice e colori vivaci, dicono (?!) —… quasi a dire che l’arte s’insegna e un semi-analfabeta non potrà mai essere artista! Perché? Boh? Il dolore, la disperazione, l’amore non s’imparano a scuola, ma nella strada! E nemmeno vogliamo elencare la sfilata di autodidatti che hanno elevato l’arteverso il sublime! Almeno quanti, e forse più, di mediocri artisti inzeppati nei musei con i soldi dei galleristi, dei collezionisti, dei mecenati e non hanno mai compreso bene che l’opera di un genio è incommerciabile! Certo, il potere recupera, trasforma, svilisce… dice di amare il genio che odia (perché lo ha smascherato) e lo riattualizza nei baccanali della mondanità… così anche lo scemo del villaggio o il barbone alcolizzato che fanno dell’arte, quale che sia… possono essere celebrati ed esposti al pubblico delirio… finché il disadattato non viene spremuto della sua arte, è un bambino, poi solo un povero demente da restaurare per allargare il conto in banca del suo protettore!
Il film di Diritti racconta con discrezione e amabilità l’anima persadi Ligabue… attraverso serrati flashback (perfino troppi) mostra pezzi d’infanzia infelice e le sue origini svizzero-italiane… il piccolo Antonio è un ragazzo irrequieto, cerca l’amore della madre che lo respinge e viene adottato da una famiglia estremamente povera… si ammala di rachitismo, ha il gozzo, manifesta disturbi pisicofisici… viene espulso dalla scuola e dopo aver aggredito la madre è ricoverato in manicomio… vive a Gualtieri, in Emilia… ma spesso dorme nei boschi, dove capita… però sa disegnare, dipingere, fare scultura… e così “El Tudesc” raffigura contadini che arano con le mucche, seminano con i cavalli, aquile, volpi, leoni, tigri immersi nel paesaggio emiliano… i suoi autoritratti (eccezionale l’“Autoritratto con cane”, che lo eleva a fianco di quelli di Vincent van Gogh) proiettano la sua diversitàoltre il gesto creativo e portano a riflettere che l’arte, quando è grande, contiene l’emancipazione (o la caduta) di un’epoca.
Allo scultore e pittore Marino Renato Mazzacurati si deve la “scoperta” di Ligabue… lo incontra sull’argine del Po gelato: “Non so perché abbia cominciato a parlare con me — ricorda Mazzacurati —, ma fu una conversazione prudente, a molti metri di distanza per aver modo di studiarmi. Io, d’altro canto, non riuscivo a capire da dove spuntasse quell’incredibile personaggio infilato in un pastrano da carabiniere rigonfio di fieno e legato tutt’intorno con delle corde, che attizzava il fuoco sotto un rudimentale fornello di mattoni. In una lingua incomprensibile, che era un misto di tedesco e di dialetto emiliano, mi spiegò che stava preparando la sua cena: un gatto lessato in un bussolotto da conserva. Si preoccupò subito di dirmi che non l’aveva ammazzato lui, che amava molto gli animali e sarebbe morto di fame piuttosto che ucciderne uno” (da Antonio Ligabue uomo ed artista, di Marzio Dall’Acqua). Mazzacurati, forse sa che la vita viene prima dell’economia e questo folleche dipingeva sui muri dei villaggi e correva sulla motocicletta per cercare di sorprendere o di sorprendersi, si chiamava fuori dalle distinzioni esemplari tra “personaggio” e “artista”… viveva il suo “strappo” esistenziale nell’arte e viceversa! indossava il cappotto d’estate (perché aveva patito tanto freddo) e aveva macchine con autista (pagate dai soliti affaristi) che esibiva come riscatto sociale… dopo una paralisi sulla parte destra del corpo, muore tuttavia solo e povero in una sorta di ospizio.
L’architettura filmica di Volevo nascondermiè tratta da un soggetto di Diritti e Fredo Valla, ripercorre la “biografia” di Antonio Ligabue, già utilizzata (su altri registri espressivi) da Salvatore Nocita per lo sceneggiato Ligabue(1977), interpretato con fare guittesco da Flavio Bucci… il soggetto di Arnaldo Bagnasco e Cesare Zavattini (la sceneggiatura è di Zavattini), tuttavia viene in parte svilito dalla destinazione del prodotto e i tempi e i modi di fabbricazione sono quelli televisivi… la consolazione qui prende il posto della caducità di un disinserito (che non per questo non è un grande artista!) e il passaggio alla commemorazione sposta Ligabue nell’angolo dei dizionari sull’arte scomoda, ma comunque recuperata al mercato. L’arte è insubordinazione o abitudine a chinare il capo di fronte all’ordine costituito.
La sceneggiatura di Diritti e Tania Pedroni si dipana su una cartografia del maleamore… sottolinea i tratti essenziali di un espulso dalla comunità e di un artista che in qualche modo ne vuole far parte… l’amore incestuoso della madre adottiva, l’amore pagato, l’amore sognato per Cesarina… mostrano sopra ogni cosa che la libertà non si può comprare né vendere… è il risultato di una lotta, a volte di un’affermazione, insomma una battaglia della e per la vita. Ligabue era brutto, storto, parlava una “lingua propria” ma si faceva capire… e capiva… il regista sta addosso con la macchina da presa a Ligabue (Elio Germano ) e più ancora riesce a far traboccare dallo schermo, il mondo a parte di una persona speciale… Germano incarnaLigabue con una finitudine figurativa/comportamentale di grande rilevanza evocativa, senza mai cadere nel sentimentale o nel pietismo d’occasione… Ligabue è il segnavia di un ambiente, una storia e di un tempo che se da un lato aliena l’arte nel linguaggio dell’avere, di contro e al medesimo momento, mostra un’arte che tiene in contatto il desiderio reale e coscienza storica.
La regia di Diritti è di uno spessore autoriale poco frequentato nel cinema nostrano… inquadrature forti, movimenti di macchina essenziali, visione ravvicinata del racconto filmico che quasi ci fa “toccare” i personaggi… la fotografia di Matteo Cocco si sviluppa sui marroni, i rossi, i gialli… e insieme al montaggio di Paolo Cottignola e Diritti, costruisce una sorta di rapsodia visivadi ciò che accade intorno a Ligabue… anche le figure dei caratteristi sono ben scelte e non sono affatto comprimarie alla narrazione… Volevo nasconderminon è solo un film su Ligabue, è anche il coagulo di tutte le emarginazioni sociali… a noi sembra… dove davvero l’umano dell’uomo supera la propria umanità e fa del proprio destino il primo o l’ultimo mattino del mondo.
L’accumulazione della cultura è la cultura delle casistiche e lì muore nel vuoto del mercantilismo! L’insieme dei saperiè il prontuario di una baldracca borghese che costituisce l’ordine simbolico della merce, quindi della morte dell’arte!… la società dello spettacolosuicida tutti i “quasi adatti” e li confina o li affoga nelle celebrazioni di rito! che rientrano nell’organizzazione dell’inautentico! L’estensione delle idee imposte — in arte e dappertutto — determina le necessità e solo il passaggio dalla conoscenza dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo, alla coscienza di una realtà identitaria, può mettere fine alla discrepanza fra arte, politica e falsificazione… il successo è sempre stato una forma riconosciuta del mondo dominante, a favore della disumanità predominante! La sedia elettrica è nata nei macelli di Chicago ed è stata applicata non solo o non sempre contro l’innocenza anarchica (Sacco e Vanzetti, per non dimenticare!)… l’educazione a servire della domesticazione socialeha bruciato più vite della pena capitale… e possiamo dire che chi uccide ha già ucciso! La persecuzione legiferata alimenta il germe della rivolta, come la clemenza assicura l’impudenza del profitto ai crimini invendicati del potere. Quando il potere risparmia l’uso delle armi, affida alla cultura, all’ideologia o alla fede la cura di mantenere l’ordine oppressivo.
Piombino, dal vicolo dei gatti in amore, 19 volte settembre, 2020