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Sulla disobbedienza civile e l’iconologia della violenza di Pino Bertelli

Inserito da serrilux

Sulla disobbedienza civile e l’iconologia della violenza di Pino Bertelli

per Aziz,
un bambino del Burkina Faso, morto di fame e di sete mentre un aereo americano scaricava cibo e acqua
per i diseredati che lavoravano in una miniera d’oro a cielo aperto, appena scoperta,
le armi le destinavano a solerti soldati per sparare sugli stracci dei poveri…

Il disertore, di Boris Vian (1954)

« In piena facoltà egregio presidente
le scrivo la presente che spero leggerà
la cartolina qui mi dice terra terra
di andare a far la guerra quest’altro Lunedì

Ma io non sono qui egregio presidente
per ammazzar la gente più o meno come me
io non ce l’ho con lei sia detto per inciso
ma sento che ho deciso e che diserterò

Ho avuto solo guai da quando sono nato
e i figli che ho allevato han pianto insieme a me
mia mamma e mio papà ormai son sotto terra
e a loro della guerra non gliene fregherà

Quand’ero in prigionia qualcuno mi ha rubato
mia moglie, il mio passato la mia migliore età
domani mi alzerò e chiuderò la porta
sulla stagione morta e mi incamminerò

Vivrò di carità sulle strade di Spagna,
di Francia e di Bretagna e a tutti griderò
di non partire più e di non obbedire
per andare a morire per non importa chi

Per cui se servirà del sangue ad ogni costo
andate a dare il vostro se vi divertirà
e dica pure ai suoi se vengono a cercarmi
che possono spararmi io armi non ne ho ».

«Non esistono guerre giuste, né guerre sante né guerre “umanitarie”… avete fatto un deserto di morti e l’avete chiamato pace! Maledette le guerre e le carogne che le fanno! La pace si fa con la pace! Toccare la pace! Toccare la pace! La pace non si concede, ci si prende. Per l’amore come per la libertà non ci sono catene. Quand’anche avessi tutti i tesori della terra e conoscessi le lingue degli angeli, se non ho l’amore non sono niente! Là dove le nostre lacrime s’incontrano i nostri cuori si danno del tu! Se il sogno di pace, libertà, giustizia è di uno solo, resta un sogno, se è il sogno di tanti diventa storia! 1

La guerra è una pazzia collettiva… le guerre le ordiscono i ricchi e le subiscono i popoli… nella politica moderna la giustificazione alla guerra s’incarna nell’imperialismo e nel colonialismo attualizzati… le istituzioni, i governi, le politiche finanziarie del resto si fondano sull’ingiustizia e l’autorità e agiscono contro la libertà e la giustizia, l’autorità significa in sostanza tirannia… l’assenza di uno scopo comune è fonte d’infelicità… la maggioranza del genere umano subisce la gloria di pochi e la vera libertà dovrà fare molta strada per annientare l’odio e i delitti degli Stati: “Nessuno Stato esista a mettere a morte innumerevoli stranieri la cui felicità non è compatibile con le mire di conquista e di assoggettamento, o a devastare territori nei quali si ritiene necessario incutere il terrore” (Bertrand Russell)2. Quando si spara sulle popolazioni inermi, come sui lavoratori in lotta, lo Stato si schiera dalla parte della razza padrona e dei bravacci della politica. Lo Stato — anche il più democratico — poggia sulla burocratizzazione (e discriminazione) della povertà.

Salvaguardare i privilegi dei ricchi (dei saprofiti) significa accettare carneficine provocate dagli interessi finanziari di una pletora di plutocrati! Il fine ultimo della civiltà è assicurare la pubblica felicità, non di concedere la vittoria al più forte o al più armato! Il capitalismo parassitario è responsabile della crescita delle disuguaglianze ed è la più seria minaccia per la libertà. “Proprio come i parassiti, la grande forza del capitalismo sta nella straordinaria ingegnosità con la quale esso cerca e scopre specie ospitanti nuove ogni volta che quelle sfruttate in precedenza si estinguono” (Zygmunt Bauman)3… i crimini di guerra non sono frutto di errori o peccati dei popoli, sono sempre il risultato di saprofagi della finanza, della politica e dei governi… le chiese monoteiste sono stupendamente tolleranti (almeno quanto il boia di Londra), perdonano tutto, tranne la disobbedienza civile.

Il nostro atlante di geografia umana [ Contro la guerra. Ritratti dall’infanzia negata 4] è un’esortazione alla disobbedienza civile, alla diserzione, al ripudio di tutte le guerre… un piccolo trattato di resistenza e insubordinazione che si oppone all’imbroglio generalizzato: “Nel tempo dell’inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario” (George Orwell)5, sembra. La menzogna della politica è un’arma contro il più debole… dissimulare fedi e contratti sociali, significa pervertire la verità finalizzata all’oppressione delle masse… la sudditanza prende il posto della ragione e l’ideologia, quale che sia, calpesta ovunque i valori primari dell’uomo (accoglienza, condivisione, fraternità)6. La filosofia degli affari è la filosofia delle guerre e dei mercati… “il commercio delle cose determina il commercio degli uomini e il trionfo delle armi finisce sempre in un’amara disfatta umana” (Raoul Vaneigem)7. I totalitarismi e le democrazie dell’apparenza esprimono la modernizzazione della repressione e solo forme di disobbedienza civile (e la dialettica dei conflitti che ne consegue) possono portare la maggior parte dei contemporanei ad azzerare l’empietà del dominio spettacolare e riprendersi dignità e diritti svalutati o azzerati della vita quotidiana.

Il consenso spettacolare respinge ogni verità che si presenti come falsa coscienza e l’organizzazione del disinteresse fomenta l’ignoranza come falsificazione del vero. “Insomma, la disinformazione sarebbe il cattivo uso della verità. Chi la diffonde è colpevole, e chi ci crede, imbecille” (Guy Debord)8. Il Fondo monetario internazionale, la Banca mondiale, il tavolo dell’Onu sono tra i maggiori responsabili di tutte le guerre moderne… la produzione delle disuguaglianze è la principale gogna della disparità economica del pianeta9. La povertà si può ridurre solo con la diminuzione dell’eccessiva ricchezza10. Molti hanno troppo poco, mentre altri posseggono molto più del necessario… i loro precetti e comandamenti influenzano i processi elettorali… l’impostura generale della ricchezza si regge sugli inginocchiatoi della storia.

La disobbedienza civile dunque è un rivolgimento dell’ingiustizia, un’infrazione della soggezione, una forma di resistenza sociale che non dipende solo dalla coscienza individuale, bensì dal numero di persone che la condividono… la sfida all’autorità, religiosa, civile, politica, finanziaria è l’erosione progressiva dell’autorità guerrafondaia che porta i cittadini a respingere la sua legittimità: “La disobbedienza civile insorge quando un numero significativo di cittadini si convince che i canali consueti del cambiamento non funzionano più, che non viene più dato ascolto né seguito alle loro rimostranze o che, al contrario, il governo sta cambiando ed è indirizzato ormai avviato verso una condotta dubbia in termini di costituzionalità e legalità” (Hannah Arendt)11. Chi pratica la disobbedienza civile, agisce in disaccordo con la moltitudine, lavora tuttavia nell’interesse comune, sfida la legge e le autorità costituite e manifesta il dissenso non perché vuole accaparrarsi il potere, ma perché vuole restituirlo all’oblìo.

Le guerre brutturano la bellezza dell’uomo e vanno disertate, denunciate, disvelate e condannate come crimini contro l’umanità… obbedendo alle leggi che le sostengono, gli uomini si sottomettono a ordini ingiusti… ne deriva che ogni uomo è al tempo stesso servo e complice di una macchinazione spietata che ingabbia il bene pubblico e non persegue il raggiungimento della felicità di tutti gli uomini… il capitalismo come religione, Walter Benjamin, diceva, implica perseveranza ed espiazione fino alla completa colpevolizzazione, indebitamento con l’assurdo e il sistema di speranze che tengono gli uomini a catena: “Il capitalismo è una religione puramente culturale, forse la più estrema che sia mai data. In esso nulla ha significato se non in una relazione immediata con il culto; esso non presenta alcuna particolare dogmatica, alcuna teologia. L’utilitarismo acquista, in questa prospettiva, la sua tonalità religiosa” (Walter Benjamin)12. Poiché le formule e i manuali della lebbra consumistica sostengono la teocrazia dell’utilitarismo, il monopolio del potere oltraggia i più elementari diritti dell’uomo e dell’ambiente nel quale vive.

I cittadini di ogni credo o colore della pelle hanno il diritto di agire per impedire di essere ridotti alla fame e alla perdita della fierezza… hanno il diritto di resistere e disobbedire e fare del dissenso e dell’indignazione il continuo sovvertimento dell’ordine istituito. “Ai giovani dico: guardatevi attorno, e troverete gli argomenti che giustificano la vostra indignazione, il trattamento riservato agli immigrati, ai sans papiers, ai rom [ ai clandestini, ai migranti, agli indifesi di ogni terra ]. Troverete situazioni concrete che vi indurranno a intraprendere un’azione civile risoluta. Cercate e troverete. Indignatevi!” (Stéphane Hessel, ex-partigiano francese, scomparso nel 2013, uno degli estensori della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (1948)13. Quando nulla è vero, tutto è lecito: con il crollo degli idoli cadono anche i pregiudizi.

Dare asilo ai dannati della Terra non risponde a legislazioni o regolamenti, è la capacità dell’uomo di spezzare il pane con lo straniero, vestirlo, condividere patimenti e desideri che respingono imprigionamenti e ghettizzazioni… è l’inizio di un percorso verso la conquista di una società più giusta e più umana… l’unico obbligo che gli uomini hanno di fronte alla storia che li violenta è fare in ogni momento ciò che ritengano sia giusto, cioè trasformarsi in associazioni volontarie — come forma di azione politica — e mostrare la capacità di cooperare per un domani comune… lavorare insieme alla nascita di quel futuro che finora è stato uno strumento esclusivo di potere nelle mani delle classi “superiori” che, come sosteneva John Stuart Mill, può diventare uno strumento ancora più formidabile nelle mani di quelle “inferiori”14. L’arroganza dei decreti non può giustificare nessuna legge liberticida e solo la sua violazione può trasformare la disobbedienza in resistenza.

Quando le istituzioni falliscono, e falliscono sempre, la società politica dipende dagli uomini che rigettano ogni sorta d’iniquità e s’incamminano alla trasformazione del mondo… l’insania della guerra è al fondo della tirannide e la tirannide rimuove e annienta la libertà… senza dimenticare mai che è la domesticazione della libertà che produce la tirannide. La persecuzione dei più deboli è connaturata al pensiero razionale dei governi… e solo una grande impresa di demolizione degli apparati della crudeltà può conferire alle rovine nuovo splendore… l’uomo ha diritto di manifestare la propria opinione di fronte a qualsiasi morale del male, con tutti i rischi che ciò comporta, compreso quello di essere imprigionato, torturato o ucciso.

Il mercato delle armi è fonte di ricchezza e speculazione degli Stati “civilizzati” e le bombe sono il linguaggio segregato di ogni potere, ma le cose possono andare diversamente, “poiché tra il grigio delle pecore si celano i lupi, vale a dire quegli esseri che non hanno dimenticato che cos’è la libertà. E non soltanto quei lupi sono forti in se stessi, c’è anche il rischio che, un brutto giorno, essi trasmettano la loro qualità alla massa e che il gregge si trasformi in branco. È questo l’incubo dei potenti” (Ernst Jünger)15. Nelle democrazie dello spettacolo, come nei regimi “comunisti”, non esistono spettatori, tutti sono complici, vittime ed esecutori… a cominciare dai paesi cosiddetti “sviluppati”, le politiche della felicità negano il “potere del sacro”, combattono il prossenetismo, la schiavitù e la malvagità con le armi della disobbedienza civile… non sono le rivoluzioni che cambiano gli uomini, sono gli uomini della disobbedienza che creano un’altra storia.

La disuguaglianza è il problema centrale della nostra epoca… le politiche di costrizione, il malessere sociale, il disagio economico hanno origine nella crescita senza precedenti delle disuguaglianze… le guerre, le burocrazie, il sistema degli affari perseguono l’interesse di pochi a svantaggio della felicità del maggior numero… il controllo delle piattaforme digitali per mano delle multinazionali (Google, Facebook, Amazon…), dove tutti si relazionano con tutti ma tutti sono ben sorvegliati e indirizzati nel culto della merce… esercitano un enorme potere sui mercati globali e il capitalismo oligarchico riproduce la disuguaglianza necessaria alla crescita economica16… la globalizzazione delle merci, dei saperi, delle politiche dipende dai trattati internazionali sul libero scambio e i burattinai che siedono ai tavoli dove vengono prese le decisioni, sono gli stessi che producono armi, saccheggiano i Paesi impoveriti e distribuiscono merci, regole, codici… all’interno di una cosmogonia della corruzione e della criminalità intrecciate ai partiti, ai governi e alle chiese monoteiste… le politiche macroeconomiche sono tutto, gli uomini, niente.

La prima disobbedienza è stata degli angeli… a nostro disdoro diciamo che le iconologie17 ereticali di questo libro… vanno oltre le specificità affabulative dalle quali partono… né fotografia né altro che una visione libertaria che si affranca ai bambini macellati dalle guerre… i bambini ci guardano nella loro bellezza ammaccata… immagini che rifiutano di far vedere soldati, macerie, parate o bandiere al vento… mostrano soltanto la ferocia che ogni guerra riversa nella Storia. Le guerre le alimentano i caimani dei mercati finanziari (delle religioni monoteiste, dei governi forti, dei partiti sganciati della realtà della gente che rappresentano) e sono i poveri che le patiscono, e spesso giustificano il genocidio mascherato di progresso nel silenzio! La bellezza, la sofferenza, l’amore dei bambini per una vita meno feroce che affiora in queste iconologie è un critica radicale contro l’indifferenza, l’ipocrisia, la barbarie di tutte le guerre… è un preludio alla pace che affiora nelle loro vite spezzate e, forse, un ritorno alla vita sognata degli angeli.

Per gli antichi greci la bellezza è intimamente legata con la giustizia, sono due diverse facce della stessa qualità: la virtù e l’eccellenza. La bellezza è uno stile, la giustizia è il florilegio della sua poetica clandestina. Qualsiasi imbecille può fabbricare una “buona opera”, ma solo un poeta senza guinzagli può comprendere e cogliere l’immagine della bellezza e della giustizia come testimonianza eversiva del proprio tempo… di nessuna chiesa è l’arte liberata da tutte le strutture dello spettacolo mercantile. Ci viene da ridere o sobbalzare quando leggiamo o ascoltiamo (assaliti da conati di vomito), certi fotografi affermare — “La mia arte fotografica” — (!?)… davanti a un tribunale degli angeli sarebbero condannati per insignificanza universale e allontanati dal cielo, come dalla volgarità, senza remissione dei peccati! W. Eugene Smith o Henri Carter-Bresson o Diane Arbus si sarebbero lavati la lingua col sapone prima di dispensare tanta stupidità! In ogni millantatore coesistono l’idolatra e il portinaio in cerca della deificazione, foss’anche quella dell’entusiasta inchiodato sulla croce del riconoscimento mercatale. Sputeremo sulle vostre tombe!

Se davvero il “capitalismo parassitario” è all’origine di ogni cattività, perché non incitare a demolirlo attraverso forme concrete di disobbedienza civile? I filosofi si sono limitati a interpretare il mondo, ora tocca ai popoli impoveriti e alle giovani generazioni cambiarlo! La pace, come la libertà o l’amore, non si concede, ci si prende! Indignatevi! La concezione di democrazia partecipativa che passa attraverso convegni federali, cooperative, consigli di fabbrica ecc., è una forma di opposizione alla sovranità (che proviene dall’alto) sancita dal consenso elettorale, ed è una necessità per arrestare il potere coercitivo dello Stato, della Chiesa e della Finanza. Le concentrazioni dei saperi detengono l’imperio dell’immaginario e attraverso i media (cinema, fotografia, televisione, carta stampata, telefonia, internet…) educano gli uomini alla sottomissione, alla paura, alla mediocrità… violenze, distruzioni, vigliaccherie sono legati alle grandi dichiarazioni dei governi… le forze dominanti della società globale non fanno sconti… i carri armati sono il linguaggio primario del potere e i partiti rappresentano gli interessi fondamentali dei potenti… solo i popoli falcidiati dalla guerra la piangeranno, perché solo dei massacrati è il lutto.

L’allargamento delle povertà giustifica l’opulenza di pochi… la sola libertà che le istituzioni lasciano alle persone, è quella di essere complici, servi o uccisi da improbabili eroi. Queste istituzioni hanno accumulato un potere senza precedenti che le ha messe in grado di screditare le istituzioni democratiche, di isolare e di emarginare la popolazione, di controllare il rizomario ideologico e di utilizzarlo a propri fini… “un governo mondiale che rappresenta gli interessi delle compagnie transazionali e delle istituzioni finanziarie che dominano l’economia mondiale, un governo che è molto oltre le possibilità di influenza — ed anche di percezione — delle persone comuni… Quanta più concentrazione di potere e di autorità, tanta più ribellione e maggiore impegno per organizzarsi fino fino a distruggerla. Prima o poi questa lotta sarò coronata dal successo. Io lo spero” (Noam Chomsky)18. L’invito alla disobbedienza civile è solo il primo passo… solo attraverso la cancellazione delle disuguaglianze si può accedere alla Terra della giustizia.

Per chiudere, come anche per aprire… la cartografia di questo libro è una sorta di elegia visiva… un portolano d’immagini di bambini (Africa, medio oriente, Chernobyl…) che hanno visto la guerra (la fame, il terrore, la brutalità) negli occhi e ci guardano nella loro estrema e ammaccata bellezza… non si vedono né soldati, né macerie, solo volti di bambini che accusano l’efferatezza di tutte le guerre. Riprendiamo qui l’insegnamento etico dei maestri (Robert Capa, David “Chim” Seymour, Werner Bischof, Don McCullin, Philip Jones Griffiths, più di ogni cosa di W. Eugene Smith, e seguiamo la sua morale: “Vorrei che le mie fotografie non fossero solo documentazione di fatti di cronaca, ma un atto di accusa contro la guerra e contro la violenza brutale e depravata che attacca gli animi e i corpi degli uomini. Vorrei che le mie fotografie fossero un potente catalizzatore emozionale e che possano contribuire a evitare che una simile follia criminale possa ripetersi di nuovo” (W. Eugene Smith)19. Queste fotografe figurano la violazione dell’innocenza e la somma dei fallimenti e dei naufragi dei miserabili che fanno professione di governare in questo modo e a questo prezzo.

Le lacrime dei bambini martoriati dalla cupidigia dei potenti umiliano verità eterne e s’addossano (senza saperlo) al pensiero meridiano di Albert Camus che si oppone ai delitti della storia… alla mistificazione dello spirito… al razionalismo assoluto… all’abdicazione della libertà! “La libertà assoluta coincide col diritto, per il più forte, di dominare. Essa mantiene dunque i conflitti che avvantaggiano l’ingiustizia. La giustizia assoluta passa attraverso la soppressione di ogni contraddizione: essa distrugge la libertà” (Albert Camus)20. Il pensiero meridiano rigetta gli alibi dei tiranni, riprende i profumi, i colori, le musiche, le conoscenze di antiche utopie e non si riconcilia con gli atti omicidi del potere istituito né con l’olocausto sacrificale degli oppressi… rivendica la rivolta contro il crimine e riafferma la natura umana che ripudia i disastri della della guerra.

La nostra epoca ha nutrito la propria disperazione nella bruttezza e nelle convinzioni, nei miti e nei mercati, nelle bombe e negli accordi internazionali… ma solo il bello come manifestazione del bene, del vero, del giusto è il viatico per il raggiungimento del bene comune. Bellezza e verità sono la stessa cosa! La giustizia non è separabile dalla bellezza. La bellezza si vive, non si dimostra! Quando i popoli si accorgeranno della fame di bellezza che c’è nei loro cuori, ci sarà la rivoluzione della gioia nelle strade della Terra.

Matera, 13 volte gennaio 2019 / Piombino 1 volta marzo 2019

 

1 Pino Bertelli, Dal taccuino di un fotografo di strada, Baghdād, 2003

2Bertrand Russell, Perché gli uomini fanno la guerra, Piano B, 2015

3 Zygmunt Bauman, Il capitalismo parassitario, Laterza, 2009

4 Pino Bertelli, Contro la guerra. Ritratti dall’infanzia negata, Associazione culturale Suoni & Luci, Archivio internazionale di fotografia sociale di Pino Bertelli, 2019. Per la realizzazione di questo atlante di geografia umana vorrei ringraziare amici, conoscenti e persone (nemmeno conosciute) che hanno sostenuto il progetto e lottano per l’avvento di un mondo più giusto e più umano… in modo particolare e fraterno — Francesco Mazza, Pierluigi Nicotera, Carlo Leoni, Pierluigi Di Piazza, Danilo Di Marco, Alex Zanotelli, Anna Maria Corea, Paola Grillo, Maurizio Rebuzzini, Stefano Fontana, Ciro Ricciardi, Pier Paolo Bertelli e Bruna, Carla, il guerriero, Sandra, Serena —… perché sanno che i governi sono stupendamente tolleranti, perdonano tutto, tranne la disobbedienza civile. L’edizione del libro è completamente indipendente… è stata possibile per la raccolta di fondi tra quanti hanno creduto in questa utopia culturale-politica che si schiera a fianco degli ultimi… l’intero ricavato del catalogo [ meno i libri venduti per coprire le spese tipografiche ] sarà donato a padre Alex Zanotelli, un piccolo aiuto per la riapertura dell’Albergo dei poveri a Napoli.

5 George Orwell, La fattoria degli animali, Mondadori, 2000

6Alexandre Koyré, Sulla menzogna politica, Lindau, 2010

7Raoul Vaneigem, Lo stato non è più niente. Sta a noi essere tutto!, Nautilus, 2010

8Guy Debord, Commentari sulla società dello spettacolo, SugarCo, 1990

9« Rapporto Oxfam 2019: aumenta il divario tra ricchi e poveri nel mondo. Nel 2018, da soli, 26 ultramiliardari possedevano la stessa ricchezza della metà più povera del pianeta. A dirlo è il nuovo rapporto Oxfam 2019 pubblicato alla vigilia del meeting annuale del Forum economico mondiale di Davos. Anche l’Italia è in linea con i dati globali: il 20% più ricco dei nostri connazionali possedeva, nello stesso periodo, circa il 72% dell’intera ricchezza nazionale. Il rapporto evidenzia, inoltre, una forte correlazione tra disuguaglianza economica e disuguaglianza di genere. La disparità del sistema economico globale. Nel 2018 il patrimonio dei “super-ricchi” è aumentato del 12%, al ritmo di 2,5 miliardi di dollari al giorno. Nello stesso periodo, la metà più povera dell’umanità, circa 3,8 miliardi di persone, ha visto decrescere dell’11% quello che aveva. A metà dello scorso anno, l’1% più ricco deteneva poco meno della metà (47,2%) della ricchezza aggregata netta, contro lo 0,4% assegnato alla metà più povera della popolazione mondiale. Se la quota della ricchezza globale nelle mani dell’1% più ricco è in crescita dal 2011, la riduzione della povertà estrema è caratterizzata, invece, da un trend opposto. Il tasso annuo della riduzione della povertà estrema, infatti, ha registrato un calo del 40%. L’aumento della povertà estrema, secondo Oxfam, colpirebbe in primis i contesti più vulnerabili del nostro pianeta, uno su tutti l’Africa subsahariana ». tg24.sky.it/mondo/2019/01/21/rapporto-oxfam-2019

10 Harry G. Frankfurt, Sulla disuguaglianza. Perché l’uguaglianza economica non è un ideale da perseguire, Le fenici rosse, 2015

11 Hannah Arendt, Disobbedienza civile, Chiarelettere, 2017

12 Walter Benjamin, Capitalismo come religione, il melangolo, 2018

13 Stéphane Hessel, Indignatevi!, ADD, 2011

14 John Stuart Mill, L’America e la democrazia, Bompiani, 2005

15 Ernst Jünger, Trattato del ribelle, Adelphi, 1990

16 Ag.i.r.e, Contro la disuguaglianza. Un manifesto, Laterza, 2018
17 Qui ci affranchiamo a quanto scriveva lo storico dell’arte, Erwin Panofsky ne Il significato nelle arti visive, (Einaudi, 1962): l’iconologia evidenzia « l’atteggiamento fondamentale di una nazione, di un’epoca, di una classe, di una convinzione religiosa o filosofica: principi che una singola personalità inconsapevolmente qualifica e condensa in una singola opera ».2018

18 Noam Chomsky, Anarchia e libertà. Scritti e interviste, Datanews, 2003

19 W. Eugene Smith, Magnum, la storia delle immagini, n. 16, Hachette, 2018

20 Albert Camus, L’uomo in rivolta, Bompiani, 1981

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