di Mario Andrea Rigoni, La scuola di Pitagora editrice, 2017, pag. 44, Euro 4,00
Per Cioran è un delizioso libriccino di Mario Andrea Rigoni sul filosofo dell’aforisma amaro e del frammento velenoso (E.M. Cioran) che si è chiamato fuori dal grande mercato intellettuale accademico e da ogni sorta d’avanguardia… alla pari di un passatore (o bandito) di confine o di un clochard della sovversione non sospetta dell’intelligenza stabilita… Cioran ha espresso una serie di scritti “mescolati di inanità e di rivolta, di abbandono e di anarchia, di nettare e di fiele”, scrive Rigoni nel 1980 su uno dei cattivi maîtres della filosofia disancorata da tutti i recuperi e le compromissioni politiche o editoriali — che aveva conosciuto poco più che ventenne negli anni settanta a Parigi — ed era ancora piuttosto osteggiato in Italia per alcune fascinazioni giovanili verso i regimi totalitari, incluso Lenin (poi ampiamente abiurate).
Un’annotazione fuori margine. Essere stati fascisti, nazisti o comunisti… avere in qualche modo giustificato gli orrori di Mussolini, Hitler o Stalin (o anche di qualche Papa) non fa nessuna differenza… quasi tutti gli intellettuali italiani, anche tra i più grandi, hanno cambiato camicia dopo la caduta del fascismo, molti lo hanno fatto per convenienza, altri per incapacità di comprendere che la democrazia, come la libertà, non si concede, ci si prende. “Sparate sempre prima di strisciare”, diceva il poeta surrealista Benjamin Perét sulle barricate della rivoluzione sociale di Spagna del ’36. La rivoluzione della gioia delle giovani generazioni del ’68 — che avevano cercato di portare l’immaginazione al potere, non per possederlo ma per meglio distruggerlo — fu sconfitta, vinta mai! In quell’anno anche i vini e marmellate vennero più buoni.
Per Cioran raccoglie scritti di Rigoni dal 1980 al 2016, un’intervista sul passato politico di Cioran di Alberto Rodighiero e una nota del curatore, Gerardo Fortunato… Rigoni attraversa i libri di Cioran con una fraseologia danzante… dispensa lucidità e amorevolezza tanto per l’amico quanto per il filosofo e scardina tutte le speranze tradite del regime intellettuale del nulla! Il genio del paradosso, dell’iperbole, dell’ironia di Cioran non gli fanno difetto e Rigoni incastona, a ragione, Cioran al dolore dei fuori gioco come Pascal, Leopardi o Baudelaire… il filosofo rumeno infatti invitava a leggere i libri come una portinaia… sosteneva che in qualsiasi forma d’arte tutto ciò che non è diretto è senza valore… “la stupidità vede ovunque obiettivi; l’intelligenza, pretesti” (Cioran). La musicalità scritturale (atonale) di Cioran — che Rigoni riesce a intersecare tra un pezzo di lettera, un frammento d’intervista e citazioni illuminate del maestro —… sviscerate dai libri Sommario di decomposizione, La tentazione di esistere, L’inconveniente di essere nati, Esercizi di ammirazione… figurano il ritratto di una civiltà spettacolare che si avvicina alla sua catastrofe o, forse, alla piena efficienza della dittatura mercatale che continua a fagocitare mostri.
Cioran si denuda al lettore e mostra che tutti gli idoli crollano insieme ai pregiudizi. Rigoni lo dice così: “Essere il coltello e la piaga, il boia e la vittima della coscienza; coltivare quel dualismo senza dialettica e senza uscita che impedisce l’eternità, ai feriti dell’individuazione, di aspirare tanto a una vera-morte quanto a una vera-vita; rappresentare — all’ultimo bagliore del crepuscolo europeo e occidentale — tutti i disincanti dello « scetticismo » e tutte le nostalgie della « barbarie »: questa sembra essere la vocazione di Cioran, lancinato funambolo dell’intollerabile”. Splendido. Tutto vero. Solo quando tocchi il fondo di ogni sistema di illusioni, la verità esce allo scoperto e lì muore di stupidità.
Cioran è il filosofo delle definizioni folgoranti… l’anarchico senza anarchia che si è fatto cantore della soggettività come diserzione o indignazione contro il pensiero dominante… la verità in ogni autore corrisponde non tanto alla sua opera ma come ha vissuto la propria vita. “Più vado avanti [scrive Cioran in una lettera a Guerne nel 1966, ripresa da Rigoni] e più mi faccio l’effetto di un topo insufficientemente avvelenato, condannato a trascinarsi a lungo nelle fogne di Parigi”. Ci ricorda poi che “tutto ciò che si deve sapere d’importante risiede nella Genesi e in san Giovanni, all’inizio e alla fine della Bibbia. Tutto il resto è riempitivo”. Ecco perché Cioran si è fatto dissettore di cadaveri della filosofia, dell’ideologia, della religione e della vita quotidiana… detestare il consenso, il successo e l’ufficialità significa proteggere la propria inappartenenza al mondo… che è troppo stupido per essere anche vero. Cioran, aveva capito (come pochi) che il “mondo vero” – è un’idea che non serve più a niente, un’idea divenuta inutile e superflua, quindi un’idea confutata: eliminiamola! “Abbiamo tolto di mezzo il mondo vero: quale mondo ci è rimasto? forse quello apparente?… Ma no! col mondo vero abbiamo eliminato anche quello apparente!” (Nietzsche, diceva): il pensatore senza teorie è uno gnostico irriducibile, un solitario, un ribelle dell’assurdo non compromesso con l’esistente e il suo solo compito è quello di rovesciare un mondo rovesciato.
Piombino, dal vicolo dei gatti in amore, 22 volte ottobre 2017
Nota fuori margine
Le recensioni di libri sono riprese qui come sono apparse in Le Monde Diplomatique tra il 2004 e il 2015, e altre proposte nella versione originale. Un ringraziamento fraterno, amoroso, complice va a Geraldina Colotti, compagna di strada, che ha accolto i nostri scritti con amichevolezza e, sovente, li ha anche migliorati con i suoi interventi redazionali.