“Nessuno ha il diritto di obbedire… siamo colpevoli anche della nostra obbedienza”.
Hannah Arendt
I romanzieri generalmente scrivono male… per questo hanno il successo che hanno! Fatti salvi i lebbrosi d’ogni secolo (o Dostoevskij, Joyce, Kafka, Melville)… ciò che diffondono è un’agonia senza talento e specie quando parlano di mafie, di politica o di religione è meglio ritornare alla lettura di Colette… che ammaliava prostitute e bottegai, artisti e nobili annoiati… ciò che era più importante, non barava, e il suo nome finiva nella moda, nelle saponette o nei profumi con quel tanto di falsa finezza propria solo agli ebeti della politica o ai ciarlatani del cinema (i religiosi continuano la perversione dei santi e fanno dell’isteria e dell’impostura l’autodifesa dell’imbecillità). Nella nostra epoca — giornalisti, presentatori televisivi, romanzieri, cuochi, cantanti, calciatori o puttanelle scodinzolanti che imperversano nei grandi fratelli, isole dei famosi, talk show o Master di qualsiasi cosa, e che andrebbero passati sotto una macina per lesa umanità —, dissertano su caste, mafie e corruzione della politica imperante con quell’aurea di cretinismo propria a chi è al servizio del sistema mercatale che li suscita… nella gerarchia delle menzogne non hanno rivali e dietro una demenza ben mascherata dal consenso, superano la megalomania della crocifissione… a loro è permessa ogni invettiva contro i saprofiti dei governi, basta che non facciano sul serio.
Il film di Claudio Giovannesi, La paranza dei bambini, tratto da un libretto di Roberto Saviano, quello che spesso appare nella vetrina degli incensati di Fabio Fazio e la scimmietta che somministra scemenze a raffica (non ricordo nemmeno il nome)… sembra aver raccolto notevoli consensi della critica italiana — sempre prona alla frusta d’ogni padrone — e anche il pubblico pare abbiamo condiviso questa gomorrata della gioventù marginalizzata napoletana… quando si sublima o si estetizza il sangue degli eroi, dei santi o dei disadattati in armi, si apprezzano anche le connivenze della politica con le mafie e occorre essere un credente o un idiota per non comprendere che è nel marcio delle istituzioni che albergano i bravacci d’ogni ordine costituito.
Va detto. Ciò che scrive Saviano, che dice in televisione, che afferma nei suoi lavori… non ci piace, anzi, il vero e il falso che dispensa un po’ dappertutto s’accorda spesso con l’ineluttabilità della semplificazione. Saviano dice d’essersi formato sulle letture di Errico Malatesta, Michail Bakunin, Ezra Pound, Louis-Ferdinand Céline, Carl Schmitt, Julius Evola, Ernst Jünger… dai sui scritti sembra che abbia digerito solo Schmitt ed Evola e male compreso Jünger… sono cose che accadono quando si vende la propria riserva di bile al Palazzo per un po’ di dollari, quattro carabinieri è un appartamento a Manhattan. Una civiltà è minata alla radice quando sono i predestinati al consenso a darle il tono, il carattere, la ragione… è proprio grazie a loro, alle loro opere, ai loro premi, alle loro passerelle televisive che trionfano primavere di carogne sulla scena della storia. Saviano ha capito il meccanismo mercatale… lo sa usare bene, come pochi… alla pari grandi criminali che si sono realizzati per finire sulle prime pagine dei giornali, gli intellettuali alla Saviano non hanno reticenze né ribrezzo di se stessi… sanno di stare dalla parte giusta, quella della ragione imposta… e come dementi meravigliati si piegano alle regole del gioco, delle convenienze… l’orrore dell’originalità non li sfiora nemmeno, ma qualsiasi vita non è tollerabile se non per il grado di sovversione dell’immaginario che vi si mette.
La paranza dei bambini è un film profondamente sbagliato… sia nella tesi di fondo che nell’architettura filmica… provate ad essere davvero liberi… morirete di fame o in galera… la società vi tollera a patto che siate successivamente servili e dispotici (Cioran, diceva)… gli assassini e gli angeli hanno i loro capibanda e siedono tutti negli scranni dei parlamenti… se ci sono mille rimedi alla miseria, ce n’è uno solo per la libertà, dare il colpo di grazia ai volti dell’ingiustizia e le falsità dell’emancipazione (liberismo e comunismo di Stato) cadranno di seguito… Dio sta sempre dalla parte del plotone di esecuzione ed è per questo che occorre mettere fine all’imbroglio generalizzato.
La scheda di La paranza dei bambini: Una banda di quindicenni del Rione Forcella di Napoli, imperversano sulla scena criminale della città… si scontrano con adulti feroci ma riescono con le armi a prendere il comando del quartiere… la camorra sembra possa essere la loro unica possibilità d’ingresso alla vita. Il film è una confezione di siparietti molto napoletani… i ragazzi prendono il “pizzo” dai commercianti, i camorristi vivono in case arredate con cattivo gusto, i boss sono comprensivi e nella loro “saggezza” d’assassini, permettono a dei ragazzetti di spargere il terrore a Napoli. Una sceneggiata di non poco conto… così, sequenza dopo sequenza, Giovannesi ci porta in giro per la città tra un amore giovanile e colpi di pistola… i ragazzacci sono anche buoni, il popolo napoletano è mansueto e subisce l’oppressione dei nuovi sparatori… la disperanza è colorata di “buoni sentimenti” e la guerra fa bande diventa un immaginario a misura di tutti i possibili.
Giovannesi è regista di un certo interesse, anche… Alì ha gli occhi azzurri (2012) e Fiore (2016) in particolare, sono film che in qualche modo hanno raccontato la realtà delle periferie e i disagi a vivere delle giovani generazioni… storie che ci hanno anche commosso e portati a riflettere sull’impossibilità di essere “normali”… al culmine del negativo c’è qualche volta il desiderio di riscatto, il filo tagliente dell’etica che dissesta il malessere che la civiltà dello spettacolo infligge a chiunque si trovi al margine dell’esistenza… senza dimenticare mai che la morale dei padroni s’accorda sempre con la morale delle religioni e degli operai abbagliati dai centri commerciali, il che implica l’avvicinamento all’idiozia che governa il mondo. La sceneggiatura di La paranza dei bambini di Giovannesi, Saviano e Maurizio Braucci (Orso d’argento al Festival di Berlino 2019) è piuttosto elementare… quasi amatoriale… non solo nei dialoghi ma soprattutto nella costruzione delle situazioni filmiche… i quadretti dei ragazzi ruotano tutti intorno a una brava mamma, i negozianti, i figli di un pentito e le bravate che i ragazzi commettono nelle strade di Napoli… il vecchio camorrista che sta rinchiuso in casa a guardare la televisione decreta valori di basso cabotaggio e sembra più un patrono dei babbei che un criminale di lungo corso imbalsamato nella sua funesta tristezza. Il popolo napoletano accetta l’ingiustizia, quale che sia e parla la terminologia dei vinti.
La macchina da presa di Giovannesi sta addosso ai ragazzi in maniera quasi documentaria e promette qualcosa di coinvolgente che non avviene mai… c’è una lusinga dei corpi, dei gesti, dei comportamenti anche estremi, certo… i ragazzi sono però poco credibili, poco importa se hanno facce “prese dalla strada”… nei loro occhi e posture c’è già tutta la futilità della società omologata figurata (e abiurata) nei film di Pasolini, e non la disperata vitalità dell’emarginazione sociale… l’estetismo della cattività caratterizza sempre il modello o la farsa che lo provoca, e qui perfino il rumore delle risate o delle lacrime è falso… il fatto è che il sistema di speranze della vita spettacolarizzata (anche nel sangue) addormenta la conoscenza e solo la conoscenza ridestata sopprime l’origine del male.
L’attorialità dei ragazzi è, come al solito nel cinema italiano, spontaneista, fino al cartolinesco… i soprannomi sono carini, Tyson, Biscottino, O’ Russ, Lollipop… ma tutti, anche Nicola (Francesco Di Napoli) e Letizia (Viviana Aprea) sembrano uscire da un servizio fotografico sui bassi di Napoli per Vanity Fair… una rivista dove fanno passare per rivoluzionari (di non si sa cosa?!) perfino Vasco Rossi, Luciano Ligabue o Fedez, quello che fa il comunista col Rolex, figurati!… ogni Mito andrebbe coperto da oceani di saliva non solo per quello che dice ma per ciò che rappresenta: si possono amare soltanto quegli artisti (o sovversivi d’ogni arte) che non superano quel minimo di volgarità indispensabile a desiderare un mondo più giusto e più umano.
Nel finale di La paranza dei bambini, quando Giovannesi filma i ragazzi sui motorini che vanno in cerca della vendetta, cita malamente la banda di motociclisti con Marlon Brando de Il selvaggio (1953) di László Benedek — peraltro un brutto film che ha raffigurato la ribellione giovanile dell’epoca nella restaurazione provinciale del “sogno americano”—… ci assale la malinconia d’essere capiti e ci si chiede: giacché in questo Paese di voltagabbana, mafiosi, leccaculi dei partiti e imbecilli a tutto campo… ogni assurdità politica, religiosa, finanziaria, degenera in corruzione e servitù volontaria… auspichiamo una flânerie della liquidazione di tutte le percezioni asservite all’impero dello spettacolare, perché sappiamo che all’infuori della distruzione di tutti gli autoritarismi, tutte le iniziative sono egualmente senza valore.
La fotografia di Daniele Ciprì dà all’intero film un’aura di verità e sventura insieme… siamo lontani dal formalismo grossolano della serie Gomorra (2014-2019, quattro stagioni di 12 episodi ciascuna)… qui, a partire dalle varie regie (Stefano Sollima, Francesca Comencini, Marco D’Amore, Giovannesi ed altri), i camorristi, spacciatori di droga, assassini del sottobosco criminale napoletano… sono avvolti in una figurazione forzata, spesso teatralizzata, e defluiscono all’interno di un contenitore o di un dispositivo ben delineato che appartiene alle prescrizioni del plot televisivo… il prodotto che ne esce, molto premiato e venduto in tutto il mondo, si colloca involontariamente tra l’apologia della mafia di Il Padrino (1972) di Francis Ford Coppola) e le Serie TV più amate nei palinsesti televisivi pubblici e privati… generi e sottogeneri verniciati di sublime che attanagliano gli utenti per anni e li conducono in universi convenuti (privi di giustizia e di bellezza).
Il montaggio di Giuseppe Trepiccione è sequenziale, raccorda i tempi, cioè i tagli, sulla riduzione del fotoromanzo… insieme alle musiche di Andrea Moscianese e Giovannesi, spalmate sull’intero film col medesimo intento, intrecciano le storielle di La paranza dei bambini nella fatalità dell’immutabile, in una sommatoria di atteggiamenti o naufragi impersonali dove i ragazzi si collocano a un grado diverso nella gerarchia della realtà… quella che non c’è nessun potere, nemmeno quello camorrista, che permetta a dei ragazzi di gestire, nemmeno in parte, i propri affari criminali. Forse Saviano e Giovannesi avevano in testa la leggenda epica della Crociata dei bambini di Marcel Schwob… forse non sembrano sapere che nessuna Legge, quale che sia, difende il reale, il giusto e il bene comune… se non si screditano né istituzioni né criminalità (che sono il lato oscuro dei governi), tutti sanno che non s’incappa in nessun rischio… la politica delle apparenze continua, in buona pace di tutti gli oppressi e sfruttati della Terra.
La Crociata dei bambini almeno conteneva un uso illimitato della propria fantasia… nella loro fede ingenua di salvare il Santo Sepolcro in Terra Santa (1212), i bambini ribelli finirono affogati, massacrati o resi schiavi… una visione certo forte e veritiera che riporta a quanto accade oggi con i bambini mandati a morte nel Mediterraneo, bambini soldato o bambini kamikaze… il mercato delle armi, come della fede e delle merci, è comunque sempre al centro di tutte le porcherie della Storia. Poiché non si può eludere il dolore dell’esistenza o l’apologia dell’odio con delle spiegazioni o congetture, si possono solo subire o combattere… per conoscere il profumo ereticale della libertà occorre rompere lo stile delle formule e dei precetti e fare della propria vivenza un focolaio di proteste, disobbedienze e indignazioni che partecipano al crollo di tutte le imposture: l’amore dell’uomo per l’uomo non condanna la vita, la riscatta! Non c’è felicità se non nell’innocenza ereticale/libertaria dell’uomo in rivolta.
Piombino, dal vicolo dei gatti in amore, 16 volte maggio, 2019