di Toni D’Angela, La camera verde, 2016, pp. 135, 18 Euro
Il saggio di Tony D’Angela, Jerry Lewis o dell’impossibile. Il corpo, la voce e le “macchine”… è un libro prezioso, non solo per la veste editoriale ma anche per l’acutezza espressiva su uno dei maggiori comici della storia del cinema. D’Angela entra in profondità nel discorso artistico di Lewis, nelle sue/suo gag ritrova la visione perturbante del comico e nella proliferazione di significati inaspettati (non solo nel cinema americano) riconosce nel non-senso della filmica ebraica di Lewis la funzione liberatoria, più che consolatoria, che non accetta né dio né la macchina/statuale che lo detta! Il corpo, le “macchine”, il canto, il ballo, la voce… di Lewis sono analizzati in fini scritture e analisi del profilmico d’autore e, più di ogni cosa, D’Angela mostra che al fondo di ogni film di Lewis c’è il rinnovamento del burlesque e della commedia dell’arte… le sue opere non sono altro che un’autobiografia più o meno camuffata, una dotta filosofia del “diverso”, un diario esperenziale contro l’inganno della civiltà dello spettacolo e in difesa dell’eresia.
Le citazioni letterarie (Derrida, Nietzsche, Benayoun, Bataille, Lyotard, Lacan, Deleuze Comolli, Barthes, Daney…) e dei comici che hanno influenzato o rientrano nella catastrofe dei poteri (Chaplin Keaton, Laurel, Lloyd, Marx Brothers, Fields, Tati…) formano una catenaria semantica che D’Angela padroneggia con grazia / sapienza (non proprio accademica) e si connettono all’imago del comico, alla “complicità fra carne del suo corpo e la carne del mondo” (Tony D’Angela). Straordinaria poi l’accezione dello “stralunato” (dello schlemihl ebraico), del santo idiota, “un magnifico demente che custodisce il tesoro prezioso dell’innocenza, un imbecille che danza il ballo di San Vito al party aristocratico di I figli del secolo, 1953” (Tony D’Angela)… una specie di San Francesco che ballava davanti al papa, andava nudo nei campi e parlava con gli uccelli. E, come sappiamo, l’idiota /schlemihl (ricorda Bataille) è colui che disvela l’autorità, viola i limiti del reale e fa dell’impossibile il possibile magico della bellezza ritrovata. Nella bellezza, come sostenevano gli antichi greci, c’è la giustizia, anche. La perfezione dell’incompiutezza è tutta qui. La comicità che aderisce al potere confina con il delirio, quella che lo ridicolizza rivela la sua impostura.
Il saggio di D’Angela ci porta a riflettere sulla comicità distruttiva di Lewis… il sorriso del riscatto che disvela brutture e conformismi della società moderna… attraverso la maschera della decostruzione filmica, Lewis (e D’Angela lo ha compreso appieno) infatti, opera la designificazione dell’oggetto dal quale parte, espropriandolo della sua funzione educativa /domestica e riappropriandosene attraverso altre articolazioni del gag inventa nuove disfunzioni dell’ordine del discorso (non solo) filmico. D’Angela sottolinea che la lingua di Lewis è una “lingua minore” che si oppone con forza a tutte le “lingue maggiori”, che sono sempre le lingue del potere. Il riso del cortigiano è sempre sospetto. Si tratta di rendere la vergogna del potere ancora più vergognosa e fare dello schermo la sintesi ideale di tutti gli autoritarismi disciolti in una risata.
Lo studio di D’Angela è un contributo (anche linguistico) importante e insolito nel panorama critico italiano… ci spinge a vedere e parlare di cinema fuori dalla dossologia corrente, più ancora è un saggio sulla fenomenologia della comicità che condanna l’inadesione e l’ingiustizia dentro e fuori la tela puttana del cinema. Un attacco diretto contro il mercantile che permea la critica (specie italiana) e sollecita l’accidente, l’intemporale, il dissidio, che sono gli strumenti dei comici senza guinzaglio, adoperati per forzare la certezza della storia. Il genio comincia sempre col dolore, ecco perché nel cinema ci sono tanti buffoni e pochi geni, come Jerry Lewis.
Piombino, dal vicolo dei gatti in amore, 2 volte aprile 2016
Nota fuori margine
Le recensioni di libri sono riprese qui come sono apparse in Le Monde Diplomatique tra il 2004 e il 2015, e altre proposte nella versione originale. Un ringraziamento fraterno, amoroso, complice va a Geraldina Colotti, compagna di strada, che ha accolto i nostri scritti con amichevolezza e, sovente, li ha anche migliorati con i suoi interventi redazionali.