a Franti (Maurizio Rebuzzini),
perché sa, come pochi, che la fotografia serve a liberarsi dall’ignoranza
e dall’analfabetismo del consenso e del successo.
“Cari ragazzi, ho voluto più bene a voi che a Dio,
ma sono sicuro che non baderà a queste piccolezze”.
don Lorenzo Milani
Sulla fotografia del nostro contento.
La visione sovversiva della fotografia è nella bellezza che fuoriesce o fiorisce dal nomadismo creativo della verità, diceva… la fotografia del vero, del giusto, del bello, infatti, è un processo di creazione di individui pericolosi… l’interprete della fotografia sociale autentica, è qualcuno che ha percepito le tensioni, le passioni, le meraviglie e gli stupori del proprio tempo e cerca di non farseli sottrarre dalla civiltà dello spettacolo… è un fotografo che passa tutta la propria esistenza a difenderla e alimentarla, respingendo tutto ciò che è l’impostura dell’industria culturale (non solo) della fotografia… la fotografia è una navigazione, un invito al viaggio, un sentiero in utopia che dice: “Il vuoto alle mie spalle, il bello, il giusto, il buono, davanti a me!”.
Critica della fotografia e critica del giudizio sono sinonimi… per fare la fotografia sociale bisogna disporsi ad ubriacature poetiche con piena lucidità… lavorare nell’ombra e nella luce, tra consapevolezza e incoscienza, fuori dalle categorie e dalle classificazioni, iniziare a camminare nel mondo a fianco degli ultimi, degli esclusi e degli oppressi… i contenuti devono oltrepassare i dispositivi e irrompere nel meraviglioso! La fotografia in utopia è una cosmogonia, il racconto di una poetica e di una generazione che attraverso la creatività restituisce un’idea del mondo.
Per un fotografo (e per tutti), l’arte di gioire della vita significa avere “il cielo stellato sopra di me e la legge morale dentro di me”, come diceva il figlio del sellaio di Königsberg… liberarsi della dittatura del più forte ai danni del più debole… operare la frattura tra il visibile e l’invisibile, mostrare come il mondo vero finisce per diventare favola… costruire una situazione fotografica vuol dire che solo dal caos che c’è dentro di noi possiamo partorire una stella danzante (Nietzsche, il maestro che filosofava col martello, diceva), sentirsi una sola cosa con la conoscenza e la verità della storia.
Con queste idee in testa mi sono messo a parlare col mio gatto Zorba e gli ho raccontato una storiella che mi era stata donata da uno sciamano cieco, in un campo profughi di un deserto africano:
— Un giorno un Maestro di Bellezza incontrò un grande artista della fotografia e lo salutò con amorevolezza.
“Io non so nulla della Bellezza, Maestro”, disse il fotografo.
“Ma io vedo che tu conosci il segreto della fotografia”, rispose il Maestro. “So solo fare fotografie. Non so nulla, se non che morirò e non m’importa di essere consacrato da nessuno”, disse il fotografo.
“Allora conosci il segreto della Bellezza”, disse il Maestro, sorridendo —. E Zorba mi ha sussurrato, tra un miagolio e l’altro:
– “Sono fermamente convinto che se i cittadini si rendessero conto della loro fame di bellezza, ci sarebbe ribellione per le strade.
Non è stata forse la bellezza ad abbattere il Muro di Berlino e non il consumismo… la musica, il colore, la moda, le scarpe, le stoffe, i film, il ballo, le parole delle canzoni, la forma delle automobili. La risposta estetica conduce all’azione politica, diventa azione politica, è azione politica” -.
Si vede che leggi libri inutili, gli ho risposto. Zorba mi ha leccato il muso e ha miagolato:
– “Nella bellezza c’è anche la giustizia! Ecco perché sono brutti e scemi quelli che vanno al potere!”, mi ha convinto!
Anche questa volta, come mi ha insegnato mio padre e lui l’ha appreso dal padre suo, invece di andare a votare per una manica da farabutti, impostori e criminali in formato grande, gioco col mio gatto e ce la ridiamo forte di tutte le verità prostituite al disormeggio della storia.
Tutti gli imperi sono franati per mancanza di umorismo!
Mi sono sempre infatuato delle cause perse, ma in questo non ho sbagliato mai! “Miao, Miao, Miao”… risponde Zorba… mordicchiando le pagine del libro sulla libertà di pensiero di un curato di campagna del ‘600, quello che lasciò nel suo Testamento queste parole: “Io vorrei, e questo sia l’ultimo ed il più ardente dei miei desideri, io vorrei che l’ultimo dei re fosse strangolato con gli intestini dell’ultimo dei preti”. Ci sono sante parole che mi commuovono, fino alle lacrime!
Non ho capito bene il senso di questa conversazione col mio gatto, comunque ci dev’essere qualcosa di vero, almeno da qualche parte del cervello o del cuore, intanto brucio la scheda elettorale a un raggio di sole e prendo la luna per la coda, Pinocchio.