Fusibilialibri, 2015, pp. 116
Traduzione a cura di Claudio Marrucci, con un saggio di Antonio Veneziani
Il libro di Wallada Bint Al-Mustafki, Cammino orgogliosa per la mia strada, è un piccolo gioiello editoriale, corredato dalle sapienti note di Claudio Marrucci e un saggio illuminante (non solo) sulla poesia di Wallada di Antonio Veneziani. Wallada (principessa Omeya) nasce a Cordova nel 994 d.C., figlia del Califfo Al-Mustafki, muore quasi centenaria nel 1091. Wallada (che significa “colei che dà la luce”) è non solo una fine poetessa ma anche una donna-simbolo della libertà della donna, una figura libertina e libertaria non proprio amata da storici e filologi… anzi, come scrive Marrucci, “si è provato a distruggerla più volte nel corso dei secoli, additandola per la sua vita scandalosa”. Ribelle a tutto, si sbarazza del velo e fa scrivere in oro sulle maniche dei suoi abiti: “Sono stata creata da Dio per la sua gloria, ma cammino orgogliosa per la mia strada”.
La poetica della Wallada è propria ai grandi utopisti dell’arte di gioire… c’è una bellezza dionisiaca nei suoi versi che porta alla disgregazione dell’ordine istituito e la divorazione dell’amore (non importa se lesbico) la percorre, la abita e l’ossessiona. È una poesia di corpi in amore, quella che affabula e mostra che solo l’appagamento del desiderio è vero, il resto è trucco. Come quando scrive: “Sulla mia guancia comandi pure l’amante, i baci li offro invece a chiunque li desideri”.
Nel denso saggio di Veneziani, la bellezza scritturale della Wallada è incrociata ad altri poeti dello splendore ereticale e alla maniera dei grandi filosofi dell’interrogazione e della sovversione non sospetta, riporta l’affermazione di libertà pura dello “scandalo”, come accidente della morale corrente, nell’atto stesso che l’afferma. Alla maniera di Nietzsche: “Ciò che non mi uccide, mi rende più forte”.
Le poesie della “Saffo andalusa” sono accompagnate da altre scritte da schiave che ha liberato, da allieve che ha cresciuto e poetesse arabo-andaluse del suo tempo… sorprende la modernità del linguaggio androgino di Wallada, connaturato con la sessualità, il desiderio, il disprezzo che culmina nell’eccellenza etica di chi ha fatto dell’amore la vita sognata degli angeli ribelli.
La passionalità poetica di Wallada grida che i piaceri hanno diritto di cittadinanza e desiderare il desiderio significa respingere dappertutto l’infelicità. Il filo tagliente della scrittura di Wallada contiene l’ebbrezza, la sregolatezza, il dissidio e l’inclinazione al piacere come armonia universale dell’edonismo… la sua poesia è investita di dignità filosofica che racchiude il mondo come pretesto di bellezza e di giustizia… un’estetica del pensiero liberato che trascolora ogni persona insorta in opera d’arte. Per la libertà, come per l’amore, non ci sono catene.
Piombino, dal vicolo dei gatti in amore, 12 volte agosto 2015