di Moni Ovadia, Einaudi 2012, pp. 109, 12 Euro
Il libro di Moni Ovadia, Madre dignità, è un pamphlet davvero provocatorio, appassionato, inattuale — come è scritto in quarta di copertina —. A leggerlo con attenzione (come merita) non sono pochi i passaggi al vetriolo che denudano le cosche del potere e l’autore nemmeno risparmia strali feroci contro gli uomini che sostengono la società consumerista. Il centro del libro è il rispetto della dignità degli uomini, sovente calpestata, derisa, umiliata e Ovadia ha il coraggio libertario di inserirla al primo posto nella coscienza spirituale e politica del genere umano. “La dignità umana — scrive — è inviolabile ed è un valore che non ha prezzo. Non può esistere dignità sociale o collettiva senza dignità individuale della persona, così come non può esistere dignità della persona senza dignità sociale”. È un’invettiva contro i totalitarismi, imperialismi, colonialismi del denaro e del profitto.
Ovadia si schiera dalla parte dei reietti, degli ultimi, degli schiavi, dei sovversivi, dei ribelli… a fianco di tutti quelli che sono spinti a credere nell’utopia della libertà. Da fine filosofo del giusto qual è, rigetta la lingua sacerdotale, di casta o di classe a favore del denudamento dell’ipocrisia e del conformismo religioso, politico, finanziario… e salva, a ragione, la lingua di tutti e per tutti… quella dell’uguaglianza, dell’amore, dell’accoglienza del diverso da sé… racconta con la leggerezza dell’umorismo yddish (witz), storielle antiche, personali, canzoni di gesta… entra senza ritegno nelle “sacre scritture” e ne rovescia o rilegge la bellezza sociale, spesso sconosciuta anche a quanti ne parlano o ne discutono nei salotti televisivi.
Le citazioni sono copiose e magnifiche (Hans Jonas, Martin Buber, Emmanuel Levinas…) e gli servono come grimaldelli espressivi disseminati in un percorso elettivo della dignità come legame indissolubile fra giustizia, sistema sociale e valore della vita. L’indignazione riguardo alla Shoah è sparsa in pagine magistrali e attribuisce, giustamente, l’eradicazione della dignità a carnefici, assassini e vigliacchi che con la complicità di tutte le istituzioni pubbliche (chiesa inclusa) hanno rappresentato la degenerazione di una nazione.
L’ironia amara con la quale racconta la storia partigiana, la posizione coraggiosa nei riguardi del popolo palestinese soggiogato da Israele, il senso agnostico della sua visione del mondo… sono passaggi illuminanti gettati contro la violenza delle istituzioni della società dello spettacolo. Il suo scritto restituisce la dignità individuale agli umili e agli oppressi, sostiene che là dove non c’è dignità, alligna l’ignoranza. Tutto vero. La società (e la sessualità) liberata deve essere fondata sul bene comune e sulla dignità, e non c’è patria, religione, famiglia che tenga se non c’è amore tra gli uomini. Tuttavia la dignità dell’uomo, anche del peggiore dei criminali — dice — è inviolabile e va difesa. La dignità non è negoziabile, aggiunge, non ha prezzo. “Riconoscerla anche al peggiore dei carnefici, al più efferato degli aguzzini è la migliore risposta possibile alla logica dell’odio e traccia un solco invalicabile tra la cultura della vita e il dominio della morte”. Straordinario. La dignità, per Ovadia e per tutti i sognatori di una società di liberi e di uguali, è più importante della vita.
Piombino, 21 volte dicembre, 2012