I Gesti del Caravaggio (2010) di Francesco Vitali
1. DELL’ARTE DI GIOIRE
“La via in salita è la via in discesa sono una sola e la stessa”.
Eraclito di Efeso
“Quando non c’è energia non c’è colore, non c’è forma, non c’è vita”.
Caravaggio
“Non ho veramente ambito ad alcuna sorta di virtù, tranne forse a quella di aver pensato
che solo alcuni crimini di un genere nuovo, di cui certamente non si era potuto
udire nel passato, avrebbero potuto non essere indegni di me”.
Guy Debord
Ouverture.
Voluptas dolendi. I gesti del Caravaggio (The Gestures of Caravaggio) 1 di Francesco Vitali è film di notevole bellezza affabulativa… cosa rara nell’abituale produzione culturale di un paese (come l’Italia) che tende a ri/produrre dispositivi di soggezione mercantile e sovente ignora o censura (non solo col mercato della circuitazione) opere di singolare creatività… nel film di Vitali c’è un’universalità del vero che afferma l’innocenza del divenire e sotto molti tagli (punti di vista o di lettura) oltrepassiamo la soglia dell’esistenza… la pratica discorsiva delle immagini, delle musiche, delle danze, dei gesti, dei corpi, dei colori… disseminati nelle poetiche affrontate è un grido di sdegno o un atto di coraggio gettato contro l’indifferenza delle maschere stratificate e sedimentate nel comune sentire o nell’illustrazione manichea degli oracoli.
L’arte di gioire o di piangere o di accompagnare l’infanzia sino alla fine della vita… è fatta della materia di cuoi sono fatti in nostri sogni, Shakespeare, diceva al suo cavallo, forse… Caravaggio del resto sapeva usare il coltello in modo eccelso, quanto il pennello e i colori e sapeva gioire della sua impudenza… e contro i saccheggiatori dell’arte o dell’amore (di ogni sorta) sfoderava le sue bestemmie… la luce epifanica delle sue opere mostra che il pudore muore con l’innocenza. La strada era la sua biblioteca. Il genio, l’essere filosofo agnostico prima di essere pittore o dissolutore di costumi. Le chiese ospitavano i suoi quadri ma i preti non facevano per lui. Miscredente in tutto… nemmeno la peste del 1577 lo uccide. Fino al 1592 Caravaggio (Michelangelo Merisi) vagabonda a Milano, Venezia… studia Giorgione, Tiziano, Tintoretto… l’energia creativa che lo percorre, lo abita e lo ossessiona. Nei suoi lavori intreccerà, come nessuno mai, il principio del piacere con il principio di realtà.
Arriva a Roma nel ’92 e diventa amico del cardinale Francesco Maria Del Monte… lo investe il successo, dipinge opere straordinarie ma non disdegna i godimenti concreti dei bordelli, delle taverne, della sessualità onnivora, praticata anche con giovani del proprio sesso, forse… del resto la sessualità liberata o estrema è una delle più importanti possibilità di soddisfare la propria felicità… “è l’appagamento del desiderio. La sessualità non è una (maschile o femminile) ma è tante cose… tanti specchi dell’erotismo (poco importa se omosessuale) vissuto come atto naturale… L’uomo si riflette nella propria sessualità… l’esplodere del proprio immaginario… l’atto erotico che si compie fuori dal prestabilito… segna la rottura, la separazione, la dissoluzione dell’impalcatura sociale… Godere la propria sessualità significa insorgere contro secoli di convenzioni… il diritto alle passioni proclamato da De Sade (o Caravaggio) è anche il manifesto per il raggiungimento della democrazia egualitaria… dove ogni figurazione dell’amore e dell’erotismo sono naturali…
Quando il desiderio insorge dalla sua insolenza di esistere… i totem e i tabù del mondo cadono e ciascuno diventa ciò che è veramente”2. La cura dei piaceri si contrappone alla sessualità repressa della ragione dominante e nell’arte di Caravaggio, come nelle opere di tutti gli eretici, il dogma dell’amore eterosessuale, monogamico o genitale crolla sotto il disvelamento di una nevrosi collettiva (o dell’illusione della civiltà) che gli psicologi del profondo renderanno ridicola, quanto tragica. In modo particolare gli studi di Carl Gustav Jung, Jacques Lacan, Michel Foucault o James Hillman… mostreranno che la felicità è una via misteriosa che ognuno deve cercare da sé… cambiare se stessi significa anche cambiare l’ordine del mondo.
L’arte di Caravaggio è un viatico di disobbedienze, mai di celebrazioni… le sue luci, le ombre, i neri… rompono il monopolio dell’educazione e secoli di genuflessioni deplorevoli dell’arte nel libro paga dei mercanti dell’immaginario… se le religioni monoteiste hanno negato il corpo e lo hanno esposto al pubblico ludibrio, Caravaggio ha fatto del corpo la liberazione dell’amore e messo alla giusta distanza commissione e poesia… i corpi di Caravaggio affermano l’amore di sé e si accordano all’autobiografia del maestro che li rende vivi… Caravaggio ama gli angeli caduti, perché ribelli. La visione materica di Caravaggio coinvolge i corpi, i sensi e l’arte etica della quale è poeta immortale porta a “vedere l’invisibile, udire l’inudibile, cogliere l’infimo e distinguere la molteplicità delle variazioni di cui sono capaci un colore, una luce, un suono, una voce” (Michel Onfray)3. Certo è che I musici, I bari, Giuditta che taglia la testa a Oloferne, Vocazione di San Matteo, Conversione di San Paolo, Crocifissione di San Pietro, Amore vincitore, Morte della Vergine, La flagellazione di Cristo o David con la testa di Golia… sono opere attraversate da una “disperata intimità” che rafforza la rabbia o l’eresia caravaggesca che emerge tra corpo e coscienza e si riflette nei dipinti fino ad annunciare tensioni e conflittidel proprio tempo.I corpi del Caravaggio sporcano l’afflato mercantile della committenza (quici tiriamo dietro gli strali della critica accademica e quella dell’avanguardia,la stessa gente che pontifica da pulpiti diversi ma egualmente mondani)… ipoveri sono straccioni, i santi un po’ scemi, la Vergine è grassa e goffa e nonsembra ascendere tutta intera al cielo dell’impostura… i ragazzi sono efebici ehanno i volti del popolo invisibile delle periferie… gli uomini che discutono ebevono nelle taverne hanno facce e posture da banda di sovversivi… Caravaggiolavora al tentativo di dire ciò che il corpo esige. La sua è una filosofia dellacarne e nel vissuto quotidiano acquista un’eccezionale carica di verità. NèPan, né Dioniso, né Bacco (tanto meno Dio) però sono santificati da Caravaggio…è la gente comune che viene vestita di santità, regalità o tenerezza etrascolorata a protagonista della trascendenza e, al contempo, della propriastoria.La figurazione androgina di Caravaggio eleva i corpi a segno, restituisce unreale (una trans-realtà) che si affranca alla geneaologia della morale diNietzsche, smaschera la pochezza degli uomini e l’importanza dell’umanità avenire: “Letta da una lontana costellazione, forse la scrittura maiuscola dellanostra esistenza terrestre indurrebbe a concludere che la terra sia la stellapropriamente ascetica, un cantuccio di creature incapaci di liberarsi da unprofondo tedio di sé, della terra, di ogni vita, e intente a fare, a se stesse ilmaggior male possibile, per il piacere di far male — verosimilmente il lorounico piacere” (Friedrich W. Nietzsche, il maestro) 4. Solo gli uomini dotatidi libertà (come Caravaggio, Rimbaud o Artaud…) riescono a lavorare sulladissolutezza, la sessualità, l’amicizia, la dolcezza, la gioia… e sostenere che lavirtù, la gloria, la fede o la patria costituiscono falsi valori e virtù inesistenti.
Caravaggio è un cantore del piacere e nelle sue tele la speranza è intesa come occasione di felicità… riesce a camminare sui fiori di campo senza rovinarli e al contempo si libera delle passioni tristi che impediscono di amare e di essere amati… la saggia follia di Caravaggio, sottoogni taglio, figura il prolungamentodi un’infanzia fantastica che non vive imitazioni e nulla si rimproveradelle sue collere estreme… a vedere in profondità l’opera intera di Caravaggionon è difficile scorgere l’utopia, l’inesistente, il luogo immaginario che èutile e insostituibile per la costruzione di qualcosa di reale, di vero e di bellonella storia dell’uomo.La luce di Caravaggio ha abbacinato — giustamente — critici, storici e fautoridel bello d’autore… lasciamo ai critici d’arte dissertazioni e celebrazioni piùo meno occasionali o interessate… ci piace invece accostarci all’insolenzaespressiva della sua sensibilità libertaria… Pier Paolo Pasolini, che più di Caravaggioamava Pontormo, Rosso Fiorentino o Mantegna, analizza la grandezzainventiva del pittore e attenendosi al suo maestro, Roberto Longhi,scrive: “Il Caravaggio ha inventato tutto un mondo da mettere davanti al cavallettonel suo studio: tipi nuovi di persone, nel senso sociale e caratterologico,tipi nuovi di oggetti, tipi nuovi di paesaggi…. ha inventato una nuova luce:al lume universale del Rinascimento platonico ha sostituito una luce quotidianae drammatica. Sia nuovi tipi di persone e di cose che il nuovo tipo diluce, il Caravaggio li ha inventati perché li ha visti nella realtà. Si è accortoche intorno a lui — esclusi dall’ideologia culturale vigente da circa due secoli— c’erano uomini che non erano mai apparsi nelle grandi pale o negli affreschi,e c’erano ore del giorno, forme di illuminazione labili ma assolute, chenon erano mai state riprodotte e respinte sempre più lontano dall’uso dellanorma, avevano finito col divenire scandalose, e quindi rimosse. Tanto cheprobabilmente i pittori, e in genere gli uomini fino al Caravaggio probabilmentenon le vedevano nemmeno.
La terza cosa che ha inventato il Caravaggio è un diagramma (anch’esso luminoso,ma di una luminosità artificiale che appartiene solo alla pittura enon alla realtà) che divide sia lui, l’autore, sia noi, gli spettatori, dai suoi personaggi,dalle sue nature morte, dai suoi paesaggi. Questo diaframma, chetraspone le cose dipinte dal Caravaggio in un universo separato, in un certosenso morto, almeno rispetto alla vita e al realismo con cui quelle cose sarannopercepite e dipinte, è stato stupendamente spiegato da Roberto Longhicon la supposizione che il Caravaggio dipingesse guardando le sue figure riflessein uno specchio. Tali figure erano perciò quelle che il Caravaggio avevarealisticamente scelto, negletti, garzoni di fruttivendolo, donne del popolomai prese in considerazione, ecc., e inoltre esse erano immerse in quella lucereale di un’ora quotidiana concreta, con tutto il suo sole e tutta la sua ombra:eppure… eppure dentro lo specchio tutto pare come sospeso come a un eccessodi verità, a un eccesso di evidenza, che lo fa sembrare morto”5. Tutto vero.Pasolini, più di altri, aveva compreso che la luce, l’ombra, i corpi, i gesti diCaravaggio si richiamano alla realtà offesa, tradita, calpestata… deposta oomologata ai gusti e ai costumi dominanti. Ogni figurazione di Caravaggioannuncia un atto futuro e più ancora è gravida di promesse, irriverenze estrappi singolari che screditano il passato e fanno del presente il dissidio delnuovo che avanza.Lo stile luministico di Caravaggio è dannato all’immortalità: “non si trattapiù di piani prospettici ma di piani di luce attuati in corpi che vivono in manierapittorica accordata in tonalità basse, quasi verso il bianco e nero” (RobertoLonghi)6. I corpi di Caravaggio, specialmente, aboliscono le opposizioni (otramano rivolte clandestine del segno) e fanno delle contraddizioni (metaforedel rovescio) l’evento di un sogno/specchio che si fa ponte e unisce l’Io e il mondo. I corpi non chiedono l’accesso al sacro, lo interpretano e allo stessotempo ne sono fuori… la raffinatezza visuale di Caravaggio contiene esultanzelibertarie, dinamiche ludiche, rifrazioni edonistiche e a partire da materialiinediti del suo tempo, invita alla fabbricazione dell’inedito, alla seminagionedel piacere e alla costruzione della gioia. L’opera del Caravaggio è un invitoalla conoscenza di sé e la riscoperta della propria soggettività (anche sessuale)liberata. Il nuovo mondo amoroso di Charles Fourier è tutto qui… e nel 1829, ilfilosofo del pane in tasca dell’unico cappotto che aveva, scrive: “nello statoattuale, l’uomo è in guerra con se stesso, le passioni urtano tra loro; quellascienza, poi, che si chiama morale, pretende di reprimerle. Ma: «Reprimerenon è armonizzare!». E lo scopo è quello di arrivare al meccanismo spontaneodelle passioni, senza reprimerne alcuna. La morale attuale blocca le passionie genera così l’ipocrisia”7. L’idea di una società giusta auspicata da Fourierera già dispersa (rispecchiata tra vita e arte) nelle tele di Caravaggio… emergedalla realizzazione delle passioni che mettono fine alla civiltà della menzogna.Il Caravaggio, ricordiamolo, è “uomo di temperamento iracondo e selvatico,facile a offendersi e pronto all’occorrenza a vibrare all’avversario un buoncolpo di pugnale… al Caravaggio la paura del brutto pareva una debolezzaspregevole; cercava la verità, la verità quale gli appariva; non aveva il gustodei modelli classici né alcun rispetto per la «bellezza ideale». Voleva eliminareil convenzionalismo, riproponendo i problemi artistici in modo nuovo…Molti pensarono che mirasse soprattutto a scandalizzare il pubblico, che nonavesse alcun rispetto per la bellezza né per la tradizione. Fu uno dei primi pittoricui tali accuse vennero mosse e il primo la cui concezione artistica venisse dai critici riassunta in una sola parola: fu condannato perché ara «naturalista»” (Ernst H. Gombrich)8. Caravaggio era un creatore del vero… sapeva chei santi come i criminali sono immortali… come Dostoevskij per la letteratura…esiste nessuna legge (non solo artistica), se non allo scopo di essere infranta.Tuttavia Caravaggio dipingeva santi, madonne, angeli, frutta, fiori… e anchequando pareva, non accettò mai di essere sottomesso… organizzava il disordinee rideva con sanezza della propria serietà… la sovranità dell’arte passadalla morte della merce. Chi vuol veramente uccidere, ride… ride di tutto e ditutti… sa che la vita autentica ha inizio dove finisce il regno della simulazionee le macerie delle istituzioni. Nell’epica ereticale (la potenza della voluttà)del Caravaggio c’è l’istanza creatrice che rinnova il sempre uguale e destabilizzatutto ciò che è, invece, consolidato. Inciso nelle pietre comandamentalidell’ovvio e dell’ottuso. I linguaggi dominanti ri/producono l’omologazionedei sentimenti truccati e l’arte della genuflessione… gli animi più elevati sonoscarsamente comprensibili… il genio degli estremi di Caravaggio (come ilpensiero dinamitardo di tutte le morali di Nietzsche) raccoglie il fine ultimodel piacere e sostiene che la crudeltà del vero appartiene alla più antica gioia/festa dell’umanità.
II. DI VOLUPTAS DOLENDI. I GESTI DEL CARAVAGGIO
Di nessuna chiesa è Caravaggio. “I gitani considerano a ragione che la verità non vada mai detta che nella propria lingua. In quella del nemico deve regnare la menzogna (Guy Debord)9. La figurazione caravaggesca (specie nella ritrattistica…) lascia trasparire l’autenticità irriverente del poeta… non tiene conto di onori e glorie deputati al pittore dalla nobiltà romana… le polemiche e gli insulti investirono il successo del Caravaggio anche tra gli alti prelati… comunque il cardinale Francesco Maria Bourbon Del Monte gli commissiona lavori di grande bellezza strutturale come la Vocazione di san Matteo (1599-1600), la Conversione di san Paolo (1600-1601) e Caravaggio di lì a poco incendia le turbolenze artistiche di un’intera generazione. I dipinti di Caravaggio suscitano scandalo e, come nel caso di San Matteo e l’Angelo sono rifiutati e il pittore è costretto a rifare una versione meno iconoclasta… “Qui avvenne cosa, che pose in grandissimo disturbo, e quasi fece disperare Caravaggio in riguardo della riputazione; poiché avendo egli terminato il quadro di mezzo di San Matteo e postolo sù l’altare, fu tolto via dai Preti, con dire che quella figura non aveva decoro, né aspetto di santo, stando à sedere con le gambe incavalcate, e co’ piedi rozzamente esposti al popolo. Si disperava il Caravaggio per tale affronto nella prima opera da esso pubblicata in chiesa, quando il Marchese Vincenzo Giustiniani si mosse à favorirlo, e liberollo da questa pena; poiché interpostosi con quei Sacerdoti, si prese per sé il quadro, e glie ne fece fare un altro diverso, che è quello che si vede ora sull’altare” 10. La fortuna di Caravaggio continuava. Il Marchese Giustiniani prese il pittore sotto la sua protezione e spesso lo tirò fuori dalle sue baldorie… Caravaggio non aveva timore a bastonare nobili o a trovarsi in baruffe da bordello… non di rado conobbe il carcere e anche le sue fughe dalla legge ebbero dell’eccezionale… subì processi per diffamazione e grazie a interventi di potentati gli furono concessi gli arresti domiciliari… venne arrestato per possesso darmi abusivo e risse contro l’ordine pubblico… dopo avere ferito un notaio scappò a Genova… i suoi protettori riuscirono a farlo tornare di nuovo a Roma (dove fu querelato dalla sua padrona di casa perché non pagava l’affitto)… la sera del 28 maggio 1606, Caravaggio, a causa di un fallo subito al gioco della Pallacorda, uccide Ranuccio Tommasoni e resta ferito. In realtà si contendevano l’avvenenza di una signora dabbene e litigarono anche per questioni di denaro… Caravaggio fu condannato a morte per decapitazione. Sotto la protezione di Filippo I Colonna, il pittore giunse a Napoli nel 1606, ospite dell’aristocrazia napoletana (Carafa-Colonna)… qui realizza le sette opere Opere di Misericordia (1606-1607)… nel 1607 parte per Malta… i Colonna lo mettono in contatto con il Gran Maestro dell’ordine dei Cavalieri di San Giovanni (Alof de Wignacourt), al quale fa anche un ritratto, cerca di entrare nell’ordine per ottenere l’immunità e salvarsi dalla condanna per decapitazione. Nel 1608 Caravaggio viene investito della carica di Cavaliere di grazia… un rango inferiore rispetto ai Cavalieri di giustizia che dovevano avere origini aristocratiche… però Caravaggio è persona difficile… anche qui è coinvolto in risse di strada e rinchiuso in carcere… tuttavia riesce a evadere e raggiungere la Sicilia, si stabilisce a Siracusa… espulso dall’Ordine con disonore… (“come membro fetido e putrido”)… nel 1609 torna a Napoli… all’uscita da una locanda è assalito da sicari (si dice dei Cavalieri maltesi) e resta sfigurato… abita nel Palazzo Colonna… Papa Paolo V annuncia di volerlo graziare… Caravaggio si mette in viaggio su una feluca per raggiungere Porto Ercole e andare nel feudo degli Orsini, poco distante da Roma, in attesa di avere udienza dal Papa… aveva concordato la sua libertà in cambio di una tela per il Cardinale Scipione Borghese… ci furono dei problemi con le guardie della costa… l’imbarcazione riprese il mare… Caravaggio è assalito da febbre alta, dovuta a infezioni intestinali, il 18 luglio 1610 muore nell’ospedale della Confraternita e lo gettano nella fossa comune sulla spiaggia, luogo per la sepoltura degli stranieri. Il giorno successivo, a Palazzo Carafa-Colonna a Napoli, arriva il condono papale. Lasciamo ai critici d’arte le analisi, i riferimenti, i saccheggi magistrali di Caravaggio (Michelangelo, Raffaello, Tiziano o la rivoluzione caravaggesca della luce naturalista)… andiamo a leggere la sua opera come una serie di sequenze cinematografiche e non è difficile vedere (a gatto selvaggio) in molti questioni di denaro… Caravaggio fu condannato a morte per decapitazione. Sotto la protezione di Filippo I Colonna, il pittore giunse a Napoli nel 1606, ospite dell’aristocrazia napoletana (Carafa-Colonna)… qui realizza le sette opere Opere di Misericordia (1606-1607)… nel 1607 parte per Malta… i Colonna lo mettono in contatto con il Gran Maestro dell’ordine dei Cavalieri di San Giovanni (Alof de Wignacourt), al quale fa anche un ritratto, cerca di entrare nell’ordine per ottenere l’immunità e salvarsi dalla condanna per decapitazione. Nel 1608 Caravaggio viene investito della carica di Cavaliere di grazia… un rango inferiore rispetto ai Cavalieri di giustizia che dovevano avere origini aristocratiche… però Caravaggio è persona difficile… anche qui è coinvolto in risse di strada e rinchiuso in carcere… tuttavia riesce a evadere e raggiungere la Sicilia, si stabilisce a Siracusa… espulso dall’Ordine con disonore… (“come membro fetido e putrido”)… nel 1609 torna a Napoli… all’uscita da una locanda è assalito da sicari (si dice dei Cavalieri maltesi) e resta sfigurato… abita nel Palazzo Colonna… Papa Paolo V annuncia di volerlo graziare… Caravaggio si mette in viaggio su una feluca per raggiungere Porto Ercole e andare nel feudo degli Orsini, poco distante da Roma, in attesa di avere udienza dal Papa… aveva concordato la sua libertà in cambio di una tela per il Cardinale Scipione Borghese… ci furono dei problemi con le guardie della costa… l’imbarcazione riprese il mare… Caravaggio è assalito da febbre alta, dovuta a infezioni intestinali, il 18 luglio 1610 muore nell’ospedale della Confraternita e lo gettano nella fossa comune sulla spiaggia, luogo per la sepoltura degli stranieri. Il giorno successivo, a Palazzo Carafa-Colonna a Napoli, arriva il condono papale. Lasciamo ai critici d’arte le analisi, i riferimenti, i saccheggi magistrali di Caravaggio (Michelangelo, Raffaello, Tiziano o la rivoluzione caravaggesca della luce naturalista)… andiamo a leggere la sua opera come una serie di sequenze cinematografiche e non è difficile vedere (a gatto selvaggio) in molti questioni di denaro… Caravaggio fu condannato a morte per decapitazione. Sotto la protezione di Filippo I Colonna, il pittore giunse a Napoli nel 1606, ospite dell’aristocrazia napoletana (Carafa-Colonna)… qui realizza le sette opere Opere di Misericordia (1606-1607)… nel 1607 parte per Malta… i Colonna lo mettono in contatto con il Gran Maestro dell’ordine dei Cavalieri di San Giovanni (Alof de Wignacourt), al quale fa anche un ritratto, cerca di entrare nell’ordine per ottenere l’immunità e salvarsi dalla condanna per decapitazione. Nel 1608 Caravaggio viene investito della carica di Cavaliere di grazia… un rango inferiore rispetto ai Cavalieri di giustizia che dovevano avere origini aristocratiche… però Caravaggio è persona difficile… anche qui è coinvolto in risse di strada e rinchiuso in carcere… tuttavia riesce a evadere e raggiungere la Sicilia, si stabilisce a Siracusa… espulso dall’Ordine con disonore… (“come membro fetido e putrido”)… nel 1609 torna a Napoli… all’uscita da una locanda è assalito da sicari (si dice dei Cavalieri maltesi) e resta sfigurato… abita nel Palazzo Colonna… Papa Paolo V annuncia di volerlo graziare… Caravaggio si mette in viaggio su una feluca per raggiungere Porto Ercole e andare nel feudo degli Orsini, poco distante da Roma, in attesa di avere udienza dal Papa… aveva concordato la sua libertà in cambio di una tela per il Cardinale Scipione Borghese… ci furono dei problemi con le guardie della costa… l’imbarcazione riprese il mare… Caravaggio è assalito da febbre alta, dovuta a infezioni intestinali, il 18 luglio 1610 muore nell’ospedale della Confraternita e lo gettano nella fossa comune sulla spiaggia, luogo per la sepoltura degli stranieri. Il giorno successivo, a Palazzo Carafa-Colonna a Napoli, arriva il condono papale. Lasciamo ai critici d’arte le analisi, i riferimenti, i saccheggi magistrali di Caravaggio (Michelangelo, Raffaello, Tiziano o la rivoluzione caravaggesca della luce naturalista)… andiamo a leggere la sua opera come una serie di sequenze cinematografiche e non è difficile vedere (a gatto selvaggio) in molti questioni di denaro… Caravaggio fu condannato a morte per decapitazione. Sotto la protezione di Filippo I Colonna, il pittore giunse a Napoli nel 1606, ospite dell’aristocrazia napoletana (Carafa-Colonna)… qui realizza le sette opere Opere di Misericordia (1606-1607)… nel 1607 parte per Malta… i Colonna lo mettono in contatto con il Gran Maestro dell’ordine dei Cavalieri di San Giovanni (Alof de Wignacourt), al quale fa anche un ritratto, cerca di entrare nell’ordine per ottenere l’immunità e salvarsi dalla condanna per decapitazione. Nel 1608 Caravaggio viene investito della carica di Cavaliere di grazia… un rango inferiore rispetto ai Cavalieri di giustizia che dovevano avere origini aristocratiche… però Caravaggio è persona difficile… anche qui è coinvolto in risse di strada e rinchiuso in carcere… tuttavia riesce a evadere e raggiungere la Sicilia, si stabilisce a Siracusa… espulso dall’Ordine con disonore… (“come membro fetido e putrido”)… nel 1609 torna a Napoli… all’uscita da una locanda è assalito da sicari (si dice dei Cavalieri maltesi) e resta sfigurato… abita nel Palazzo Colonna… Papa Paolo V annuncia di volerlo graziare… Caravaggio si mette in viaggio su una feluca per raggiungere Porto Ercole e andare nel feudo degli Orsini, poco distante da Roma, in attesa di avere udienza dal Papa… aveva concordato la sua libertà in cambio di una tela per il Cardinale Scipione Borghese… ci furono dei problemi con le guardie della costa… l’imbarcazione riprese il mare… Caravaggio è assalito da febbre alta, dovuta a infezioni intestinali, il 18 luglio 1610 muore nell’ospedale della Confraternita e lo gettano nella fossa comune sulla spiaggia, luogo per la sepoltura degli stranieri. Il giorno successivo, a Palazzo Carafa-Colonna a Napoli, arriva il condono papale. Lasciamo ai critici d’arte le analisi, i riferimenti, i saccheggi magistrali di Caravaggio (Michelangelo, Raffaello, Tiziano o la rivoluzione caravaggesca della luce naturalista)… andiamo a leggere la sua opera come una serie di sequenze cinematografiche e non è difficile vedere (a gatto selvaggio) in molti questioni di denaro… Caravaggio fu condannato a morte per decapitazione. Sotto la protezione di Filippo I Colonna, il pittore giunse a Napoli nel 1606, ospite dell’aristocrazia napoletana (Carafa-Colonna)… qui realizza le sette opere Opere di Misericordia (1606-1607)… nel 1607 parte per Malta… i Colonna lo mettono in contatto con il Gran Maestro dell’ordine dei Cavalieri di San Giovanni (Alof de Wignacourt), al quale fa anche un ritratto, cerca di entrare nell’ordine per ottenere l’immunità e salvarsi dalla condanna per decapitazione. Nel 1608 Caravaggio viene investito della carica di Cavaliere di grazia… un rango inferiore rispetto ai Cavalieri di giustizia che dovevano avere origini aristocratiche… però Caravaggio è persona difficile… anche qui è coinvolto in risse di strada e rinchiuso in carcere… tuttavia riesce a evadere e raggiungere la Sicilia, si stabilisce a Siracusa… espulso dall’Ordine con disonore… (“come membro fetido e putrido”)… nel 1609 torna a Napoli… all’uscita da una locanda è assalito da sicari (si dice dei Cavalieri maltesi) e resta sfigurato… abita nel Palazzo Colonna… Papa Paolo V annuncia di volerlo graziare… Caravaggio si mette in viaggio su una feluca per raggiungere Porto Ercole e andare nel feudo degli Orsini, poco distante da Roma, in attesa di avere udienza dal Papa… aveva concordato la sua libertà in cambio di una tela per il Cardinale Scipione Borghese… ci furono dei problemi con le guardie della costa… l’imbarcazione riprese il mare… Caravaggio è assalito da febbre alta, dovuta a infezioni intestinali, il 18 luglio 1610 muore nell’ospedale della Confraternita e lo gettano nella fossa comune sulla spiaggia, luogo per la sepoltura degli stranieri. Il giorno successivo, a Palazzo Carafa-Colonna a Napoli, arriva il condono papale. Lasciamo ai critici d’arte le analisi, i riferimenti, i saccheggi magistrali di Caravaggio (Michelangelo, Raffaello, Tiziano o la rivoluzione caravaggesca della luce naturalista)… andiamo a leggere la sua opera come una serie di sequenze cinematografiche e non è difficile vedere (a gatto selvaggio) in molti questioni di denaro… Caravaggio fu condannato a morte per decapitazione. Sotto la protezione di Filippo I Colonna, il pittore giunse a Napoli nel 1606, ospite dell’aristocrazia napoletana (Carafa-Colonna)… qui realizza le sette opere Opere di Misericordia (1606-1607)… nel 1607 parte per Malta… i Colonna lo mettono in contatto con il Gran Maestro dell’ordine dei Cavalieri di San Giovanni (Alof de Wignacourt), al quale fa anche un ritratto, cerca di entrare nell’ordine per ottenere l’immunità e salvarsi dalla condanna per decapitazione. Nel 1608 Caravaggio viene investito della carica di Cavaliere di grazia… un rango inferiore rispetto ai Cavalieri di giustizia che dovevano avere origini aristocratiche… però Caravaggio è persona difficile… anche qui è coinvolto in risse di strada e rinchiuso in carcere… tuttavia riesce a evadere e raggiungere la Sicilia, si stabilisce a Siracusa… espulso dall’Ordine con disonore… (“come membro fetido e putrido”)… nel 1609 torna a Napoli… all’uscita da una locanda è assalito da sicari (si dice dei Cavalieri maltesi) e resta sfigurato… abita nel Palazzo Colonna… Papa Paolo V annuncia di volerlo graziare… Caravaggio si mette in viaggio su una feluca per raggiungere Porto Ercole e andare nel feudo degli Orsini, poco distante da Roma, in attesa di avere udienza dal Papa… aveva concordato la sua libertà in cambio di una tela per il Cardinale Scipione Borghese… ci furono dei problemi con le guardie della costa… l’imbarcazione riprese il mare… Caravaggio è assalito da febbre alta, dovuta a infezioni intestinali, il 18 luglio 1610 muore nell’ospedale della Confraternita e lo gettano nella fossa comune sulla spiaggia, luogo per la sepoltura degli stranieri. Il giorno successivo, a Palazzo Carafa-Colonna a Napoli, arriva il condono papale. Lasciamo ai critici d’arte le analisi, i riferimenti, i saccheggi magistrali di Caravaggio (Michelangelo, Raffaello, Tiziano o la rivoluzione caravaggesca della luce naturalista)… andiamo a leggere la sua opera come una serie di sequenze cinematografiche e non è difficile vedere (a gatto selvaggio) in molti quadri (Cena in Emmaus, Cattura di Cristo nell’orto, Deposizione del sepolcro, Adorazione dei pastori, Decollazione di San Giovanni Battista, Flagellazione di Cristo, Crocifissione di San Pietro o Morte della Vergine…) quella visione del sublime che coincideva con un’estetica di giustizia e di bellezza. Caravaggio offriva il bello e conseguentemente anche il giusto. “Per la mentalità moderna la distanza tra etica ed estetica è chiara. L’estetica può rimanere personale e relativa. L’etica ha scopi universali. Possiamo sottrarci all’estetica ma non all’etica. I Greci, ai quali dobbiamo queste due concetti, si sarebbero opposti a questa separazione. Non avevano codici che definissero bellezza o rettitudine.
Ma esisteva un consenso generale su entrambi, e anche sul fatto che erano intimamente legati. Erano due diverse facce della stessa qualità: la virtù, l’eccellenza”. (Luigi Zoja)11. Caravaggio trasportava la giustizia e la bellezza della
strada nelle figure delle sue opere e, più ancora, dava ai volti degli ultimi quell’alterità sacrale che sbordava oltre la sua pittura (la sua ombra)… Quelle facce salate, quei gesti da mercato, quei corpi illuminati dal sole della miseria…
si leggono come sudari dai quali emerge l’invisibile, l’indicibile, il fantastico e tenerezze disseminate di addii… Caravaggio racconta la non-libertà del proprio tempo attraverso le committenze ecclesiali o semplicemente alimentari… è lui e solo lui che dipinge la gioia del corpo in primo luogo e i piaceri androgini o/e libertini che esaltano l’amore estremo e, di conseguenza, denunciano l’autorità che lo reprime.
La tessitura dei personaggi di Caravaggio, l’incrocio delle forme, la disposizione scenica (sorprendente e fuori dal rispetto del soggetto centrale predominante)… sono delle vere e proprie inquadrature filmiche… sotto un certo
taglio (e qui il paradosso è ardito ma non impossibile) Caravaggio anticipa il cinema di Dreyer, Ejzenstejn, Bresson, Welles, Ford, Kurosawa, Buñuel, Tarkovskij o Pasolini… dissemina la sua arte di volti, corpi, gesti che rifiutano
il celebrativo in cambio dell’affermativo e il dettaglio (mai cancellato definitivamente) è sacrificato alla rappresentazione di ciò che conta, l’essenziale.
L’arte del Sublime di Caravaggio non è radicata in nessun ambiente e mostra il carattere autoritario del sistema… santi con le mani da operai, madonne con lo sguardo da osteria, ragazzini nudi che agitano il sesso senza un velo di pudore, angeli androgini, cristi plebei, autoritratti collerici… sono la realtà stessa e annunciano la trasformazione dell’immagine, della parola, del segno… Caravaggio non cede all’infatuazione della contemporaneità né alla cattiva coscienza della dimenticanza, sa che la vergogna risiede nel fantasmare il potere come ragione unica e lascia alle gerarchie del possesso la cattività infinita del mondo come stato d’incoscienza della vita quotidiana. Caravaggio sa che il sublime è qualcosa di innato che fiorisce nella creatività di chi ha la capacità di grandi concezioni e riesce a educare le anime alla grandezza… ci sono solo due cose che ci rendono simili (agli dèi), dicevano gli antichi: “fare il bene e dire la verità” (Anonimo)12. Là dove nasce la bellezza incomincia la fine dell’ingiustizia.
Caravaggio toglie la maschera al convenzionale, all’ipocrisia, ai tenutari dell’arte mercantile… racconta come pochi la condizione umana… i suoi ritrattati enunciano una bellezza ereticale che inventa, per scoprire la società di vigilanza che è alle porte… molti dei suoi lavori sono rifiutati e replicati (tra i più famosi, l’Amore vincitore, 1601-1602)… niente tuttavia impedisce a Caravaggio di non avversare la delinquenza e il banditismo dei poteri forti… nella sua pittura si sente sempre e solo l’uomo in libertà. La luce, le ombre, i gesti del Caravaggio irrompono nella storia dell’arte sui concetti di fratellanza, uguaglianza e fraternità… “Ciascuno è fabbro della propria fortuna, e mi sembra più miserabile un ricco disagiato, necessitoso e affaccendato di chi è semplicemente povero” (Michel Montaigne)13, diceva. La pittura della discrepanza di Caravaggio crea una civiltà del sentire e all’interno di una sociedai governanti) di Caravaggio, segna la rivendicazione di una società di liberi e di uguali. Voluptas dolendi. I gesti del Caravaggio di Francesco Vitali è un film insolito, singolare, straordinario (per quanto riguarda la storiografia tutta mercantile del cinema italiano)… padroneggia la storia e l’arte di Caravaggio con leggerezza e rinnova il carattere egualitario di un poeta tra i più controversi (e maleamati) della cultura italiana. Vitali sceglie la forma aforistica, il linguaggio metaforico, la comunicazione “aristocratica” (che insegna a comprendere prima di giudicare…) e non disdegna il riconoscimento popolare… di più… il Caravaggio di Vitali è restituito alla storia in percorsi di dolore e di gioia e il suo talento s’invola negli occhi del lettore (dello spettatore) “urlando” la propria diversità… è la violazione della menzogna come regola o apparato di autorità, direbbe Kafka, ciò che Caravaggio ha deposto nelle sue opere e anche il suo contrario, cioè un indicibile piacere a violare, profanare, rovesciare i luoghi appestati dal prestabilito nell’espressione del libero volere… il male, il giusto, il bello si mostrano attraverso la trasgressione, la fine della riduzione degli uomini a schiavi. L’estetica del limite che Caravaggio elabora in ogni pittura… impone un diverso rapporto con le cose, va oltre il godimento del valore d’uso e diserta anche il rituale del valore di scambio… la cartografia dei corpi elaborata da Caravaggio è il tentativo di assumere piena coscienza di sé in un’epoca che si fonda sull’annullamento dell’individuo… i corpi di Caravaggio si sfiorano, si toccano, si mettono in gioco… trasmettono cifrari segreti, sguardi perversi (fuori dal verso) e autocitazioni che si tagliano via dalla rappresentazione specializzata del sapere… Caravaggio, sotto molte luci e tagli arbitrari (non solo nella pittura…) si rifiuta di servire e si rende così libero di vivere come di morire. Parlare dei significati della sua opera vuol dire raccontare non solo la storia dell’arte insorgente ma anche la storia dell’uomo in rivolta14. Nella sostanza, la visione poetica di Caravaggio è quella di un eresiarca che non ha niente a che fare con i pittori, i filosofi, i critici, gli storici, i vassalli stipendiati dalle gerarchie ecclesiali o dall’aristocrazia feudale… con i manoscritti dei Vangeli avrebbe potuto accendere il fuoco per il tè e piangere invece per l’amore tradito di un amico… la poesia si costruisce sulla contaminazione dei corpi, non sulla parola imposta… l’originalità di un pensiero passa del resto attraverso la determinazione di una vita anomala e nelle opere di ogni poeta autentico che diventa un franco tiratore del modello discorsivo/spettacolare delle ideologie. Lascio agli scrupolosi, ai ricuperatori, ai pavidi delle belle arti la cura di stabilire i reticolati e gli strappi sociali di un agnostico licenzioso come Caravaggio. Qui ci rifacciamo all’elemento rivoluzionario della gnosi studiato da Hans Jones: “…si definisce con questo un atteggiamento [‘rivoluzionario’] che, alla condizioni attuali della convivenza umana, intende sostituirne altre, ugualmente oggettive, trasformando con spirito battagliero il mondo secondo un’immagine ultima in cui oggetto è nuovamente il mondo stesso e preparandosi in modo corrispondente anche realmente a tale mutamento”15. Caravaggio affronta un’odissea della coscienza che parte alla ricerca di una verità che è bellezza e giustizia e non si ferma davanti alle tombe dell’arte, ma le profana e semina quello che Étienne de la Boétie (l’amico fragile di Montaigne) aveva scritto nel suo giustamente celebre Discorso sulla servitù volontaria (un pamphlet libertario che ha circolato clandestinamente fino al 1576, anno della sua pubblicazione con il titolo Il contro uno): “siate risoluti a non servire e sarete liberi”16. A ben vedere, troviamo concetti abbastanza simili se non eguali in La guida dei perplessi di Mosé Maimonide 17, un saggio di filosofia critica delle religioni scritto nel 1190… che denudava il “conflitto d’autorità” e per questo fu accusato di eresia. Caravaggio sa che bevendo alla fonte lustrale della santa romana chiesa non si trovano che acque putride… e che la giustizia non è granché giusta ed è meglio non averci a che fare, diceva. La libertà rifiuta l’obbedienza e al fondo di ogni uomo in rivolta quella grazia naturale a colui che porta in sé l’amore… quella grazia di cui parlava Schiller, che è prerogativa esclusiva del bello… “la libertà governa dunque la bellezza. La natura ha dato la bellezza della struttura, l’anima dà la bellezza dello spirito. E ora sappiamo anche cosa dobbiamo intendere per grazia. La grazia è la bellezza della forma sotto l’influsso della libertà; la bellezza di quei fenomeni che la persona determina. La bellezza architettonica [pittorica, fotografica, cinematografica, della comunicazione mediatica…] rende onore all’autore della natura, la grazia a colui che la possiede. Quella è un talento, questa un merito personale” (Friedrich Schiller)18. Tutto vero. L’ascesi del dispendio di Caravaggio è una battaglia contro il male e l’esatto contrario delle virtù insegnate… in materia di amore e libertà tutto è permesso, anche un colpo di coltello alla gola del tiranno che impone divieti o del prete che benedice le spade insanguinate di crociati. Gli angeli ingannatori volano dove vuole il potere. Gli angeli ribelli o del non-dove, si posano nei pugni contro il cielo di chi è toccato dalla grazia. Voluptas dolendi. I gesti del Caravaggio attraversa la sregolatezza e la bellezza di Caravaggio. L’opera di Vitali nasce da un atto unico teatrale per arpa e danza19, costituisce un particolare rizoma espressivo che incrocia arti diverse (musica, danza, pittura, fotografia, cinema, recitazione) e mostra come poche volte abbiamo avuto occasione di vedere (non solo al cinema), il piacere della melanconia e la liberazione della voluttà… la melanconia che attraversa l’intero film è sottolineata dalla musica stellare dell’arpa doppia di Mara Galassi, dall’interpretazione magica, estraniante, surreale di Dada Cristina Colonna… dai costumi importanti (che negano lo spettacolare abusato) di Barbara Petrecca e siamo avvolti, si può dire, dalla bellezza poetica dell’adattamento cinematografico, la fotografia e la regia (commovente) di Francesco Vitali… l’immaginario di Caravaggio è qui espresso nella condizione più alta, quella di borderline, di ambivalenza emotiva, che è al fondo della melanconia… “La melanconia ci conduce in un luogo dove pensiero e immaginazione non possono andare oltre; ci porta nel vuoto più recondito, che è anche il limite estremo della mente” (James Hillman)20. Sono queste le terre di confine dove lavora Caravaggio… ed è qui che Vitali — conta ribadirlo — attraverso il corpo, la danza e le parole di Dada Cristina Colonna, la musica eccelsa di Mara Galassi, i costumi svelati di Barbara Petrecca e la scena unica della chiesa medievale, la basilica di San Marco a Milano… è riuscito a trasformare i corpi in “tracce caravaggesche” dove l’immagine non è simulacro (ombra della vita), ma atto immaginario dello splendore del vero. L’odore di qualcosa che è arte e al contempo vita vissuta. Vitali sa, e se non lo sa è lo stesso, che le immagini/ corpi sono i nostri angeli custodi o angeli necessari… ciò che si vede è ciò che siamo e amare sé e l’altro è un modo di conoscere. Voluptas dolendi. I gesti del Caravaggio eredita (senza timore di citarli, non proprio direttamente) autori importanti della storia del cinema che vale… non è difficile infatti individuare e apprezzare nella visione profonda del film i riferimenti a Luchino Visconti, Pier Paolo Pasolini, Andrei Tarkovskij, Peter Greenaway, Aleksandr Sokurov, Kim Ki-Duk o Derek Jarman… la varietà metaforica delle figure di Vitali riflette però infinite sfaccettature dell’anima e dell’opera di Caravaggio e forse è riuscito in un’impresa, quella di restituire alla realtà e alla storia (senza mai farne uso…) i passaggi interiori e la felicità senza la grazia della fede di Caravaggio… quando si dà più spazio all’immaginale, il grado di libertà e di bellezza aumenta. Il centro focale di Voluptas dolendi. I gesti del Caravaggio sono le increspature storiche e le differenze visuali, non la storicità o l’unità critica… i corpi, le parole, la musica, la recitazione, l’ambientazione, la nebbia, i movimenti della macchina da presa… cantano un firmamento di rossi, marroni, neri, bianchi… e cancellano la devastazione culturale e la perdita di senso di molti che si sono accostati malamente a Caravaggio… la capacità ideativa di Vitali è emissaria, portatrice di un messaggio d’amore, di libertà, si ritaglia in un’angelologia del sogno e del tempo, delle parole e dei corpi, degli sguardi e dei gesti, della musica e della pittura caravaggesca… ne consegue una psicologia archetipica (una psicologia del valore) poche volte vista così compiuta. L’archetipo, secondo gli psicologi del profondo, rimanda non tanto a qualcosa che è, quanto a un gesto che si compie. Le immagini/corpi/gesti di Vitali sono espressioni di una rêverie, di una poetica del fantasticare che conferisce all’immaginazione la bellezza del mondo sognato e restituisce l’universo poetico del pittore… a differenza di un sogno, la rêverie non si racconta. Per comunicarla bisogna scriverla, fotografarla, filmarla o viverla… la rêverie è una filosfia dello stupore (che Vitali sembra bene conoscere e amare)… “La finezza di una novità richiama alle origini, rinnova e moltiplica la gioia del meravigliarsi” (Gaston Bachelard)21 e Voluptas dolendi. I gesti del Caravaggio esalta la bellezza e ricostruisce sia lo spirito del sognatore (Caravaggio), sia il suo mondo. Lo sguardo al “femminile” di Vitali è legato a una poetica dell’anima e l’armonia androgina che ne consegue dà al suo film una musicalità misteriosa, cosmogonica, che va al di là del sapere del sognatore… si riposa così nel cuore di Caravaggio e lo schermo sembra gocciolare di acque, fiori, luci di candele, sguardi, passi di danza profumati nel fuoco di passioni incontenibili… quello di Vitali è un film senza generi… parte da un sapere che si può sognare senza limiti e si abbandona a una rêverie senza censura, diceva… il suo film non vive al ritmo del tempo o nel consumo dell’immediato, ma “costruisce una situazione poetica” che si rovescia contro l’abituale ricezione della macchina/cinema e incendia i cieli innamorati della diversità (etica ed estetica) negli universi che la rêverie immagina. L’invisibile tessuto connettivo che costituisce la spiritualità creativa di Caravaggio fuoriesce in ogni inquadratura, danza, suono, parola espressi nel vero iconoclasta dell’immagine stessa… i quadri di Caravaggio non sono ricostruiti ma interpretati e donati a nuova vita… anche se hanno già conquistato l’eternità. Le sorprendenti intuizioni di Vitali dirottano dal comune sentire del cinematografo… a ragione Dinko Fabris, in un suo acuto saggio, I gesti e i suoni del Caravaggio in un film, scrive: “…questa pellicola non è: non una trasposizione cinematografica di una pièce teatrale; non un documentario; non un film musicale e neppure un balletto. Il film (come lo spettacolo da cui deriva) non usa una sceneggiatura con un testo moderno, bensì incasella quadri come diapositive in una presentazione ed usa le citazioni di testi antichi per far risultare una ‘storia’ dall’insieme di movimenti, colori, luci, suoni e parole” 22. Tutto vero. Il film infatti è una sorta di album fotografico in movimento… racconta la solitudine, i vagabondaggi, l’ardire di un visionario dell’utopia amorosa… e tutto accade e prende forma in un solo ambiente, con un personaggio che non esce mai di scena e l’esecutrice musicale coinvolta in complesse inquadrature. Non è cosa comune né facile… nemmeno per certe pratiche dell’avanguardia… tuttavia Vitali ci riesce, e bene. La sua biografia immaginaria è di una bellezza struggente. La surrealtà figurativa che inonda lo schermo è una sorta di specchio simbolico (di un mondo) che privilegia la poesia e porta di accesso alla conoscenza dell’anima bella di Caravaggio. Voluptas dolendi. I gesti del Caravaggio entra nella pittura caravaggesca con leggiadria e la maestria edidetica di Vitali si accosta alla “disperata vitalità” (Pasolini) delle sue utopie… un’arpa, una danzatrice, una tessitura di luci, immagini, parole, gesti… attraversano i quadri di Caravaggio… la coreografia è sapiente, la danza lieve, i temi musicali (Francesco da Milano, Laurencinus Romanus, Girolamo Frescobaldi, Ascanio Mayone, Jeoronimus Kapsperger, Rinaldo Trematerra dell’Arpa, Giovanni Maria Trabaci, Anonini del sec. XVI e XVII)… s’incrociano con scritti di Giorgio Vasari, Giovanni Bagliore, Giovan Pietro Bellori, Eraclito di Efeso, Roberto Longhi, Karel Van Mander, il Cantico dei Cantici, Fabio Masetti, Giovan Battista De Luca, Giacomo Manilli, Giambattista Marino, Alof de Vignacourt, Paolo V, documenti della Con-cattedrale di San Giovanni a La Valletta, Giordano Bruno… recitati con grande sobrietà e fascino da Cristina Colonna… costruiscono un rizoma di segni, gesti, corpi, luci, ombre e vanno a comporre una sorta di pamphlet cine/fotografico che si chiude sulla morte di Caravaggio e le parole di Giambattista Marino: “Fecer crudel congiura / Michele, a’ danni tuoi Morte e Natura. / Questa restar temea / de la tua mano no ogni imani vinta, / ch’era da te creata, e non dipinta; / quella di sdegno ardea / perché con larga usura, / quante la falce sua gentil struggea, / tante il pennello tuo ne rifacea” 23. Il film di Vitali lascia stupiti… è sì un omaggio al genio di Caravaggio e all’armonia felice, naturale o eversiva della sua esistenza… tuttavia mescola anche il piacere del tragico della sua arte, raccoglie l’utopia antiautoritaria del pittore e l’incanto che riesce a trasmettere alle anime sensibili… Vitali coniuga l’essenza dell’arte e dell’azione e nella spoliazione del dispotismo di ogni tempo si accorda con il carattere egualitario (non teologico) della compassione… lavora sulla gioia e sulla sofferenza di Caravaggio e si accosta così all’umanità degli umiliati e degli offesi che non ha mai realmente visto l’ora della liberazione neppure per un minuto, diceva. Caravaggio è l’eroe tragico del suo lavoro… e come sappiamo, l’eroe tragico è uno sperimentatore, un vagabondo delle stelle o un corsaro di utopie che attraverso al sua arte, le sue gesta o le sue infrazioni modifica le forme di comunicazione della propria epoca e nel soffrire il passato dà alla trama dei propri atti creativi il sale della trasformazione del presente… non è una fuga dalla vita, è la riconoscenza di qualcosa che avanza e ancora non è… dannato dunque è chi non ha più nulla oltre se stesso e non si fa protagonista (come Caravaggio) del reincanto del mondo. Voluptas dolendi. I gesti del Caravaggio commuove, avvolge, a suo modo è perfino tagliente… si rivolge anche all’oscurità degli esclusi, degli emarginati dei perseguitati… rende visibile la barbarie della civiltà e le ragioni calpestate della verità e dell’umanità… se siamo attenti a ciò che declama l’interprete (con sublime dicitura) e seguiamo il gioco di specchi delle scene… scorgiamo la passione di Caravaggio per il dialogo, lo scambio e l’esperienza con gli altri… nelle musiche, nei gesti dell’arpista, nel cambio dei vestiti (sempre in scena) cogliamo il denudamento dei profughi, dei rifugiati, degli apolidi di tutti i tempi esposti alle tempeste della storia… “non si può amare un popolo, un’idea, ma solo i propri amici” Hannah Arendt) 24 e attivare le passioni verso la realtà, come la collera, il riso, la gioia. La voluttà, il piacere, la grazia (la grana delle cose) esprimono la sovrana libertà dell’uomo di sostituire l’obbedienza all’autorità e diffondere i valori sublimi di bellezza e verità. Film, sceneggiati televisivi, videoclip, mostre, libri, letture pubbliche… che ad ogni celebrazione occasionale “riscoprono” la grandezza pittorica di Caravaggio e dissertano sulla sua vita ribelle e dissoluta, anche… quasi mai entrano nell’universo tragico caravaggesco e solo alcune opere sono davvero degne di nota… Caravaggio di Derek Jarman (1986), Vernissage! 1607, Caravaggio di Stella Leonetti (2002), Caravaggio al tempo di Caravaggio di Dario Fo (2003), Caravaggio. L’ultimo tempo (1606-1610) di Mario Martone (2004), Voluptas dolendi. I gesti del Caravaggio di Francesco Vitali (2010)… restituiscono il libero spirito di Caravaggio e l’innocenza rinnovata dell’umanità nella sua vita e nella sua arte… il resto sono solo operazioni bassamente commerciali che non sanno distinguere le patacche di un venditore di polli (Andy Warhol) dall’opera autentica di un rivoluzionario, Michelangelo Merisi (Merisio) da Caravaggio. “L’arte vuole che quanto interessa in un quadro venga collocato nello sfondo, nell’inafferrabile, là dove si rifugia la menzogna, questo sogno colto sul fatto, unico amore degli uomini” (Louis- Ferdinand Céline)25, diceva. In fondo, critica, mercante e artista vanno ogni mattina al mercato della menzogna e tutte le schifezze dell’arte del mercimonio sono depositate nell’oblio dei musei, delle gallerie, nelle collezioni private o nei sotterranei delle banche… i veri maestri non hanno bisogno di essere compresi né smerciati… perché loro e solo loro hanno le chiavi del cielo e della terra. Il mondo dei cortigiani impera. La scuola dei cadaveri non ha mai fine. Cristo ha cessato di essere la Parola il giorno che è stato inchiodato sulla croce, o viceversa. Le scemenze sono tutte uguali nell’arte come nei discorsi della politica istituzionale o nei sermoni sanguinari delle chiese monoteiste. Vivere, per gli uomini liberi, è una strada pericolosa. La libertà di Caravaggio, nell’arte come nella vita, è stata quella di aver preso i propri sogni per la realtà. Diffidato dei portatori di verità e combattuto (con ogni mezzo) ogni forma di idolatria. L’utopia libertaria di Caravaggio è una rottura radicale del sacro e del profano… lontano da tutte le correnti e all’incrocio di tutti i destini… i passaggi, le derive, gli spaesamenti (non solo estetici) di Caravaggio rifiutano qualsiasi autorità come potere costituito… la sua contro-morale o filosofia del bello è una marcia eretta verso la libertà ed eleva l’arte a rivolta superiore dello spirito, in opposizione a un sistema di dominazione sociale che schiaccia, soffoca o uccide gli uomini del dissidio. In questo senso, l’immaginario poetico di Caravaggio contiene il gesto morale di rovesciare i potenti, spezzare l’arroganza dei tiranni e cancellare le forche dell’umanità torturata… per piangere e gioire della comunità che viene.
Piombino, dal vicolo dei gatti in amore, 2 volte luglio 2010 24
1 Questo scritto è stato redatto in occasione dell’introduzione alla visione del film Voluptas dolendi. I gesti del Caravaggio (The Gestures of Caravaggio) di Francesco Vitali, nel ricordo di Caravaggio (1571-1610), organizzato da “Culturae in Forte”, II edizione, Monte Argentario, 19-24 luglio 2010, Porto Santo Stefano (23 luglio 2010).
2 Pino Bertelli, Elogio della diversità e sabotaggio della civiltà dello spettacolo, Traccedizioni, 1993
3 Michel Onfray, La scultura di sé. Per una morale estetica, Fazi Editore, 2007
4 Friedrich W. Nietzsche, La genealogia della morale, a cura di Giorgio Colli e Mazzino Montinari, Adelphi, 1968
5 Pier Paolo Pasolini, Saggi sulla letteratura e sull’arte, Tomo secondo, a cura di Walter Siti e Silvia De Laude, Mondadori, 1999
6 Roberto Longhi, Breve ma veridica storia della pittura italiana, Bur, 20
7 Charles Fourier, Il nuovo mondo amoroso, Franco Maria Ricci, Parma 1971, 2 voll. Qui Fourier lavora per il raggiungimento di una società in utopia dove l’ordine è transitorio e il ruolo degli uomini e delle donne è egualitario… la contro-morale filosofica di Fourier si incontra con la contro-morale etica di Caravaggio e le passioni scatenate di questi poeti dell’immaginario c’insegnano a ben vivere come a ben morire
8 Ernst H. Gombrich, La storia dell’arte, Phaidon, 2002
9 Guy Debord, Panegirico, Castelvecchi, 1996
10 Vedi, http://it.wikipedia.org/wiki/Michelangelo_Merisi_da_Caravaggio
11 Luigi Zoja, Giustizia e Bellezza, Bollati Boringhieri, 2007
12 Anonimo, Del sublime, Istituto Editoriale Italiano, Senza data di stampa
13 Michel de Montagne, Il piacere e la virtù, Red Edizioni, 1996
14 Albert Camus, L’uomo in rivolta, Bompiani, 2002. Qui Camus scrive: “La rivolta metafisica è il movimento per il quale un uomo si erge contro la propria condizione e contro l’intera creazione.
È metafisica perché contesta i fini dell’uomo e della creazione. Lo schiavo protesta contro la condizione che gli viene fatta all’interno del suo stato: l’insorto metafisico contro la condizione che gli viene fatta in quanto uomo. Lo schiavo ribelle afferma che c’è qualche cosa in lui che non accetta il modo in cui lo tratta il suo signore; l’insorto metafisico si dichiara frustrato dalla creazione. Sia per l’uno che per l’altro, non si tratta soltanto di una pura e semplice negazione. In ambedue i casi, troviamo infatti un giudizio di valore in nome del quale l’insorto rifiuta la sua approvazione alla condizione che gli è propria”.
È metafisica perché contesta i fini dell’uomo e della creazione. Lo schiavo protesta contro la condizione che gli viene fatta all’interno del suo stato: l’insorto metafisico contro la condizione che gli viene fatta in quanto uomo. Lo schiavo ribelle afferma che c’è qualche cosa in lui che non accetta il modo in cui lo tratta il suo signore; l’insorto metafisico si dichiara frustrato dalla creazione. Sia per l’uno che per l’altro, non si tratta soltanto di una pura e semplice negazione. In ambedue i casi, troviamo infatti un giudizio di valore in nome del quale l’insorto rifiuta la sua approvazione alla condizione che gli è propria”.
15 Han Jonas, Gnosi e spirito tardoromantico, Bompiani, 2010
16 Étienne de la Boétie, Discorso sulla servitù volontaria, La Vita Felice, 2007. Qui de la Boétie scrive: «E’ davvero sorprendente, e tuttavia così comune che c’è più da dispiacersi che da stupirsi nel vedere milioni e milioni di uomini servire miserevolmente, col collo sotto il giogo, non costretti da una forza più grande, ma perché sembra siano ammaliati e affascinati dal nome solo di uno, di cui non dovrebbero temere la potenza, visto che è solo, né amare le qualità, visto che nei loro confronti è inumano e selvaggio. […]»
«Questo tiranno solo, non c’è bisogno di combatterlo, non occorre sconfiggerlo, è di per sé già sconfitto, basta che il paese non acconsenta alla propria schiavitù. Non bisogna togliergli niente, ma non concedergli nulla.».
«Colui che tanto vi domina non ha che due occhi, due mani, un corpo, non ha niente di più dell’uomo meno importante dell’immenso ed infinito numero delle nostre città, se non la superiorità che gli attribuite per distruggervi.».
«Vi sono tre tipi di tiranni: gli uni ottengono il regno attraverso l’elezione del popolo, gli altri con la forza delle armi, e gli altri ancora per successione ereditaria.».
«Gli imperatori romani non dimenticarono neanche di assumere di solito il titolo di tribuno del popolo… Oggi non fanno molto meglio quelli che compiono ogni genere di malefatta, anche importante, facendola precedere da qualche grazioso discorso sul bene pubblico e sull’utilità comune.».
«Questo tiranno solo, non c’è bisogno di combatterlo, non occorre sconfiggerlo, è di per sé già sconfitto, basta che il paese non acconsenta alla propria schiavitù. Non bisogna togliergli niente, ma non concedergli nulla.».
«Colui che tanto vi domina non ha che due occhi, due mani, un corpo, non ha niente di più dell’uomo meno importante dell’immenso ed infinito numero delle nostre città, se non la superiorità che gli attribuite per distruggervi.».
«Vi sono tre tipi di tiranni: gli uni ottengono il regno attraverso l’elezione del popolo, gli altri con la forza delle armi, e gli altri ancora per successione ereditaria.».
«Gli imperatori romani non dimenticarono neanche di assumere di solito il titolo di tribuno del popolo… Oggi non fanno molto meglio quelli che compiono ogni genere di malefatta, anche importante, facendola precedere da qualche grazioso discorso sul bene pubblico e sull’utilità comune.».
17 Mosé Maimonide, La guida dei perplessi, UTET, 2003
18 Frierich Schiller, Grazia e dignità, SE, 2010
19 Si tratta di un atto unico teatrale per arpa e danza realizzato nel 2002 per l’ottavo ciclo di concerti della Fondazione Marco Fodella, andato in scena a Milano e replicato con successo in altre città italiane.
20 James Hillman, Fuochi blu, Adelphi, 1989
21 Gaston Bachelard, La poetica della rêverie, Edizioni Dedalo, 2008
22 Dinko Fabris, in, Voluptas dolendi. I gesti del Caravaggio, Fondazione Marco Fodella, 2010
23 Voluptas dolendi. I gesti del Caravaggio, Dada Cristina Colonna (danza, recitazione), Mara galassi (arpa doppia), Francesco Vitali ( adattamento cinematografico, fotografia, regia), Fondazione Fodella, 2010
24 Hannah Arendt, L’umanità in tempi bui, Raffaello Cortina Editore, 2006
25 Louis-Ferdinand Céline. Maledetto Céline. Un manuale del caos, Stampa Alternativa, 2010