La cultura della Rete pretende sudditi fedeli (come ogni forma di comunicazione mediale nella civiltà dello spettacolo) e l’incatena al video con film, serie-tv e altri prodotti-effetti speciali destinati alla domesticazione collettiva… il linguaggio-Netflix è un fenomeno mostruoso quanto i campi di concentramento… ed ha un ruolo considerevole nell’avvento e nella conservazione dei rituali divinatori della macchina/capitale! Ciò che ri/produce è imitazione, fac-simile, apparenza… di un gioco al consenso infausto, demagogico e d’immediato consumo! come il pop-corn!… è il caso di una brutta serie-tv belga, I dodici giurati, un legal-thriller (come dicono) che è difficile terminare di vedere… è più noioso dell’orario dei treni e non c’è niente di più ridicolo di voler essere pedanti per sembrare intelligenti!
La scheda (dalle veline della cartellina-stampa, rimaneggiate alla meglio): « Prodotto in Belgio e distribuito da Netflix, I dodici giurati è un legal thriller incentrato sul processo ad una donna accusata di un duplice omicidio. La serie riserva molto spazio – come da titolo – alle vicende di alcuni giurati cercando di raccontare uno spaccato significativo delle loro vite con risultati altalenanti. Iniziamo a parlare di quelli che sono gli aspetti positivi e di tutto ciò che ha da offrire di buono questa serie. Innanzitutto bisogna dire che l’idea di base su cui poggia l’intera trama è molto interessante e altrettanto ben sviluppata. Il caso trattato in tribunale viene sviscerato passo per passo fino alla soluzione finale in modo tale da indurre costantemente per tutta la durata dei 10 episodi dubbi e incertezze circa la colpevolezza dell’imputata. Come giallo funziona alla grande e su questo non ci sono dubbi ». Boh? Non ci è stato possibile arrivare in fondo a nessuna puntata! Ne prendiamo atto! Ma il cinema è altrove.
L’impianto discorsivo de I dodici giurati l’abbiamo capito comunque… tutto si gioca sul colpo di scena, il mescolamento delle parti… per mantenere alta la curiosità (?!), certo… lo scontro tra difesa e accusa s’intensifica puntata dopo puntata e le storie personali dei giurati s’ingoiano l’assunto di fondo… gli indizi, le testimonianze, le analisi del delitto portano alla condanna o all’assoluzione? La mediocrità impera e la psicologia dei personaggi è già bella e scodellata, insaccata e marchiata come la merce nei centri commerciali! Importante è girovagare nel disordine sessuale dell’accusata! Il delitto c’entra poco… le virtù dei giurati, meno!… il divieto infranto vuole colpevoli, salvati o santi, senza esclusione di colpi! i pretesti barcollano ma disperdono ovunque risposte definitive, anche quelle false!
La sceneggiatura di Bert Van Dael e Sanne Nuyens è una ricopiatura, nemmeno forbita, di film già visti… conoscono poco gli incastri emotivi del cinema americano e il regista allunga il brodo con sequenze così fatturate che fanno rimpiangere perfino la stupidità manifesta della saga di Rambo. I registi sono sovente intercambiabili nelle serie-tv ad ogni episodio ma non si avverte nemmeno se vanno a pescare… le quattro macchine digitali riprendono tutto (o poco meno) in diretta, poi la post-produzione mette tutto a posto! L’arrosto è servito! Un po’ congelato ma va bene ugualmente a tutti! Gli attori (Maaike Cafmeyer, Josse De Pauw, Maaike Neuville, Charlotte De Bruyne, Johan Heldenbergh…) sembrano uscire da una filodrammatica parrocchiale… la fotografia, il montaggio, la musica e l’assemblaggio generale trabocca nell’insignificanza… così tanto che fa pensare alla solitudine dei cimiteri in fiore! ma com’è possibile tanta fumisteria?… qui c’è bisogno di una clinica, ci siamo detti?… nemmeno il commissario Moltalbano è così prolisso da farci ingoiare tonnellate di patatine fritte! il fegato ne risente, come il cervello!… meglio spengere il televisore e aprire un libro… dal mucchio ci è apparso Come diventare un manager di Amazon… che cazzo! come ci è capitato qui ‘sta roba? dev’essere uno scherzo dei servizi segreti sulla panna montata? a uno animo sensibile alle foglie, al frullo del passero e al ritorno delle lucciole a Maggio, potrebbe anche venire un colpo! Via… nella pattumiera… non vorrei mai appassionarmi a una carriera inadatta a spiriti delicati, anche abbastanza liberi da ridere di se stessi!
La serie-Netflix I dodici giurati è incentrata, come si è detto, sul “processo del secolo”… qui Frie Palmers, donna introspettiva, fragile, quanto indifesa… è accusata d’aver ucciso la migliore amica, l’ex amante del suo compagno Stefaan De Munk e la loro figlioletta di appena due anni Rose (le taglia la gola con un pezzo di vetro). Critici, storici, giornalisti s’affannano ad annunciare I dodici giurati come remake di La parola ai giurati (1957), primo film di Sidney Lumet, robusto artigiano di Hollywood… ma il film di Lumet non c’è… nella serie l’ambientazione si sviluppa come una conferenza stampa o una cronaca da telegiornale, in La parola ai giurati il set è unico e si ha una crescente tensione emotiva che sfocia nella sapienza architetturale di primi piani, angolazioni basse e profondità di campo… la macchina da presa “scrive”… è parte della struttura narrativa e lo sguardo del regista diventa testimone di comportamenti, dubbi, sensazioni che hanno a che fare con la verità quanto con la menzogna politica o l’incomprensione teologica. Henry Fonda, Martin Balsam, Lee J. Cobb, E.G. Marshall, Jack Warden o Robert Webber sono giganti nell’interpretazione dei giurati e non c’entrano nulla con le faccette da campagnoli in gita di I dodici giurati… tutto accade nelle plumbee Fiandre… ci sono imprenditori, ereditiere, custodi di zoo, paranoici, autistici, ufficiali giudiziari… che si qualificano come “irreprensibili”… il “fatto di sangue” si decolora in farsa… imputati, avvocati, giudici, testimoni, poliziotti, giornalisti, parti civili, vittime, carnefici… passano in sfilata sul video come sepolcri imbiancati (falsi, ipocriti, perversi, riprovevoli…), ma da operetta!… abbozzi di umanità.
Va detto. La società è il delitto! non il complesso di Edipo (un’invenzione per facoltosi aspiranti del lettino a pagamento)!… e il popolo? Nada! a quello lì della bella borghesia viennese, col sigaro in bocca e il capo piccino… che disincagliava sogni, padri e figli nel frantoio della sessualità inscatolata… non interessava punto ascoltare disoccupati, operai, prostitute… nemmeno scassinatori… eppure questi avevano pur qualcosa da dire in fatto di aprire serrature! le dissertazioni benevole con i nazisti gli hanno precluso il Nobel… poi costretto alla fuga ha capito che non era lui a portare la peste (come aveva detto), ma le dittature… in tempi moderni i regimi sono più affilati!… reprimono con forza, ma con un certo gusto per l’oblìo… le carneficine sono le medesime, ma sono commesse in periferia… i media diventano la preghiera quotidiana delle folle e a che pro indignarsi per la pioggia di bombe che cadono su popolazioni inermi, quando basta una bella tv 49 pollici con schermo curvo, per elaborare il lutto! Domani è sempre un altro giorno e non va via col vento, ma col sangue della prossima guerra spettacolarizzata.
La serie originale-Netflix I dodici giurati non è per nulla originale, una cosetta da scemi!… un dispositivo che esprime giudizi morali su qualcuno o su qualcosa per ergersi a censore del non-vissuto ordinario… del resto come si fa a sanzionare un crimine se non con un attentato all’ipocrisia? La verità (come la giustizia) non sta mai dalla parte dei poveri! Le mafie delle avvocature ci stanno apposta! I ricchi risultano difficilmente colpevoli! perché sono un destino. Il rimpianto è che qualche volta le cattive ragioni li hanno processati o impiccati ai pubblici orologi, ma poi la gente dimentica! preferisce evitare l’eresia della verità in cambio di un posto in società! Il mestiere si sostituisce sempre al reale e l’inconcepibile è che spesso si cade così in basso da finire in un libro, un film o una serie-tv come I dodici giurati.
Soltanto i sognatori sono amari… e un autore che si rispetti teme il successo più della lebbra! per un’ora di cinema di poesia (Pier Paolo Pasolini) darei l’intera opera di Gabriele D’Annunzio, anche il suo pugnale e la camicia nera! Avere un certo stile non è un’ossessione né una confessione alla polizia, è la sostanza, il contenuto, la forma di un dissidio culturale, politico, una resistenza al presente che uccide la grammatica predominante e creare legami più profondi tra esseri umani. Ecco perché ci troviamo bene solo in compagnia d’illetterati colti! perché la fiamma d’amore di san Giovanni della Croce è più vera, quanto umoristica, di qualsiasi certezza legiferata! L’unica soluzione è l’esplosione delle passioni struccate, che sono più pericolose delle ricette sui bambini in fricassea serviti alla tavola dei giusti! — Una modesta proposta per evitare che i figli dei poveri siano di peso ai loro genitori e al paese per renderli utili alla società —, scriveva il pastore anglicano irlandese, Jonathan Swift (quello de I viaggi di Gulliver,1726) in un libretto di un qualche valore (da incappare nelle maglie censorie della pubblica morale)! Diffidare delle giurie come dei cavalli azzoppati, specie se ne fanno parte individui venuti su dalla fame! Stanno dalla parte del plotone di esecuzione, sempre!… è la voluttà dionisiaca che aiuta a incamminarsi verso un vita dell’amore armonioso! e lì non ci sono peccati né peccatori, né giurati né accusati, né vittime né carnefici!… poiché solo l’amore dell’uomo per l’uomo apre un’era propizia per l’innocenza del divenire.