Naviga per Categoria

Chiara Ferragni – Unposted (2019), di Elisa Amoruso

Inserito da serrilux

Chiara Ferragni – Unposted (2019), di Elisa Amoruso

“…gli imbecilli infatti sono sempre aggiornati, alla moda, e apprezzano moltissimo le novità.
Essendo incapaci di immaginare alternative all’attualità e alla visione dominante al momento,
la considerano sempre espressione del migliore dei mondi possibili, ma solo fino a quando
una nuova versione non sia inventata e disvelata alle masse da uno dei profeti moderni,
meglio noti col titolo di testimonial…”.
Piero Paolicchi

Il cinema è la puttana santa dell’immaginario spettacolarizzato che maschera nullità e insignificanze col pretesto dell’arte… spinge a una conoscenza del reale malsana e pericolosa (levati, naturalmente, alcuni randagi del cinema fuori mercato che fanno storia a sé). Porca puttana! Canaccio d’un boia ladro! Cazzo di un dio impalato contro il cielo degli ipocriti! Ma è possibile mettere tanta imbecillità in un “film” come Chiara Ferragni – Unposted… diretto da Elisa Amoruso e smerciato con disinvoltura alla Mostra del cinema di Venezia 76?… l’agiografia della influencer più patinata del Paese dei voltagabbana di professione, è di quelle olezzanti di mendicità… influencer di che? di che cosa? di preservativi? griffe della moda? pentole di chef che fanno pubblicità alle patatine fritte? influencer di turbe di internauti che sperano di trovare nella Rete la risposta ad un’ignoranza o sudditanza dello spettacolare? dei fanatici o dei velleitari che non hanno nemmeno il coraggio di uccidersi per aggiudicarsi un trafiletto sulla stampa o un commento al telegiornale della sera?… gli illusi si adeguano alla storia, la storia, senza un filo di regalità, li disfa.

Va detto. — Chiara Ferragni, lei e suo marito, Fedez, quello che canta “Comunisti col Rolex” insieme ad un altro scimunito, J-Ax , che nemmeno sa parlare… siete espressione dell’uniformità culturale della civiltà dello spettacolo che non danneggia solo i vostri cervelli (il che non è poi così male), ma soprattutto cerca d’impedire il libero sviluppo dell’individuo… cara Ferragni il suo maggiore talento l’ha espresso nella “creatività” dello shampoo e lì deve restare… ha trovato il suo posto, ben pagato, certo… del resto solo gli stupidi hanno diritto all’incoscienza! è la prerogativa anche degli incapaci che fanno dell’“arte” l’inginocchiatoio della vita mediale… Chiara Ferragni, quando un cane si mette a leccare la mano (o il culo) del padrone, migliaia di cani (o di culi) ne fanno una realtà… ecco perché la vanità è diventata (o è sempre stata) l’appannaggio dei tarati.

La regista di Chiara Ferragni – Unposted, Elisa Amoruso, aveva già fatto parlare di sé con alcune cosette piuttosto confuse (Fuoristrada, Strane straniere, Bellissime e annunciato altre confetture come Maledetta primavera)… lasciamo stare i librucci Vorrei che fosse amore o Buongiorno amore, roba da inculturazione generalizzata che potrebbe avere conseguenze tremende perfino sui lobotizzati della letteratura dozzinale… tanto da far credere a tutti che il consenso e il successo non siano spesso opera d’imbecilli che veleggiano tra il ridicolo e l’inopportuno… la giovinetta, dicevamo, è riuscita ad architettare un video sulla vita (?!) di questa furbetta dell’intrattenimento a dir poco idiota… ogni immagine è un’immagine di troppo, ogni parola una scemenza che nemmeno in politica si riesce ad ascoltare… nessuno le ha insegnato che la macchina da presa è uno strumento di verità e sapere dove collocarla è sempre un atto morale?, diceva Roberto Rossellini… il suo film non è solo la fisionomia di un fallimento, è la deificazione di una demenza accettata, ufficiale, che si configura su un volto di donna, su una storia (che non c’è) e riproduce il cattivo gusto della società omologata… il sistema di speranze è il guardiano di questo gusto seduttivo che contribuisce a mantenere ciò che è istituito.

La stupidità non è mai stata così prossima al suicidio.

Elogio della stupidità o Chiara Ferragni – Unposted… qui c’è di tutto o, a ben vedere, non c’è proprio nulla… oltre alla sovraesposizione di santa Chiara da Instagram, tutta sorrisi, sguardi e mossette che veleggia tar la mondanità e la mistificazione, sembra vagare nei portali dell’insignificanza come una puttana in un mondo senza marciapiedi (Cioran, annotava). Ci sono anche i fatturati delle due società che ha fondato, la numerologia raggiunta in Rete, le scenette private… una sfilata di personaggi da Vanity Fair… la storia d’amore con Fedez, la nascita del loro bambino Leone… Fedez che pontifica cazzate seduto in mezzo a una stanza alla maniera dei regnanti… figurano l’ineleganza dell’architettura filmica alla mercé di banalità (anche grottesche) che la superano… i ricchi e famosi si possono quasi toccare e qualcuno, in salsa da seriologo, dice: “Con la Ferragni non c’è più differenza tra spettatore e spettacolo… lui è il suo mezzo”! Roba da rabbrividire… questo coglione sembra non sapere che “lo spettacolo, compreso nella sua totalità, è nello stesso tempo, il risultato e il progetto del modo di produzione esistente. Non è un supplemento del mondo reale, la sua decorazione sovrapposta. È il cuore dell’irrealismo della società reale” (Guy Debord). I proscritti dello spettacolare non sono altro che sfumature all’interno di una mafia economica (collegata alla politica elettorale) — arricchita e addestrata — allo sviluppo di modelli di sfruttamento del lavoro che formano il tallone di ferro dello spettacolo.

All’interno dell’autocelebrazione della divetta — che interpreta uno stile di vita e il pensiero di un’epoca che sarà stata tutto, tranne che intelligente —… i supplementi di esagerazione e l’ossessione per la propria crocifissione nei santuari del mercato, porta Chiara Ferragni a dire di sé (in terza persona): “Ho un’idea nella testa della persona che vorrei essere sempre di più, la Chiara che vorrei… Ma non c’è distacco con la influencer che vedete sui social in cui mi sono sempre mostrata per quella che sono: la naturalezza è stata proprio la chiave del mio successo. Oggi sono fiera di essere quella che sono e una brava persona… L’offline per me dura al massimo una giornata, non sento bisogno di prendermi un anno né di eclissarmi: mi cibo dell’energia dei miei follower anche nei momenti più difficili ”. Non sappiamo se ridere a crepapelle o vomitare! è certo che il nostro tempo preferisce l’immagine alla cosa, la copia all’originale, la rappresentazione alla realtà, l’apparenza all’essere (Feuerbach, ancora)… quando il lusso dell’imbecillità sarà negato dai disertori dell’innocenza o dai ribelli del colpo di mano… il disormeggio di questa manica di cretini/marionette finirà come deve finire, nella pattumiera della Storia.

Chiara Ferragni – Unposted rappresenta un vuoto etico che sfocia in una psicopatologia della vita quotidiana, tutta fatta di slogan o spot pubblicitari, ripetuta ossessivamente fino all’impostura subordinata agli imperativi del profitto… le passeggiate al mare della Ferragni, il dietro le quinte della sua vita pubblica, affermazioni del tipo — “Chiara Ferragni è la figlia adottiva di Marina Abramovic e del Grande Fratello” (?!) — disvelano una ritualità sacerdotale di finzioni e di dogmi… i luoghi comuni del qualunquismo confidenziale, gli sfarzi del suo matrimonio architettato per riviste e televisioni, la commedia ruffiana, radical-chic da social- network del tutto insensata… sono degradati a fenomeni imitativi che riflettono l’incurabile ottimismo dei vinti.

L’uso costante di un linguaggio permeato di adulazioni da squilibrati mentali, legifera l’impietosità dell’evidenza: “Gli influencer non sono cartelloni pubblicitari, è un lavoro in cui la selezione dei brand con cui lavorare è di vitale importanza”(Chiara Ferragni). Di “vitale importanza”? per chi? per i migranti che affogano nel Mediterraneo, in fuga dalle bombe dei governi e delle multinazionali del crimine?… tutta gente che vende automobili, vestiti, giocattoli, giornali, televisioni, film, fucili… e gestisce la Rete dove chiunque parla il linguaggio dello spettacolo, senza sapere mai che l’illusione genera e sostiene una cosca di arricchiti: e non la si distrugge senza distruggere la fonte dell’illusione.

I filmini di famiglia girati dalla madre (troppi) aprono la prima parte di Chiara Ferragni – Unposted… l’intento della regista e della Ferragni è quello di ammorbidire subito il cuore degli spettatori… cose vacanziere, anche raffazzonate… poi tocca all’edificazione del mito… la piccola Chiara è ormai adulta… ha sempre il cellulare in mano e fotografa anche il culo dei passeri… l’influencer di Instagram sa come giocare alla star… sorriso impeccabile, capelli al vento, falsa modestia, sguardi ammiccanti, sicurezza verbale che sembra uscita da una cartellina pubblicitaria… il video è architettato in sequenze spezzate, la più lunga forse non supera i dieci secondi… le inquadrature, la fotografia, il montaggio confezionano un’atmosfera-fashion estetizzante che respinge ogni possibile poetica del vero, tantomeno del giusto o del bello… il limite tra ingenuità e imbecillità non sembra avere confini… il fermo immagine sul viso della Ferragni vorrebbe forse rimandare alla sequenza finale (magistrale) di I 400 colpi di François Truffaut… ma la Ferragni è solo il riflesso indecente di Antoine Doinel (Jean-Pierre Léaud)… essere compresi è una vera sfortuna per i parassiti del preziosismo. Non appena si esce dalla visione di Chiara Ferragni – Unposted, alla vista di produttori, critici, spettatori… la prima parola che viene in mente è (alla maniera di Nietzsche) filosofare col martello… la vera eleganza consiste nell’arte di cogliere il carattere dello stupore, la mimica dell’ambizioso è l’apogeo della mediocrità.

I mediocrati sono il nuovo clero dell’alienazione linguistica, lo sradicamento di ogni verità privata del suo valore… il vero è divenuto ormai un momento del falso e lo spettacolo legittima se stesso attraverso lo spettacolo… la simulazione davanti alle telecamere invera il genocidio delle intelligenze e legittima i codici dei nuovi regimi: “« Il diventar immagine» del capitale non è che l’ultima metamorfosi della merce, in cui il valore d’uso e, dopo aver falsificato l’intera produzione sociale, può ormai accedere a uno statuto di sovranità assoluta e irresponsabile sull’intera vita” (Giorgio Agamben). La colonizzazione spettacolare della cultura, dell’arte, della vita quotidiana è l’apologia dell’ordine esistente che ha trasformato in maniera delinquenziale la percezione dell’immaginario… là soltanto dove gli uomini sono direttamente interessati alla trasformazione della propria esistenza e si emancipano sui franamenti della verità capovolta… possono debuttare — costruzioni di situazioni del dissidio — e dare inizio allo smantellamento o alla dissoluzione della storia universale dell’infamia.

Piombino, dal vicolo dei gatti in amore, 16 volte settembre 2019

 

Manifesto per una fotografia dei diritti umani resistenza sociale, disobbedienza civile e poetica dell’immagine

Manifesto diritti umani