di Michel Onfray, Fazi, 2006, 9 euro
Il Trattato di ateologia di Michel Onfray è una sorta di breviario abrasivo contro il perbenismo delle religioni monoteiste e contro le violenze dei padri delle chiese verso coloro che hanno negato l’esistenza di Dio, l’immortalità dell’anima e la «menzogna del libero arbitrio». Onfray mutua il concetto di «ateologia» dalla filosofia della pura felicità o del sistema compiuto del non sapere di Georges Bataille, e scrive: «L’ateismo non è una terapia, ma una salute mentale», e ancora «l’ateo non è l’individuo che svuota il cielo, ma colui che lo popola con le proprie creature». Quindi passa in rassegna la teologia dei feticci, la spettrografia del nichilismo, le tirannie dei monoteismi, l’antisemitismo cristiano e, scorrendo letture di filosofi, poeti, eretici e partigiani del libero esame, elabora una riqualificazione dell’individuo oltre il pensiero del magico e delle favole. La vita terrena è il nostro unico bene, dice, il benessere e l’emancipazione delle donne e degli uomini si può raggiungere soltanto attraverso una «decristianizzazione radicale della società». Onfray liquida così i luoghi comuni che vogliono il filosofo, lo storico o l’apologeta delle sacre scritture, complici del culto di niente della passione del nulla. Congeda il tempo della genuflessione, indica quindi il tempo della ribellione. Non a caso, dedica il suo lavoro a un filosofo situazionista, Raoul Vaneigem, autore di uno del Trattato del saper vivere ad uso delle giovani generazioni, ne riprende le invettive e le considerazioni ereticali per dire che: «Non si ha più l’età del cuore o della pelle, ma l’età di ciò che si acquista».
Luglio, 2006