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Storia di un uomo d’azione (2022) di Javier Ruiz Caldera

Inserito da serrilux

Storia di un uomo d’azione (2022) di Javier Ruiz Caldera

a Franco Leggio,
amico e maestro in anarchia, che ha combattuto la dittatura franchista.

“Rapinare una banca è un crimine, ma fondarne una è un crimine più grande!”.
Bertolt Brecht

Il fascino indiscreto dell’anarchia sembra aver ispirato Javier Ruiz Caldera a fare un film su una figura centrale dell’anarchismo internazionale, Lucio Urtubia Jiménez, di professione muratore, abile falsificatore di dollari e traveler’s cheques, propugnatore dell’azione diretta contro il franchismo e i regimi totalitari. Arruolato nel servizio militare obbligatorio, il giovane Urtubia, insieme a dei compagni, saccheggia un magazzino della loro compagnia, diserta e

si rifugia a Parigi. Fa il muratore di giorno e falsario di notte. Con le rapine in banca e poi falsificazioni di assegni, Urtubia non vuole arricchire se stesso ma aiutare i movimenti rivoluzionari, i fuoriusciti politici, le famiglie dei carcerati anarchici e rubare ai ladri del sistema bancario, anche con le armi.

A Parigi il muratore si fa anarchico quando capisce che chi combatte ogni forma di autoritarismo è anarchico! Conosce Andrè Breton, Albert Camus e Francisco Sabaté Llopart (Quico), un combattente della Rivoluzione di Spagna del ’36 e guerrigliero contro la dittatura di Franco… è in clandestinità… Urtubia lo nasconde nella sua abitazione per diverso tempo… diventa il suo mentore e insieme mettono a punto diverse rapine alle banche… la maggior parte del bottino sarà destinata al movimento anarchico.

Il 30 dicembre 1959, Quico Sabaté, Antonio Miracolo Guitart, Rogelio Madrigal, Conesa Francisco Alcaraz, Martin Ruiz Montoya passano clandestinamente il confine francese… il 4 gennaio 1960, la Guardia Civil li circonda in una fattoria di Sarría de Ter (Catalogna) e ammazzano i quattro compagni di Quico che, benché ferito, riesce a fuggire. Il giorno seguente, a San Celoni, Quico Sabaté viene ucciso in uno scontro a fuoco con i fascisti del “Somaten”, una banda al servizio degli sgherri di Franco. In eredità Quico Sabaté non lascia denari né palazzi, ma il mitra Thompson, una Colt calibro 45 e il suo binocolo… ha volte nella storia anche con certi strumenti si possono fare dei capolavori, diceva Benjamin Péret, un poeta sulle barricate della Spagna rivoluzionaria a difesa della libertà.

Il 20 dicembre 1973, quando la macchina del Capo del Governo franchista, Carrero Blanco, viene scaraventata a un’altezza di trenta metri da un’ingente carica di esplosivo, raggiunge il tetto di un altro palazzo di cinque piani per poi atterrare su una terrazza all’interno di un cortile… molti spagnoli piansero per le ortensie spazzate via dall’esplosione! L’attentato, il cui nome in codice era “Operacíon Ogro”, fu rivendicato dall’organizzazione indipendentista basca ETA e vennero incarcerati diversi separatisti baschi… i fatti non furono mai del tutto chiariti e gli imputati beneficiarono dell’amnistia del 1977. Non c’è conoscenza o verità che non sia quella di spiriti liberi che inceppano le volgarità della storia.

Dopo l’uccisione di Quico Sabaté, Urtubia intensifica le azioni contro il sistema capitalista e subisce cinque mandati di perquisizione (incluso uno della CIA)… fornisce documenti falsi a guerriglieri, profughi ed esiliati, intraprende una serie di rapine in tutta Europa per raccogliere fondi destinati ai movimenti rivoluzionari e finanziare gruppi anarchici in tutto il mon-

do. Incontra Che Guevara, allora direttore della Banca Nazionale di Cuba (1962) e gli espone di falsificare i dollari su larga scala per destabilizzare l’economia americana (cosa che faranno gli Stati Uniti contro gli stati colonizzati e quelli canaglia). Il Che rifiutò e in un gabinetto pubblico dice all’anarchico: “Una pulce non può sconfiggere un elefante”. Non sappiamo se è solo una trovata di sceneggiatura? Sappiamo che s’incontrarono ma non ne uscì nulla. Urtubia, qualche tempo dopo, dà inizio alla sua più importante azione sovversiva: la contraffazione degli assegni di viaggio (traveller’s cheque ) della più grande banca statunitense, la First National City Bank. Dalla metà degli anni ’70 fino agli anni ’80 riesce a falsificare assegni per più di venti milioni di dollari, senza tenere nemmeno un dollaro per sé, servivano per aiutare i combattenti antifranchisti, movimenti di guerriglia in America Latina (Tupamaros, Montoneros…) e in Europa.

In queste annotazioni su Artubia — sottratte da Anarcopedia —, ricordiamo la sua partecipazione al rapimento della nazista Klaus Barbie in Bolivia, la collaborazione alla fuga del leader delle Pantere Nere, l’intercessione nel rapimento di Javier Rupérez e la collaborazione nella fuga dal carcere di Albert Boadella, in attesa di processo per aver ingiuriato l’esercito spagnolo. Urtubia ha anche simpatizzato con il Movimento Iberico di Liberazione-Gruppo Autonomo di Combattimento (Grupos Autónomos de Combate-Movimiento Ibérico de Liberación) e con i successivi Gruppi di azione rivoluzionaria internazionalista (GARI, Grupos de Acción Revolucionaria Internacionalista). Quando non si è a corto di utopie si tirano fuori i pugni chiusi dalle tasche!

Urtubia viene tradito, perseguitato e riconosciuto colpevole del reato di falsificazione e condannato a sei mesi di reclusione. La sentenza era stata emessa dopo aver raggiunto un accordo stragiudiziale con la banca, che aveva accettato di far cadere buona parte delle accuse in cambio delle lastre impiegate nella stampa degli assegni falsi. A leggere il libro di Bernard Thomas, Lucio Urtubia. L’anarchico irriducibile (Brepress, 2012), e in filigrana l’articolo di Gianluigi Colin, Urtubia, falsario per l’anarchia (Corriere della Sera, 20 luglio 2020), si comprende che il “Buon bandito” o la “Volpe basca” o il “Robin Hood dei poveri”, come lo titolavano i giornali, ha contribuito alla diffusione delle idee anarchiche fino alla sua morte, Parigi, 18 luglio 2020.

Storia di un uomo d’azione racconta in sintesi la vita del rapinatore e falsario anarchico… ci sono anche diverse imprecisioni storiche che non importa qui spulciare. Il regista parte dall’infanzia poverissima, la morte del padre che non ha la possibilità di comprare la morfina per alleviare il dolore, la diserzione dall’obbligo militare, il ricongiungimento con la sorella a Parigi, l’incontro con Quico Sabaté, le rapine alle banche, la contraffazione degli assegni di viaggio, i rapporti difficili con la moglie, la caccia all’anarchico da parte della polizia e, infine, il ricongiungimento in Bolivia con la famiglia (che ci sembra abbastanza consolatorio o una decisione produttiva visto che la distribuzione è la piattaforma Netflix). Il film trasmette comunque l’idea di Urtubia di cambiare i modi di fare la rivoluzione, sostenere i movimenti anarchici e guerriglieri, e distruggere l’autorità finanziaria delle banche americane.

L’impalcatura filmica di Javier Ruiz Caldera è solida… inquadrature austere si alternano a notazioni di costume (il ’68, i dialoghi con l’ispettore di polizia o la fuga in macchina di Urtubia e Quico Sabaté per le strade di Parigi). Il ritratto di Urtubia attraversa il film con una certa pregnanza visiva… e anche i compagni anarchici sono descritti bene, financo la spia! La faccia aperta del muratore rivoluzionario dice che soltanto là dove ci sono terrori di Stato ci possono essere risorgenze politiche, anche le più radicali.

Il soggetto e la sceneggiatura di Patxi Amézcua risentono di una certa facilità scritturale, forse dovuta alle difficoltà di sfaccettare la biografia singolare di Urtubia, ma l’uomo è così autentico che ne esce un ritratto veridico. Non c’è lo stereotipo dell’anarchico un po’ folle, disagiato o incompreso cari alla filmografia italiana… semmai i semi di un’anima libertaria che combatte la ferocia, la violenza, lo sfruttamento dei banchieri, dei politici, dei militari in una gaia scienza di liberazione.

La fotografia di Sergi Vilanova è di buona levatura. I marroni, i verdi, i blu avvolgono il film in un ventaglio creativo che resta impresso negli occhi dello spettatore… la visione degli ambienti restituisce bene l’atmosfera di un’epoca dove sperare e combattere per il cambiamento del mondo era nei sogni delle giovani generazioni. Il montaggio di Alberto de Toro è lento, un po’ grezzo, riesce però a cucire una vicenda complessa, senza cadere nei dettati del film giallo o di gangster… ogni microstoria si raccorda con il tutto, anche se qualche volta il regista cade nel buonismo, come i frammenti della moglie di Urtubia quando parte per lavorare con un’associazione di medici in America Latina.

La canzoni che attraversano il film sono molte, fin troppe: Fortissimo – Eddy Mitchell; Hippie Hippie Hourrah – Jacques Dutronic; Pennies from Heaven – Gordon Macrae; Let the Good Times Roll Bunny Sigler; Fallait Pas Écrasser La Queue Du Chat Clothilde; La Plus Belle Pour Aller Danser – Sylvie Vartan; Capri C’est Fini – Hervé Vilard; Les Papillons Noirs – Michele Arnaud, Michel Colombier; Dalla Sua Pace – Wolfgang Amadeus Mozart; Comme D’Habitude – Claude François; Ave Maria – Franz Schubert… un repertorio variegato che adagia l’ascolto sulla narrazione a volte in maniera accattivante. Alcune, come — Hippie Hippie Hourrah, Les Papillons Noirs, Dalla Sua Pace o Ave Maria —, sono intessute nelle sequenze del film da far ridere, commuovere o stupire anche gli spettatori più distratti.

L’attorialità è eccellente, davvero libera da manierismi televisivi… Juan José Ballesta (Urtubia), Luis Callejo (Asturiano), Liah O’Prey (Anne Garnier), Miki Esparbé (Quico Sabaté), Alexandre Blazy (Ispettore Costello), Ben Temple (Barrow), Ana María Polvorosa (Saturnina Urtubia), Monica Lamberti (Petite Jeanne)… esprimono una figurazione poetica del reale… i loro volti, corpi, gesti si dipanano in una franchezza espressiva che dà all’intero film la storicità dei disingannati.

In Storia di un’uomo d’azione s’avverte anche una qualche venatura da commedia che la struttura del film non richiedeva… Ruiz Caldera è piuttosto “naturalista” sui dollari gettati ai boy scout nell’aeroporto, l’incontro nei bagni di Urtuba con il Che, l’“agente” americano della banca… ma la solidità dei personaggi è così convincente che si sostituisce a certe scivolate descrittive… il volto selvatico di Juan José Ballesta-Urtubia esprime appieno la bellezza, la giustizia e la fierezza di un uomo in anarchia che ha fatto della propria vita un’opera d’arte.

Storia di un’uomo d’azione è un film sull’anarchia, certo, mostra il cinismo dei banchieri, la sovversione non sospetta degli anarchici, la sagacia della polizia francese che non vede di buon occhio l’intrusione degli americani nella loro giurisdizione… anche se non è un film-militante, non è nemmeno un tradimento del pensiero anarchico… tutto ciò che si vede merita di essere visto e ci ricorda che per gli anarchici l’obiettivo della rivoluzione sociale dev’essere quello di farla finita con lo Stato. Per gli anarchici, la libertà non è un concetto filosofico astratto, ma la possibilità concreta per tutti gli uomini e le donne di sviluppare pienamente la loro vita attraverso i loro talenti: costruire una società tra liberi e uguali. Né servi, né padroni, né dio né stato, sempre e con ogni mezzo! Senza nessun rimorso.

Piombino, dal vicolo dei gatti in amore, 27 febbraio 2023

Lucio Urtubia 1931-2020

Manifesto per una fotografia dei diritti umani resistenza sociale, disobbedienza civile e poetica dell’immagine

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