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di Marguerite Duras, Feltrinelli, 2008, pp. 323, € 19,50
I Quaderni della guerra e altri testi di Marguerite Duras, è un libro singolare e specie per quanto riguarda i Quaderni (quattro), ci sono memorie, ricordi, vissuti di straordinaria bellezza redatti tra il 1943 e il 1949 da un’acuta e precoce ragazza francese. Questi diari di bordo escono dagli archivi dell’Institut Mémoires de l’édition contemporaine dove la Duras li aveva depositati nel 1995. Sono frammenti autobiografici e contengono la testimonianza autorevole di una nascita letteraria, quella di una tra le più importanti scrittrici del ‘900. I Quaderni raccontano la stupidità della guerra, l’infanzia in Indocina, abbozzi di romanzi poi divenuti famosi, come l’Amante, Una diga sul pacifico, Il marinaio di Gibilterra o Il dolore. Il volume si completa con altri dieci scritti (racconti, romanzi incompiuti, dialoghi, riflessioni in forma di lettera…) e l’insieme è davvero importante per decifrare a fondo l’emersione estetica ed etica di un pensiero radicale al femminile che anticipa di trent’anni i movimenti della Donna in rivolta.
La “visione scritturale” della Duras è fortemente incisa negli avvenimenti politici del suo tempo e nei Quaderni non teme di attaccare i simboli e gli alfieri del potere. Di De Gaulle dice: “ha dissanguato il popolo, gli ha tolto la sua forza… Tutto quello che ha saputo fare è mandare il popolo al macello”. E ancora: “De Gaulle ha decretato il lutto nazionale per la morte di Roosevelt. Niente lutto nazionale per i cinquecentomila deportati morti di fame e falciati dalle pallottole. Bisogna tenere buona l’America… Il lutto per il popolo non si porta”. Parole dure, vere. E ce ne sono altre contro la chiesa, la politica dell’indifferenza e i giochi sporchi dell’economia.
Bella, sconcertante e dolorosa è la trattazione della morte del primo figlio, quella del fratello, la sua attività durante la resistenza, la deportazione e il ritorno dai campi di sterminio del marito (Robert Antelme), la nascita del figlio Jean, il primo amante… è una lettura libera, spoglia di ogni finzione, di ogni timore reverenziale che ci porta a rivivere un’infanzia prolungata e la genesi di un talento letterario (e cinematografico) singolare e scomodo. Immediatamente, dalla prima frase, la forza figurativa della scrittura della Duras è lì, pura, autentica, utopica, indimenticabile.
26 volte giugno 2008