





di Basel Adra (palestinese), Yuval Abraham (israeliano), Rachel Szor (iraniana) e Hamdan Ballal (palestinese).
ai bambini palestinesi che hanno conosciuto i nomi delle “nazioni civili” sul marchio delle bombe[1]
“Non scrivere la storia come poesia./Lo storico non ha i brividi quando elenca le vittime […]/ La storia è un diario d’armi scritto sopra i nostri corpi/La storia non ha una compassione tale/Da farci provare nostalgia per i nostri inizi/E non vuole farci sapere cosa abbiamo davanti e dietro”.
Mahmoud Darwish, poeta palestinese
Ouverture su nostro scontento: Sul genocidio del popolo di Palestina [che abbiamo scritto altrove e lo vogliamo ribadire qui]: «Lo Stato sionista di Israele sembra aver dimenticato le vittime della Shoah e utilizzato il vittimismo a fini politici… tutto ciò che li riguarda come sterminatori del popolo palestinese, sin dalla costruzione dello Stato di Israele (1948), viene tacciato come antisemitismo e i sionisti si sono fatti gendarmi del mondo. Responsabili di nuovi genocidi contrabbandati come missioni salvifiche del loro potere… tutte le forme di dittatura non potrebbero sussistere senza l’umiliazione dei popoli assoggettati… i governi di Israele hanno prodotto un nuovo colonialismo, un nuovo razzismo, un nuovo etnocidio con i massacri prolungati dei palestinesi… e proprio non si vede perché un popolo esposto a stragi efferate non debba rispondere a questa crudeltà storica con ogni mezzo possibile… è diritto e dovere di un popolo occupato, ribellarsi agli occupanti e agli assassini, e quindi ogni azione che combatte il sopruso è pienamente legittima… Israele non ha diritto all’impunità… l’oppressione criminale del popolo palestinese ha violato tutte le risoluzioni internazionali e va denunciata, boicottata e contrastata… lo Stato di Israele è fascista, razzista, suprematista e colonialista… il detto: “Una terra senza popolo per un popolo senza terra” è un’invenzione sionista… i palestinesi sono occupati, colonizzati, discriminati, segregati, torturati, uccisi… e quando si oppongono alla macelleria israeliana, l’ipocrisia del governo israeliano li chiama terroristi, anche i bambini. “L’antisemitismo è chi odia gli ebrei perché sono ebrei, non per quello che fanno, ma per quello che sono. È una clava usata per imporre la censura sulle persone che hanno cuore, umanità e si battono per la giustizia e l’uguaglianza dei popoli!” (Moni Ovadia). La grande parte dell’umanità non accetta né può accettare queste discriminazioni… prima o poi i Paesi civili dovranno riconoscere lo Stato di Palestina… e gli israeliani e i loro sostenitori più vigliacchi, gli Usa, e molti governi occidentali, saranno giudicati per crimini contro l’umanità»[2]. L’oppressione esiste solo fintantoché dura l’obbedienza, la confessione, l’inginocchiatoio, come il padrone che s’accorge dello schiavo nel momento in cui gli taglia la gola.
Per noi che facciamo parte della bandiglia di anarchici che non vogliono governare né essere governati in questo modo e a questo prezzo… che rifiutiamo qualsiasi patibolo dell’autoritarismo… eleviamo a nostro maestro Giordano Bruno: “Non importa quanto tempo ci vorrà, pensa, prima o poi accadrà, e allora la superstizione e l’ignoranza lasceranno spazio alla libertà, perché le cose hanno fine”[3], anche gli imperi. Il messaggio universale di Bruno è recepito solo da uomini liberi di qualsiasi cultura o credo, uomini liberi e di buoni costumi, diceva. Giordano Bru no venne bruciato il 17 febbraio 1600 dalla Chiesa di Roma… perché così andavano le cose nel XVII secolo… il frate eretico, sovversivo, rivoluzionario, da allora è morto più e più volte… è morto nei campi di sterminio nazisti, è morto nei gulag comunisti, è morto nelle pulizie etniche dell’Istria, della Bosnia, dell’Erzegovina, dell’Africa… è morto con i nativi americani, con i tibetani, con gli armeni… e continua a morire ogni giorno nell’odio razziale e religioso, nelle guerre, negli attentati terroristici pilotati dai servizi segreti, nell’illegalità del crimine costituito, nella repressione dei governi totalitari, nei laogai della Cina moderna (campi di lavoro forzati per dissidenti politici, fine pena mai)[4], nelle carneficine sistematiche della Palestina. Perché così continuano ad andare le cose nei secoli, diceva[5].… gli stolti che credono di bruciare i popoli… quegli stolti non hanno compreso ancora che le idee di libertà dei popoli non bruciano… e che un’idea di libertà può essere sconfitta solo da un’altra idea ancora più forte che reclama bellezza e giustizia per tutti gli uomini. “Un uomo forte fa un popolo debole, a un popolo forte non serve un uomo forte”, dice Emiliano Zapata/Marlon Brando in un film non proprio memorabile, Viva Zapata (1952) di Elia Kazan (sceneggiatura di John Steinbeck)… a ragione, Zapata sosteneva che gli uomini devono essere guidati per la conquista della felicità, ma da loro stessi.
Va detto. I laogai sono campi di concentramento e di tortura creati da Mao Mao Tse-tung sull’efficiente modello di quelli stalinisti e servivano per “rieducare i criminali” (cioè gli oppositori al partito) attraverso il lavoro coatto e l’indottrinamento politico… sono la faccia nascosta della pedagogia del terrore della Cina, che sarà stata tutto, tranne che comunista. Perfino negli atti parlamentari della Camera dei deputati (seduta del 22 ottobre 2007) di questa italietta governata da un certo numero di idioti (sinistra e destra fa lo stesso, sono i medesimi parassiti), si può leggere che nella Cina dello sviluppo economico sono stati individuati almeno 1.000 campi di rieducazione attraverso il lavoro… si stima che il numero dei detenuti sia tra i 4 e i 6 milioni di persone (e oltre 40 milioni hanno subito la medesima sorte dalla nascita dei campi)… non esistono garanzie processuali per i prigionieri dei laogai, nessun diritto di appello o di difesa. Una volta che è stato buttato nel campo, il detenuto è costretto a “confessare” i suoi crimini, denunciare qualsiasi opinione anti-partito e sottoporsi al regime di rieducazione e lavoro forzato. I laogai non sono solo teatro di esecuzioni di massa, espianto e smercio di organi dai cadaveri dei condannati, aborti, sterilizzazioni forzate, abuso di psichiatria a scopo di repressione politica… i laogai sono anche unità produttive a costo zero… fabbriche tessili, miniere, cave… hanno spesso un doppio nome… quello di ciascun campo e quello della multinazionale che esporta le merci sui mercati globali… naturalmente… i prodotti sono sostenuti da campagne pubblicitarie che prevedono calciatori, cantanti, attori, chef, deejay, cabarettisti, influencer, registi, fotografi, personaggi pubblici, imbecilli d’alto vaglio che sfilano in televisione, al cinema, in internet… e dicono ai coglioni che ci credono che questo o quel “brend” è il migliore del mondo… burattini sempre pronti a leccare il culo a chicchessia per far parte dei cortigiani che strisciano nelle corti della politica, della finanza, della guerra assurta a intrattenimento della società dello spettacolo (mai tramontata sulla loro imbecillità): “Lo spettacolo non è un insieme di immagini, ma un rapporto sociale fra individui, mediato dalle immagini” (Guy Debord)[6]. I conflitti, i muri, i fili spinati, le fosse comuni, i campi di sterminio hanno successo nei salotti televisivi, al bar, nelle sedi sindacali, tra i raccoglitori di pomodori, nei social media… ovunque c’è lo specchio addomesticato della politica istituzionale che si prende cura di qualificare la divagazione e l’inconcepibile… persino a far credere che con la scheda elettorale si possono cambiare le cose… sono proprio come dei bambini ben educati tanto all’obbedienza, quanto alla mistificazione… elettori/spettatori che stanno con quel dittatore o con quel despota, con quella chiesa o con quell’altra, con l’ingrossamento della prostata o con la pomata per le emorroidi… tutti lenitivi per anime semplici, quasi stupide, che hanno nostalgia tanto per i paradisi quanto per i campi di sterminio… e i partiti?… i partiti si trovano in bella uniformità a sostenere il mercato delle armi… e fanno dell’ottimismo il letame della menzogna. “L’ottimismo è come l’ossido di carbonio: uccide lasciando sui cadaveri un’impronta di rosa” (Guido Ceronetti)[7]. I crimini dell’ottimismo sono certamente più atroci di quelli dell’estrema brutalità, poiché la suggeriscono… i dividendi delle banche crescono su cumuli d’innocenti ammazzati perché il nuovo colonialismo possa proliferare e permettere anche all’ultimo imbecille asceso al potere con il voto di altri imbecilli dell’entusiasmo, di distruggere intere nazioni… e il popolo?… il popolo guarda sfigurato la propria indifferenza sui marciapiedi della storia come puttane sfiorite… per quanto possa disprezzare le armi, l’avanzare di un nuovo fascismo globale risveglia il terrorista assopito che è in me.
Détournement da e con E.M. Cioran: Se ho sempre diffidato dei partiti politici, delle chiese, dei mercanti d’illusioni e della servitù volontaria degli uomini timorati di Dio e dello Stato e anche della Coca Cola… la responsabilità è di mio padre… raccontava a mia madre i suoi sogni di libertà, fraternità, uguaglianza, e mi guastava così tutte le mattine[8]. Per aver attentato al dispotismo dei governi… i discendenti dei ghigliottinati si aggirano come angeli indecenti nel mondo (e nella mia testa), sempre in attesa di dare il colpo di grazia a quanti fanno professione di ammazzare in nome di un Dio, di uno Stato o delle banche di Wall Street… è proprio della rivolta dell’uomo contro la coercizione, non avere vergogna di ripetersi… in fondo il popolo italiano che indossava la camicia nera con orgoglio e devozione al fascismo, si è accorto della miseria del suo Duce, quando insieme a una donnetta borghese e a suoi gerarchi è stato impiccato per i piedi a un distributore di benzina… non è grazie alla prostrazione ma grazie alla sofferenza, e solo grazie ad essa, che l’uomo smette di credere d’essere una pulce ammaestrata e butta all’aria l’intero circo. Finché vi sarà un solo tiranno in piedi, il compito dell’uomo in rivolta non sarà finito.
Di No other land
No other land è un documentario prodotto (con una compartecipazione svedese), diretto, scritto e montato da un collettivo israelo-palestinese formato da Basel Adra (palestinese), Yuval Abraham (israeliano), Rachel Szor (iraniana) e Hamdan Ballal (palestinese)… racconta la storia della pulizia etnica da parte di Israele nei territori di Hebron (Cisgiordania) tra il 2019 e il 2023… mostra l’occupazione delle Forze di difesa israeliane che per costruire un poligono di tiro e una zona di addestramento militare… distruggono villaggi, uccidono persone, sotterrano pozzi d’acqua, tagliano la corrente elettrica… gli israeliani non riconoscono l’esistenza del villaggio di Masafer Yatta (che appare già sulle carte geografiche del XIX secolo) e tengono la comunità sotto assedio. I giorni sono scanditi da un “esperto” israeliano che consegna ai palestinesi l’avviso di demolizione delle loro case… subito eseguita da bulldozer e soldati che sparano contro le proteste della gente… si vedono famiglie costrette allo spostamento, altre che ricostruiscono nella notte la loro casa. Nel gennaio del 2021 un soldato israeliano spara sulla folla che vuole difendere il loro generatore di elettricità e il giovane Harun Abu Aram resta paralizzato… non è possibile trasportarlo in un ospedale per le limitazioni imposte alla libertà di movimento dei palestinesi e non avendo più una casa, la madre, Shamia, si prende cura del figlio in una grotta (morirà due anni dopo per le ferite riportate). Il breve frammento dei giornalisti stranieri che intervistano Shamia e filmano il figlio avvolto in coperte e con gli occhi sbarrati verso un cielo di pietra, è toccante… si capisce che i giornalisti sono lì più per “dovere di cronaca” che per sostenere un dolore immenso… Shamia “buca” lo schermo e nella disperazione di donna/madre palestinese, non abbassa il capo… riesce a figurare l’amaritudine della povertà e la regalità della propria storia.
I militari israeliani perseguono l’opera di distruzione nel territorio di Masafer Yatta… buttano giù anche l’unica scuola costruita da uomini (la notte), donne e bambini (il giorno)… i filmati di Basel Adra (e di repertorio) mostrano l’efferatezza dello screditare, dell’annientare, del polverizzare degli israeliani con le imposture elettorali della politica internazionale… come quando si vede Sir Tony Blair che passeggia per qualche minuto sulle macerie di Masafer Yatta, sempre in buona luce per i cani da riporto dei telegiornali della sera. Così Adra: “Porto con me la telecamera da quando ero adolescente. Ho iniziato a filmare ciò che accadeva al mio villaggio. Il motivo per cui ho cominciato è che vedevo solo ruspe entrare nelle nostre comunità e demolire le nostre case. Volevo che il mondo sapesse che noi viviamo su questa terra. Che esistiamo”. Adra e il suo amico, il giornalista israeliano Yuval Abraham, cercano di diffondere attraverso i media ciò che accade in quei territori… i video di Adra e gli articoli di Abraham non raggiungono una grande risonanza… così decidono di fare un documentario e cercare di dare più visibilità a una condizione disumana… intanto lo spopolamento forzato, il nascere di nuove case che il governo israeliano ritiene illegali, i coloni che impugnano i fucili contro la popolazione palestinese (protetti dall’esercito) seguitano al canto funebre delle ruspe.
Adra e Yuval sono minacciati di morte e quando Yuval in televisione parla della drammatica situazione dei palestinesi a Masafer Yatta, è accusato di alimentare l’antisemitismo contro Israele… i militari cercano di arrestare Adra… riesce a fuggire e allora imprigionano il padre, anch’esso attivista per i diritti umani (Adra prende il suo posto a una povera pompa di benzina per mantenere la famiglia). Il film si chiude con una didascalia dove si avverte che il lavoro è stato ultimato prima degli attacchi di Hamas a Israele (7 ottobre 2023) e in una sequenza piuttosto emotiva si vede l’assalto dei coloni (13 ottobre 2023) in cui uno di loro spara a bruciapelo a un cugino di Basel, Zakriha Adra, disarmato… frattanto l’esodo forzato delle famiglie palestinesi si è intensificato e le ruspe, i fucili e i carri armati degli israeliani continuano a violare la loro terra.
Il monito dell’anarchico Pietro Gori (espresso in una conferenza incendiaria nel 1896 a San Francisco) è più che mai attuale: “I governi esistono oggi, col pretesto di garantire l’ordine, perché questo non è l’ordine vero. Se fosse veramente ordine, ripeto, non avrebbe bisogno di armi e di manette, della violenza autoritaria dell’uomo sull’uomo per reggersi!”[9]. Il vero nemico della specie umana non è il libero pensatore o il visionario o il quasi adatto che vuole sovvertire il corso della storia dell’infamia… il vero nemico è il sistema economico, politico, religioso, culturale che cerca di plasmare lo spirito libertario dell’uomo all’interno di un modello e impedire di spiegare le ali e volare verso il diritto di avere diritti. C’è stato un tempo in cui i politici più assennati parlavano di bellezza, di giustizia e di virtù, nel nostro tempo i politici non parlano che di utilitarismo, guerre, disuguaglianze e ovunque gli uomini sono espropriati della loro dignità.
No other land è un vero e proprio atto d’accusa contro la politica genocida del governo di Israele… sotto un certo taglio, più sommerso, certo… anche l’Autorità Nazionale Palestinese non ne esce bene… la gente dei territori intorno a Masafer Yatta sembra abbandonata al proprio destino di oppressi senza rimedio. Quando la barbarie prende il sopravvento, l’accanimento del fanatismo si rivolge contro gli esseri umani, brucia il passato e spazza via l’arte di gioire… la dittatura del profitto e del possesso domina in ogni ambito del sapere e sui comportamenti… i potenti rovistano come maiali nel letamaio della gloria e approntano le fosse comuni per i disingannati… il disprezzo per la giustizia sociale fuoriesce da fantomatici tavoli di pace dove siedono le nazioni che sono i più grossi produttori/mercanti d’armi… e le favole dei poeti annunciano i funesti giorni di guerre che impongono nuove schiavitù, nuove miserie, nuovi flagelli. La politica genocida di Israele è una strategia deliberata, attuata con un piano militare e l’obiettivo di distruggere un gruppo nazionale, etnico, razziale, religioso attraverso l’assassinio, la sottomissione a condizioni di vita tali da comportare la distruzione fisica di una popolazione… la Convenzione delle Nazioni Unite, naturalmente, codifica il genocidio come un crimine internazionale, peccato che questo non valga per lo Stato di Israele. “Possedere è uccidere, dignitas hominis, amore, verità… è il godere, non il possedere, che ci rende felici (…) La convinzione di possedere la verità assoluta ha trasformato le diverse Chiese [nazioni, stati, emirati] in strumenti di violenza e di terrore” (Nuccio Ordine)[10]. Ovunque l’idolatria, l’integralismo, il dogmatismo, il fondamentalismo, il settarismo, l’intolleranza, l’intransigenza dei governi forti hanno favorito lo sterminio di poveri, di innocenti e di inermi… la giustizia “armata” è solo il pretesto per difendere l’arroganza di pochi contro la fioritura del bene comune, svincolata da ogni soperchieria, e raggiungere un’umanità più libera, più giusta, più umana… il possesso e il profitto uccidono e sono i peggiori nemici dell’amore dell’uomo per l’uomo.
No other land ha raccolto riconoscimenti significativi… al 74esimo Festival di Berlino vince il premio per il Miglior Documentario e il Premio del Pubblico nella sezione Panorama, e poi i premi ai festival di IDFA Amsterdam, Vancouver Int.l Film Festival, CPH: DOX Copenhagen, Visions du Reel Nyon, EFA – European Film Award 2024 come Miglior Documentario e Miglior Film, fino a conseguire l’Oscar come miglior documentario nel 2025… quando Adra e Abraham ritirano il premio alla Berlinale nel 2024, Adra dice: “La mia comunità, la mia famiglia hanno filmato la cancellazione della nostra società per mano di questa occupazione brutale. Sono qui che celebro questo premio, ma mi è molto difficile mentre decine di migliaia di persone vengono trucidate e massacrate da Israele a Gaza. Masafer Yatta, la mia comunità, sta venendo rasa al suolo da bulldozer israeliani. Chiedo soltanto una cosa: alla Germania, visto che mi trovo qui a Berlino, di rispettare la volontà dell’ONU e smettere di mandare armi ad Israele”. Per aver incluso No other land al Festival di Berlino, alcuni politici/amministratori hanno chiesto la destituzione del direttore artistico, Carlo Chatrian, fine conoscitore del cinema d’autore (con il quale abbiamo collaborato per la pubblicazione di Le ceneri del tempo. Il cinema di Wong Kar-Wai)[11]. Anche per la consegna dell’Oscar al film palestinese sono sorte controversie e dibattiti pubblici… sia in Europa che in America le accuse di propaganda antisemita, diffamazione, distorsione dei fatti, odio velenoso verso Israele… sono state pressanti… governanti e letterati hanno chiesto la testa dei responsabili che hanno accettato e premiato il documentario nei vari festival… tuttavia il film ha continuato a mietere interessi culturali/politici ovunque è stato proiettato e ha raggiunto incassi di quasi 4 milioni di dollari… poco meno di un milione solo in Italia. Il ministro della cultura israeliano, Miki Zohar, ha invitato tutte le sale cinematografiche israelite di non diffondere No other land. Gli esercenti americani non hanno comprato il film (se non alcuni indipendenti)… come sappiamo, la cricca ebraica che sta dietro le statuette dorate di Hollywood non è avara di onorificenze quando si tratta di film dove il fantasma del sionismo s’aggira sugli schermi del mondo.
Un’annotazione fuori margine: Secondo la tradizione ebraica, “la Torah — opera di Dio — precede il mondo di duemila anni. Mai popolo si è stimato tanto. Attribuire al proprio libro sacro una tale antichità, credere che risalga a prima del Fiat Lux! È così che si crea un destino” (E.M. Cioran). Se gli asini si mettessero a scrivere sarebbero, tranne quelli che sanno volare, illeggibili… poiché la bellezza e la giustizia sono incompatibili con le chiacchiere e le bombe… anche nella Bibbia appare la medesima frase: Fiat Lux (Sia fatta la luce)… forse è per questo che cattolici ed ebrei sionisti non si sono fatti mancare niente in fatto di confessioni, anatemi e persecuzioni… a volte è difficile distinguere fra il cretinismo e il genio che esonda da insegnamenti, dottrine, ideologie… meglio assestarci sullo stupore di un illetterato che trafigge l’impostura d’ogni comandamento con una risata e passi le giornate a dare il pane secco ai canarini dei parchi pubblici… almeno questi cantano per amore e solo per amore, finché un ragazzo ben educato li uccide o un altro un po’ selvatico, li salva e li lancia nel cielo, dietro le nuvole, là dove sono i bambini di tutte le guerre che giocano a mosca cieca senza guardare il colore della pelle né a quale razza appartengono, perché sono tutti fratelli in sorte… è sempre ciò che amiamo senza riserve a qualificarci… e non ci può essere amore dell’uomo per l’uomo in nessuna guerra… quando ho capito che ci sono uomini totalmente impermeabili ad amare la pace, la bellezza, la giustizia, malgrado facessero sfoggio di grandi meriti, mi sono rifiutato d’incontrarli e non aderire mai alle loro mistificazioni.
La storia la scrivono i vincitori, ma qualche volta è la poesia, la letteratura, la fotografia, il cinema a scrivere la storia delle vittime in un linguaggio universale che riesce a “toccare” i corpi dei condannati alla catastrofe, riconoscere l’afflizione e le ferite di un popolo e accedere a un’altra umanità. No other land è la testimonianza della memoria infranta di una collettività che insorge di fronte al disinteresse, all’imperturbabilità, all’insensibilità delle società del calcolo spietato… nelle quali il valore dell’uomo è ridotto alla stregua di servo, nemmeno vestito elegante… si tratta di un documentario girato sul campo con telecamere d’occasione o amatoriali… non si guarda tanto alla preziosità della fotografia o alla perfezione delle inquadrature quando i fucili si sostituiscono alle richieste di libertà… autori e personaggi interpretano se stessi e danno voce e volto a chi ha perso il diritto di parlare, di vivere, di sognare… in un montaggio serrato, a tratti epico, si vedono le proteste pacifiche dei palestinesi contro le demolizioni, respinte con la violenza dell’esercito israeliano e dei coloni… le organizzazioni per i diritti umani sono etichettate dai sionisti come gruppi terroristici… il silenzio degli Stati Uniti e dell’Europa sulle stragi dei palestinesi grida di vergogna… ogni forma di resistenza è repressa nel sangue di uomini, donne, bambini che lottano per rivendicare la loro esistenza… non si tratta di cosa hanno fatto i palestinesi ma di cosa non ha fatto il mondo intero a difesa del diritto alla vita di un intero popolo. Al vostro ordine noi alzeremo il tiro con il nostro disordine… poiché qualunque cosa possa venire dall’insorgenza di uomini in libertà, sarà sempre migliore della ghigliottina degli indici di banca, dei dittatori, papi, generali, sceicchi arabi o stati che ne richiedono le spoglie. Dopo la tempesta sortisce il cielo luminoso e sereno e la famiglia umana dell’uguaglianza e della solidarietà si apre alla pace dei cuori.
Piombino, dal vicolo dei gatti in amore, 19 volte giugno 2025
[1] Il nostro articolo su No other land è dedicato ai bambini palestinesi ed eccetto al manifesto del film, l’abbiamo corredato dunque con l’innocenza ferita o ammazzata dalla politica genocidaria dello Stato sionista di Israele.
[2] Pino Bertelli, Sulla fotografia della Shoah. L’iconologia dell’orrore nei campi di sterminio nazisti, Duro Edizioni, 2025
3] Giordano Bruno, Gli eroici furori, G. Dalle e C. Editori, M. DCCC LXV
[4] Per chi voglia approfondire il sistema criminale del comunismo dei laogai pu consultare: Laogai Research Foundation Italia, I laogai cinesi. I lager del terzo millennio, Fede & Cultura, 2011; Harry Wu, L’orrore cinese, Spirali, 2008; Tiziana de Novellis, Il Larice di Daurija. Dalla Kolyma ai Laogai, La Camera verde, 2008 (non siamo responsabili degli pseudonimi) o https://laogairesearch.org/.
[5] Luciano Rossi, L’ultima notte, Edizione indipendente, 2024
[6] Guy Debord, La società dello spettacolo, Vallecchi, 1979
[7] Guido Ceronetti, Il silenzio del corpo, Adelphi, 1979
[8] E.M. Cioran, Confessioni e anatemi, Adelphi, 2007
[9] Pietro Gori, Il vostro ordine e il nostro disordine, Castelvecchi, 2014
[10] Nuccio Ordine, L’utilità dell’inutile. Manifesto, Bompiani, 2013
[11] Carlo Chatrian, Silvio Alovisio (a cura), Le ceneri del tempo. Il cinema di Wong Kar-Wai, Traccedizioni, 1997