La crisi della società borghese del dopoguerra ebbe inizio nei primi anni Sessanta negli Stati Uniti per poi estendersi all’Europa occidentale e coinvolgere infine anche quella orientale. La natura del capitalismo e delle classi sociali era profondamente mutata: da un’economia della penuria si era passaci a un’economia dello spreco; il dominio formale basato sul controllo del mercato del lavoro si era trasformato in un dominio reale, basato sulla mercificazione di tutti gli aspetti della vita o, per dirla in termini sociologici, sulla generalizzazione del consumo di massa. Da un lato, il settore tradizionale del proletariato, provvisto di una certa formazione tecnica e politica, e capace di esercitare un cerco controllo sul processo produttivo, era rimasto intrappolato in strutture partitiche e sindacali burocratizzate che lo spingevano alla passività e al conservatorismo. Dall’altro, il nuovo proletariato, !'”operaio massa” frutto del recente sviluppo industriale e della terziarizzazione dell’economia, ossia del predominio della scienza nel processo produttivo, senza tradizioni né competenze professionali, bassa manovalanza esclusa dai vantaggi della produzione di massa, che minacciava la posizione dominante del settore ufficiale del proletariato, in quanto soggetto politico e sociale emergente.