a Thomas Sankara, per avere insegnato ai biechi governanti di tutto il mondo, che la dignità di un popolo ha più valore di qualsiasi ricchezza.
“L’Africa agli africani!… Non c’è salvezza per il nostro popolo se non voltiamo completamente le spalle
a tutti i modelli che ciarlatani di tutti i tipi hanno cercato di venderci per anni…
È inammissibile che ci siano uomini proprietari di quindici ville, quando a cinque chilometri da Ouagadougou
la gente non ha i soldi nemmeno per una confezione di nivachina contro la malaria…
Per l’imperialismo è più importante dominarci culturalmente che militarmente.
La dominazione culturale è la più flessibile, la più efficace, la meno costosa.
Il nostro compito consiste nel decolonizzare la nostra mentalità”.
Thomas Sankara
In Burkina Faso è stato scoperto l’oro… in uno dei paesi più poveri del mondo esiste una delle più grandi miniere d’oro della terra… naturalmente è in mano alle multinazionali… così nella zona di Goron Goron (che significa “Sediamoci e parliamo”), in pieno deserto, a pochi chilometri dal confine con il Mali, è arrivata la strada… le pompe di benzina… le associazioni no-profit, gli aiuti internazionali, anche… i pochi villaggi di pastori sono scomparsi e i padroni dell’oro hanno costruito delle casette, tutte uguali, di un paio di stanze per i burki-nabé espropriati della loro misera quotidianità… ci atterrano anche gli arei degli americani (non solo militari), dei canadesi ecc… molti burkinabé lavorano nell’enorme miniera a cielo aperto (una buca di centinaia di metri)… e molti sono anche felici di spendere il salario nella capitale, Ouagadougou, nei centri commerciali… alcuni sembrano più felici, altri si perdono con la birra, le prostitute, le droghe, gli “affari sporchi” che accompagnano il “progresso” dei persuasori occulti della società consumerista.
Intorno alla miniera di Goron Goron c’è l’oro dei poveri… centinaia di uomini, donne e bambini scavano buche o pozzi nel terreno per raccattare poche pagliuzze d’oro, pesate poi con un piccolo bilancino… da una parte c’è un fiammifero, dall’altra l’oro raccolto… naturalmente chi tiene il bilancino fa parte della famiglia del capo del villaggio (in accordo col comune, la chiesa, il governo)… i minatori ricevono uno straccio di soldi per una pagliuzza d’oro… dietro la speranza di ricchezza si nasconde un mondo di desolazione di cui risparmierò i particolari.
I militari governativi e le guardie della miniera sorvegliano la zona… grazie al conformismo e all’illuminata stupidità del governo del Burkina Faso (e dei nuovi colonizzatori), dove si se-gnalano soltanto istrioni, saprofiti o criminali in formato grande, la tolleranza è apllicata con abbastanza candore, tutti sanno e tutti stanno al gioco… la paura genera la stabilità… la genuflessione il delirio… le stigmate del provvisorio s’appiccicano su tutti e la mediocrità striscia davanti agli oracoli del “benessere”. Nella maggior parte dei casi, si dedicano al (piccolo) profitto per vendicarsi della miseria della vita.
Va detto. La dittatura del mercato coincide con la fine di un ciclo di civiltà… aspirare alla civiltà significa ascriversi alla scuola dei tiranni e all’autorità del crimine in piena gloria… la rapacità dei grandi interessi finanziari internazionali è insieme il paradiso e la tomba di un popolo.
Thomas Isidore Noël Sankara divenne presidente della Repubblica dell’Alto Volta (una ex-colonia francese, alla quale dette il nome Burkina Faso, La terra degli uomini integri) il 10 gennaio 1983 e fu ucciso il 15 ottobre 1987, insieme a dodici ufficiali (Noufou Sawadogo, Amadé Sawadogo, Abdoulaye Guem, Der Somda, Wallilaye Ouédraogo, Emmanuel Bationo, Paténema Soré, Frédéric Kiemdé, Bonaventure Compaoré, Paulin Bamouni, Christophe Saba, Sibiri Zagré) alla periferia di Ouagadougou… un assassinio organizzato per un colpo di stato del suo amico e collaboratore, Blaise Compaoré (divenuto poi presidente del Burkina Faso dal 15 ottobre 1987 al 31 ottobre 2014) con l’appoggio di Francia, Stati Uniti e militari liberiani. Le vie della crudeltà sono varie ma tutte portano alle guerre, alla banche, ai governi delle nazioni ricche.
Per non dimenticare. Thomas Sankara, durante i lavori della 25esima sessione dell’Organizzazione per l’Unità Africana (OUA) tenutasi a Addis Abeba (1986), si espresse in modo molto semplice perché il pagamento del Debito (dei Paesi africani) doveva essere rifiutato:
“Noi pensiamo che il debito si analizza prima di tutto dalla sua origine.
Le origini del debito risalgono alle origini del colonialismo.
Quelli che ci hanno prestato denaro, sono gli stessi che ci avevano colonizzato.
Sono gli stessi che gestivano i nostri stati e le nostre economie.
Sono i colonizzatori che indebitavano l’Africa con i finanziatori internazionali che erano i loro fratelli e cugini.
Noi non c’entravamo niente con questo debito. Quindi non possiamo pagarlo […]
Il debito non può essere rimborsato prima di tutto perché se noi non paghiamo, i nostri finanziatori non moriranno, siamone sicuri.
Invece se paghiamo, noi moriremo, siamone ugualmente sicuri.
Quelli che ci hanno condotti all’indebitamento hanno giocato come al casinò. Finché guadagnavano non c’era nessun dibattito; ora che perdono al gioco esigono il rimborso […]
Non possiamo rimborsare il debito perché non abbiamo di che pagare.
Non possiamo rimborsare il debito perché non siamo responsabili del debito.
Non possiamo pagare il debito perché, al contrario, gli altri ci devono ciò che le più grandi ricchezze non potranno mai ripagare: il debito del sangue.
E’ il nostro sangue che è stato versato.
Il debito è anche conseguenza degli scontri.
Quando ci parlano di crisi economica, dimenticano di dirci che la crisi non è venuta all’improvviso.
La crisi è sempre esistita e si aggraverà ogni volta che le masse popolari diventeranno più coscienti dei loro diritti di fronte allo sfruttatore.
Oggi c’è crisi perché le masse rifiutano che le ricchezze siano concentrate nelle mani di qualche individuo.
C’è crisi perché qualche individuo deposita nelle banche estere delle somme colossali che basterebbero a sviluppare l’Africa.
C’è crisi perché di fronte a queste ricchezze individuali che si possono nominare, le masse popolari si rifiutano di vivere nei ghetti e nei bassi fondi […]
C’è quindi lotta, e l’esacerbazione di questa lotta preoccupa chi ha il potere finanziario.
Ci si chiede oggi di essere complici della ricerca di un equilibrio.
Equilibrio a favore di chi ha il potere finanziario.
Equilibrio a scapito delle nostre masse popolari.
No! Non possiamo essere complici.
No! Non possiamo accompagnare quelli che succhiano il sangue dei nostri popoli e vivono del sudore dei nostri popoli nelle loro azioni assassine […]
Il debito è ancora il neocolonialismo, con i colonizzatori trasformati in assistenti tecnici anzi dovremmo invece dire “assassini tecnici”.
Sono loro che ci hanno proposto dei canali di finanziamento, dei “finanziatori”.
“Noi siamo estranei alla creazione di questo debito e dunque non dobbiamo pagarlo […]
Il debito nella sua forma attuale è una riconquista coloniale organizzata con perizia […]
Se noi non paghiamo, i prestatori di capitali non moriranno, ne siamo sicuri; se invece paghiamo, saremo noi a morire, possiamo esserne altrettanto certi […]
Ci sentiamo una persona sola con il malato che ansiosamente scruta l’orizzonte di una scienza monopolizzata dai mercanti di armi […]
Quanto l’umanità spreca in spese per gli armamenti a scapito della pace!”.
Thomas Sankara osò portare davanti alle “grandi sedi” istituzionali il grido di dolore di mi-liardi di esseri umani che soffrono sotto sistemi crudeli e ingiusti… riuscì a smascherare il ci-nismo dei potenti e chiamare a raccolta i dannati della terra… fece comprendere a tutti che il colonizzatore si è accorto del colonizzato, quando il colonizzato gli ha tagliato la gola… l’umiliazione, chi l’ha provata, non la dimenticherà mai!
Le tracce di una bava originaria germinano ai quattro venti della terra e il capitalismo parassitario guarda sulla propria rapacità, genocidi, terrorismi… le minacce di sclerosi, di rovina, di violenza che annunciano la sua caduta. Il verminaio dei “miserabili” in cammino avanza da ogni-dove e i sommersi e i salvati figurano la liquidazione dell’inganno che, sin dal principio, ha governato l’universo.
Questo piccolo reportage [in parte fatto con pellicole scadute, acquistate sul posto per un paio di dollari] raccoglie i volti, i corpi, i gesti di uomini, donne e bambini che muoiono al limitare del deserto per i misfatti delle religioni, delle politiche, delle economie dell’illusione che sono al fondo della civiltà dello spettacolo.