DELLA GRAZIA, DELL’AMORE E DELL’ERESIA DELL’UOMO IN RIVOLTA
“Gli uomini liberi sono forti anche dove rappresentano un’esigua minoranza…
La paura può essere sconfitta da ogni singolo uomo, purché si riconosca nel proprio potere…
Il passaggio al bosco è un atto di libertà nella catastrofe…
Il Ribelle varca con le proprie forze il meridiano zero…
Nell’ambito delle terapie mediche, nel diritto e dell’uso delle armi
la decisione è sovrana spetta solamente a lui…”.
Ernst Jünger, filosofo.
“Sparate sempre prima di strisciare” .
Benjamin Péret, poeta.
“Di qualunque cosa si tratti, io sono contro”.
Groucho Marx, comico.
I. DELLA GRAZIA DELL’ANARCA
Piccolo abbecedario della lingua santa dell’Anarca. L’Anarca è il ribelle, il singolo che si evolve in una concezione di resistenza sociale… il distruttore di ogni fondamento valoriale attraverso il nichilismo etico: Il Ribelle è fermamente deciso ad opporre resistenza, dare battaglia, anche in maniera disperata, all’ordinamento che l’opprime… Ribelle è dunque colui che ha un profondo, nativo rapporto con la libertà. “Il Ribelle deve possedere due qualità. Non si lascia imporre la legge da nessuna forma di potere superiore né con i mezzi della propaganda né con la forza. Il Ribelle inoltre è molto determinato a difendersi non soltanto usando tecniche e idee del suo tempo, ma anche mantenendo vivo il contatto con quei poteri che, superiori alle forze temporali, non si esauriscono mai in puro movimento”. (Ernst Jünger). Il Ribelle sceglie di dire no! ai crimini del potere e alla domesticazione delle masse… il ribelle è un modo d’essere… è colui che produce il dissidio contro ogni illusione del sistema che riduce l’uomo a suddito… il passaggio al bosco d’infanzie interminabili o la riservatezza della armi nella propria cantina… è uno spazio sacro, inviolabile, personale… un chiamarsi fuori dall’omologazione mercatale e apertura a una nuova coscienza etica, sociale e umana.
L’iconografia della grazia è in ogni luogo dove la vita non è. La fine del nomadismo ha coinciso con l’instaurazione delle ghigliottine della Chiesa e “lo stesso Dio, rivolgendosi agli uomini dall’alto della forca dove ha impiccato suo figlio, prodigherà loro il suo consiglio di amarsi l’un l’altro” (Raoul Vaneigem). Fra le rovine del giardino incantato, dove l’Uomo e la Donna hanno mangiato il frutto della conoscenza del bene e del male, s’annidano le inquietanti figure del popolo nascosto (non solo fate, elfi, gnomi, draghi, angeli, diavoli, streghe, ma anche passatori di confine….) che hanno rubato la spada e l’aspersorio grondanti di sangue della santa romana chiesa e li hanno gettati negli abissi dell’anima. Le sole persone con le quali stiamo bene in compagnia sono i folli, i briganti, i “freaks” e gli eresiarchi. Il rigore, l’onorabilità e il decoro li riserviamo alla bestialità della fede, della politica, dell’economia, del sapere… decomposti nella civiltà dello spettacolo.
La cultura di un’epoca si misura sul numero di morti ammazzati nei campi di sterminio… per i camini sono passati i diversi, le minoranze, i quasi adatti che affermavano la propria identità e il proprio esilio contro tutto ciò che è e che non è ancora. Il respiro della felicità superiore emerge sul disincanto dell’estasi come confine con dio… la salvezza è il tormento degli assassini, dei santi e dei profeti spettacolarizzati della modernità… ciò che trabocca dalla vita è l’insieme dei propri disgusti che riflettono una missione: quella d’avere piena coscienza di essere così stupidi da sperimentare tutti i coraggi, tranne quello di spararsi un colpo in bocca, per non udire più i lamenti di un’epoca della falsità e del conformismo sociale. L’imbecillità governa ovunque e ciascuno agonizza nelle fogne di un destino che si è fatto con le sue mani.
Piccola annotazione amorosa in forma di erotismo. “Perché non sento il Tuo ‘aspetta’ quando ho il tuo uccello in bocca e perché non posso deridere questa taccagneria di sperma e di orgasmi e non appena schizzi dimostrarTi che è un risparmio più che insensato? Perché non posso leccarTi tutto, stanco e quasi ormai impotente, leccarTi e arraparTi durante un bocchino lungo un’ora… E perché poi non mi sveglio accanto a Te e non ti salgo addosso ancora nel dormiveglia con gli occhi assonnati e non Ti scopo sotto di me… sdraiarmi per terra e carezzare e arraparmi volgarmente la fica e le tette con le mie stesse mani e masturbarmi davanti a Te fino a che Tu Ti pulisca fra le mie cosce e sul culo? E poi, arrapato e desideroso, accettarTi a fare finta che non ho più voglia di scopare, sollazzarTi l’uccello e spidocchiare tra i coglioni, leccarTi un po’ e guardare con distacco come Ti si rizza l’uccello, per un attimo farTi provare tutto, dall’arrapamento fino all’insistenza quasi da mendicante, tiraTi con la stessa espressione per la barba e per l’uccello e soffiarTi nei coglioni nel modo più arrapante di cui sono capace, fino a farTi incazzare al punto da sbattermi il culo e ficcarmi l’uccello dove capita, in bocca, tra le tette, al culo, nella fica e schizzarmi infine tutta da capo ai piedi così che non mi resti altro da fare che andare di corsa a lavarmi, ficcarmi sotto l’acqua corrente e strofinarmi capelli compresi, entrare in bagno dove mi seguiresti e mi leccheresti tutta la fica? tanto da schizzare ancora mentre lo fai?… In culo oggi no/mi fa male/E poi vorrei prima chiaccherare un po’ con te/perché ho stima del tuo intelletto/Si può supporre/che sia sufficiente/per chiavare in direzione della stratosfera” (Jana Cerná). L’amore riconosce solo l’amore… l’amore (all’opposto della violenza) è l’energia, la forza, la volontà… dà ascolto solo alle turbolenze del cuore e prefigura nuove aurore che non hanno ancora brillato, diceva, e nuove possibilità di vita.
Se non ci si perde è impossibile ritrovarsi… là dove ci sono amori autentici, vi sono anche resurrezioni.
L’amore è un’etica che si costruisce con ciò che è affermativo, poetico, ineffabile o non è nulla… è un corpo pagano senza stato e senza dio che attraverso il temperamento libertario,
ludico, volitivo, finanche aristocratico, si fa corsiere della scultura di sé… la sua forza è il contrario della violenza… “la violenza è lo straripamento di una forza che si risolve nella distruzione e nel negativo. Essa vuole il disordine e il ritorno all’informe… la sua logica è l’annientamento.
In compenso la forza mira all’ordine, alla vita e alla positività. La sua efficacia vale per la sua capacità di risiedere in un’istanza che la contiene” (Michel Onfray). L’amore, appunto, è
una forza che non vuole incensieri né demagoghi della morale… rompe gli argini del perbenismo quando vuole e ciò che non l’uccide lo fortifica (avrebbe detto Nietzsche). Famiglia, patria, il sociale, la casta, l’altare… sono trafitti dall’amore e dalla bellezza che si porta addosso… l’amore coltiva le differenze e le promuove nelle passioni egualitarie della comunità che viene.
L’eros leggero, il femminismo egualitario o le visioni edonistiche e libertarie dell’esistenza… innaffiano il piacere, la cura di sé e la cura dell’altro… e niente è osceno dove c’è amore…
l’amore non ha bandiere né patrie, né religioni, né galere… nessuno ha diritto di legiferare l’indicibile… le chiese monoteiste (ebraica, cattolica, islamica) processano l’amore come sporcizia e promettono cieli puliti… Dio è un’impostura, il sangue versato dagli eretici di ogni eresia è storia. È la malinconia che fa spuntare le ali all’uomo e lo porta via dalla banalità del mondo. Ci si uccide sempre troppo tardi o non si vive mai abbastanza per contemplare l’eternità serena dell’anima. “Se la fenomenologia della tristezza porta all’irreparabile, quella della malinconia conduce al sogno e alla grazia” (E.M. Cioran). Colui che percepisce il respiro del cuore, conosce anche il mare della sofferenza e le spiagge del risveglio.
L’amore sopprime l’odio per dargli gli occhi… l’alba dell’amore è lo schiudersi dell’illuminazione, il fiorile dell’anima che si fa vita. Quando l’amore è Amore si prende tutta la vita, fino ai
confini delle stelle. La sola terra dove nessuno va è quella del cuore! Ignorare se stessi significa ignorare il mondo. “Un Uomo superiore aiuta il bisognoso; non rende il ricco più ricco” (Confucio). Il delirio più diffuso è quello di tutti che si identificano in tutti. La felicità di tutti non è mai la felicità di ciascuno e la felicità di ciascuno non è mai la felicità di tutti (Marguerite Duras). L’indecenza di vivere nella civiltà dello spettacolo significa disertare dall’educazione millenaria che l’umanità si è data, o integrarsi nella società dell’immagine globale, dove i milioni di dollari del cinema, fotografia, televisione, telefonia, computer, giocattoli… provengono dal mercato del petrolio, dell’oro, delle armi, della droga… e le campagne elettorali o i sogli pontifici sono le nuove ghigliottine. “La saggezza della demenza” (E.M. Cioran) disvela ogni ordine possibile di salvezza e la scabbia di ogni Credo in qualcosa o in qualcuno confonde la fiamma dell’imbecille con il volo eretico dell’angelo del non-dove.
La grazia dell’apocalisse è il principio di un’Età dell’oro… dove tutti i malvagi saranno eliminati, con il loro sangue saranno lavate le strade delle loro violenze e delle loro ingiustizie… sarà abolita ogni autorità, ogni gerarchia, ogni oracolo… tutti vivranno insieme come fratelli e nessuno sarà soggetto ad altri. Mio e Tuo non esistono in questa Terra della gioia, ogni cosa sotto il cielo è messa in comune, nessuno possiede niente che non sia di tutti. L’Età dell’oro determina la fine dei privilegi di pochi su molti. La loro vita raffinata significava la fame di grandi pezzi di popolo, i loro soprusi si reggevano sulle galere, i manicomi, i lager e sui plotoni di esecuzione.
Nell’Età dell’oro tutti sono eguali perché sono diversi e godono eguale libertà… non c’è legge che non sia quella del cuore e ciascuno coltiva spontaneamente la propria anima. È a
questa Terra di Utopia che Paolo di Tarso (il missionario un po’ imbecille che diffondeva il Vangelo di Gesù tra i pagani, greci e romani) aspirava (ma non sapeva quello che diceva) e coniava: “Noi siamo uomini in questo mondo e non di questo mondo”. Alla maniera dei vagabondi del pensiero e delle canaglie del libero arbitrio… quando le banche dispenseranno sorrisi, forse avremo un mondo migliore. Non facciamoci toccare né dalle nostre sconfitte né dalle nostre vittorie. Dietro ogni scemo c’è un villaggio in attesa di essere bruciato. Il primo atto di disobbedienza è stato anche il primo gesto di libertà.
II. DELL’AMORE DELL’ANARCA
La filosofia ereticale dell’amore s’accende là dove il veleno delle parole trafigge i cuori degli angeli ribelli… le merlettaie dell’anima fanno della bellezza e della sofferenza un ritorno all’amore androgino — “prima che l’incesto divenisse sacrilegio” (Eva Loewe) — e l’unione tra fratello e sorella era un amore sacro. “Amami o uccidimi, fratello” (dice un pezzo del teatro elisabettiano di John Ford)… è sulle lacrime di Eros che sorge la poetica dell’oblio e fa del pensiero androgino l’origine di tutte le passioni. L’amore (disperso ai bordi della vita o in tutte le Belle Arti…) è l’ultimo rifugio di un mondo ulcerato dall’infelicità, cosparso di malinconia dove il respiro di due anime passa da bocca a bocca, s’incrocia in un’altrove senza fine che ridesta la tenerezza, la carezza, la sensualità e risuscita l’immaginale profondo della sessualità senza limiti né steccati accettati. “Si muore tutte le sere, si rinasce tutte le mattine; è così. E tra le due cose c’è il mondo dei sogni” (Henri Cartier-Bresson). Quando conosci l’amore si resta segnati per sempre, perché dall’amore nessuno torna indietro.
L’epifania dell’amore è una follia illuminata dove nessuno è sicuro di nulla, “tranne della sacralità degli affetti del cuore e della verità dell’immaginazione. Ciò che l’Immaginazione coglie come Bellezza deve essere Verità” (Keats). Lo sguardo dionisiaco tocca nel profondo e smuove la superficie o si butta alla deriva dei propri desideri amorosi… vedere in trasparenza significa ri/volgersi fuori e ri/volgersi all’interno di noi… la conoscenza del mondo passa attraverso il cuore. Nel nostro cuore c’è sempre un bambino/a che segue il volo dei gabbiani, per vedere al di là del mare. “Cuore: Per ere incalcolabili non ebbe nome. Poi, in stato di confusione mentale, gliene diedero uno. Quando vola negli occhi, anche la polvere d’oro acceca” (Hakuin Ekaku).
L’amore non si addice all’uomo o alla donna di essere oggetti di proprietà della società consumerista, di essere considerati merce.
Nell’inverno dei nostri scontenti si stendono deserti di cieli dove nessuno va, per il timore che la luce dell’amore diverso trafigga il buio ordinario della vita, per sempre. L’indecenza dell’amore è rendere gioia a tutto quanto è mortificato dall’oscenità dell’osceno. Se il genio comincia col dolore, l’amore ritorna all’amore senza fine dei bambini, perché non ha altra patria o altro covo che il loro cuore. “Per custodire e te e me, per rimanere due, devo imparare l’amore.
Scendere nel cuore, mantenervi il respiro, non esaurirlo nell’opera, non paralizzarlo nel mentale. Armonizzarlo fra le spalle. Finché crescano delle ali? Ripiegate intorno a me, mi aiutano a restare in me, a non uscire da me per nulla, a resistere alla seduzione, alla violenza. Contemplo il fuori ma anche il dentro. Penso senza rinunciare a te, a me, a noi. Amo a te, amo a me. Il respiro va e viene – vita, affetto, intenzione. In me. In due” (Luce Irigaray). La felicità dell’amore è sempre una rinascita.
L’amore è quell’impossibile magico che diventa possibile. L’amore per la libertà (come per l’utopia) è la capacità d’interrogare l’origine della colpa e d’interpretare l’insolenza dell’oltrepassamento in una parola… Amo a te. Amo a te è la magia dell’assenza, il passaggio dall’interiorità all’esteriorità… pensare l’amore come un ponte e non come un fine… essere in Te, in Me, in Noi… l’amore è la bellezza dell’incontro, il riconoscimento di due differenze che condividono i loro respiri. Qui la parola rompe i silenzi, avvicina i corpi e allunga la sensualità nei disincanti di un ri/conoscersi di là da ogni reale violato… l’amore si schiude all’amore in un soffio che tocca ciascuno attraverso le parole, le carezze, il “sentirsi” reciproco. L’amore e solo l’amore ha la capacità di metterci in contatto diretto col mondo che è dentro di noi. Chi ama senza riserve è anche amato e nell’amore sconfigge ogni sorta di dolore, difficoltà esistenziali. Amare significa crescere. Convivere con i propri svantaggi. Avere consapevolezza che la vita può essere qualcosa di più di un’infelicità prolungata… un’esperienza gioiosa che ogni persona carica d’amore rovescia contro i disagi della vita quotidiana.
III. DELL’ERESIA DELL’ANARCA
L’utopia dell’eresia non riconosce altra felicità che non sia quella dell’insurrezione dell’intelligenza… essere eretici significa andare “contro l’educazione che l’umanità ha ricevuto” (Marguerite Duras, la bella). È l’odore di sangue che gronda dalla Bibbia che ha reso insopportabile i suoi boia sull’altare maggiore… il terrore è sempre ovunque e al fondo di ogni popolo che ama un simulacro al posto della fraternità tra gli uomini. Nel suo Libro della concordia (1180), Gioacchino da Fiore annunciava un’epoca della gioia alla fine di cicli storici… al Tempo della conoscenza (o delle ortiche), si succedeva il Tempo della saggezza (o delle rose) e chiudeva la sua profezia col Tempo dell’intelligenza (o dei gigli)… qui ciascuno si faceva maestro e allievo di sé, non conosceva né Inferno né Paradiso e la felicità di uno e di tutti era posseduta in questa vita e in nessun’altra. Liberi uomini per un libero spirito dunque… ricerca di un’aristocrazia della vita migliore o della coscienza lucida, credere solo nel presente e fare dell’innocenza dei piaceri il principio di tutte le trascendenze, devianze ed epifanie delle verità alchemiche. Herman di Rijswijck, in pieno Medioevo affermava che “non c’è Dio, che il mondo esiste da sempre, che le religioni sono il tessuto di assurdità di cui si vestono gli imbecilli… Cristo fu un imbecille, un chimerico ingenuo, e il seduttore dei semplici… io sono nato cristiano, ma non sono cristiano, perché i cristiani sono perfettamente stupidi… Tutti gli atti di Cristo sono contrari al genere umano e alla giusta ragione. Io nego apertamente che Cristo sia figlio del Dio onnipotente. Io ricuso il fatto che la legge mosaica sia stata ricevuta in un faccia a faccia con un Dio visibile. Io stimo che la nostra fede è una favola, come dimostrano le buffonerie della nostra Scrittura, le leggende bibliche e il delirio evangelico. Ritengo falso il nostro Vangelo, perché chi può creare il mondo senza incarnazione può anche salvarlo senza incarnazione”. Per avere espresso le sue idee a mezzo stampa, un tribunale dell’Aja condannò Herman alla prigione a vita… riuscì a evadere, quando fu ripreso se ne occupò la Santa Inquisizione che lo bruciò vivo (con i suoi libri) sulla pubblica piazza il 15 dicembre 1512. L’uomo superiore (o in utopia) si occupa di politica perché lo ritiene giusto… anche se sa bene che (nell’immediato) i propri princìpi non possono prevalere. “Un mappamondo che non includa Utopia non merita neppure uno sguardo” (OscarWilde). Ou-topia è il “non luogo” o posto diverso dal quale ci troviamo a vivere. Eu-topia è il “buon posto” o “luogo del vivere felice” dell’Anarca.
L’Anarca è l’eresiarca senza tetto né legge… il suo cuore si spinge così lontano perché non sa dove va. L’Anarca è ovunque e in nessun luogo… frequenta la solitudine degli ultimi titani del pensiero libertario… è indifferente a qualsiasi regola o valore della società statuale. La filosofia nichilista dell’eterno ritorno è tutto ciò che interessa all’Anarca: “L’eterno orologio a polvere dell’esistenza viene sempre di nuovo capovolto, e tu con esso — granello di polvere dalla polvere venuto” (Friedrich W. Nietzsche, il maestro). Ciò che importa all’Anarca non è il naufragio dell’umanità… ma l’insurrezione del Singolo, il Grande Solitario, il Ribelle che è capace di resistere nelle situazioni più difficili e disperate per lo spirito… l’Anarca è un moralista che si trova a “vivere senza princìpi” (Henry David Thoreau), a rivendicare la “disobbedienza civile” come diritto di avere diritti… è il Ribelle, l’agnostico, “il singolo, l’uomo concreto che agisce nel caso concreto. Per sapere che cosa sia giusto, non gli servono teorie, né leggi escogitate da qualche giurista di partito. Il Ribelle attinge alle fonti della moralità ancora non disperse nei canali delle istituzioni” (Ernst Jünger, il compagno di strada). Non accende solo il fioco di notte girando in tondo… quando occorre affila la lama del suo coltello sulla gola dei tiranni.
La lingua santa dell’Anarca si chiama fuori dalla terribilità delle idee dominanti e ovunque si trovi l’Anarca applica l’antico principio secondo il quale — l’uomo libero — difende la propria identità con ogni arma… la sua Arte è un vero e proprio invito alla resistenza, alla clandestinità, alla sovversione non sospetta dell’immaginale. La poetica del fuoco dell’Anarca è una rêverie libertaria che grida no! alla tentazione del Nulla! e non ha bisogno di vedere per sognare un mondo più giusto e più umano per tutti. L’Anarca è un incendiario della fantasia che moltiplica i conflitti umani nella fiamma ereticale della verità disvelata… “Ogni uomo possiede il proprio rogo segreto” (Gaston Bachelard). L’incendiario e l’incendio s’intrecciano negli occhi allucinati dalla gioia o dalla trasparenza dei sogni… L’Anarca è un re senza regno e come i bambini, non ha mai dimenticato di essere stato un principe.
IV. LA STRATEGIA DEL RAGNO DELL’ANARCA
Disonorate le strade dai sogni che non hanno preso i propri sogni per la realtà e non hanno conosciuto la rabbia in utopia di Ulrike Meinhof o dell’ultimo dei Mohicani… la strategia del ragno dell’Anarca è un’occasione a vivere differentemente le società parrassitaria o dello spettacolo e lavorare come la vecchia talpa libertaria e comunarda… alla distruzione pura e semplice dell’ordine delle apparenze… l’azione differenzialista dell’Anarca reclama — con tutti i mezzi necessari — il diritto alla differenza… un diritto che popoli, società, culture, possono contribuire a conquistare… si tratta di “battere e abolire le strategie riduttrici al servizio di una volontà di potenza che si concentra negli apparati politici, militari e statuali (capitalismo di Stato e socialismo di Stato), strategie che vogliono stabilire l’indifferenza, opponendo loro il gioco delle differenze a livello mondiale” (Henri Lefebvre). La differenza in generale è la forma di ciò che differisce e nella pratica della devianza o, se vogliamo del détournement di tutte le forme d’espressione (i situazionisti, dicevano)… l’immaginario dominante perde il suo predominio e crolla nel disprezzo e nel disgusto di quanti l’hanno intensamente voluto… è a partire dalla liquidazione dei linguaggi multimediali, così come sono organizzati per l’addomesticamento sociale, che la caduta della civiltà dello spettacolo può essere anticipata e passare poi dalla resistenza alla rivolta… e come sappiamo, la rivolta è la più arcaica delle vitalità dell’uomo.
La società parassitaria o mercantile regna sulle moderne condizioni di produzione e si presenta “come un’immensa accumulazione di spettacoli. Tutto ciò che era direttamente vissuto si è allontanato in una rappresentazione… lo spettacolo non è un insieme di immagini, ma un rapporto sociale fra persone, mediato dalle immagini” (Guy Debord). Solo nel mondo realmente rovesciato, il vero prendo il posto del falso e inventa un’altra vita e un’altra storia. La vita senza utopia diventa irrespirabile, diceva… politica ed economia sono sinonimi e la fede in qualcosa o in qualcuno è il terzo grande impostore… l’ultimo punto dell’annientamento sociale è la servitù volontaria… alla scuola dei tiranni ci si abbeverano tutti… operai, preti e padroni… e grazie al conformismo la stupidità illumina le loro speranze mercatali… aspirare sempre alla felicità senza mai raggiungerla è il destino dei poveri, possedere ricchezze sterminate a danni dei popoli è il catramaio dei ricchi… gli uni e gli altri rovistano su cumuli di spazzatura per la medesima ragione: la stanchezza di puttane senza clienti o la sfilata criminale del potere.
La filosofia di vita dell’Anarca è un elogio alla ribellione, all’esplosione della storia, critica radicale della società e invito a rovesciare un mondo rovesciato… ci si libera contemporaneamente di tutto quello che si detesta e soprattutto di tutto quello che ha contribuito a tradire il divenire dell’uomo in rivolta… il lessico della rivolta di Camus non è mai sfiorito negli uomini del no! “Il contrario della reazione non è la rivoluzione, ma la creazione. Il potere è inseparabile dall’ingiustizia” (Albert Camus). Il “potere buono” è l’amministrazione burocratica delle democrazie consumeriste o dei regimi totalitari (la stessa gentaccia)… ed è per questo che occorre passare dal tempo del disprezzo a quello quell’indignazione e nel romanzo autobiografico che ne consegue — al costo di morire non riconciliati con ogni forma di restaurazione rivoluzionaria — e fare della propria passione, della propria libertà, della propria bellezza, la coscienza in rivolta della propria vita.
La strategia del ragno dell’Anarca è uno stile profondo, scarno e indisciplinato… è una forma amara di verità connesse che rifiutano la realtà data, per passare a una congiura del dissidio che si trascolora in disobbedienza civile… è un sentimento di ribellione (non importa quanto consapevole) che spacca l’insignificanza della realtà e i limiti stessi della ragione imposta… il ribelle, ispirandosi ai valori libertari della storia, si solleva contro l’ingiustizia e il sopruso e si fa creatore di un’altra esistenza… il ribelle non accetta mai il mondo così come è… il ribelle è sempre in lotta contro la rassegnazione e il dispotismo… la rivolta si fonda su valori umani, è un’esperienza individuale (e collettiva, qualche volta) in lotta per la conquista della dignità di tutti gli uomini… le rivoluzioni ideologiche (quali che siano) poggiano sulla restaurazione del vecchio edificio che hanno distrutto! “Visto che non viviamo più i tempi della rivoluzione, impariamo a vivere almeno il tempo della rivolta” (Albert Camus, ancora). Si tratta di non mettersi al servizio di coloro pretendono di fare la storia, ma schierarsi dalla parte chi chi la subisce… resistere alla menzogna e all’oppressione e fare della verità e della libertà utensili creativi per cambiare il mondo. Difendersi dal potere non equivale lottare per possederlo, ma per meglio distruggerlo!
Abbiamo scritto altrove (e vogliamo ribadirlo qui):
Dentro una teologia dell’esistenza ludra (che si chiama fuori dalla lingua e dai dogmi dell’otre sociale), l’Anarca, il ribelle o l’eretico parla di etica della situazione, dove l’uomo non è solo spirito di sé ma anche spirito del mondo. L’Anarca esprime una teologia della vita quotidiana che è caratterizzata da cambiamenti profondi verso tutto ciò che è elitario, quanto massificato… è una critica radicale all’autorità. L’Anarca contrasta l’anonimità di una società di massa che costringe l’individuo a prendere sul serio tutto ciò che è banale e mediocre nella sua esistenza. Il mistero del nascondimento del sé nell’anonimità del quotidiano è una vergognosa assoluzione dei carnefici delle democrazie dell’apparenza. L’uomo del consenso muto, mostra il destino del dire affogato nella logica dominante della merce che stabilisce le distanze e le relazioni tra gli uomini. La non-accettazione di sé si rovescia nell’incarnazione del buffone di corte e la congiura, il sabotaggio, il dissidio degli oppressi fa della rivolta libertaria il pane della libertà. Il partigiano della libertà non conosce frontiere né eserciti di occupazione. La lotta partigiana mette in discussione la legittimità degli invasori e risponde colpo su colpo. Il diritto alla resiè una figura marginale, che non fa saltare il quadro della guerra e che non muta la struttura complessiva del processo politico”. Vero niente. Ovunque i partigiani hanno versato il loro sangue, gli inganni delle ideologie e le menzogne
delle fedi sono crollate… finita la clandestinità, la guerriglia, la speranza di un mondo nuovo… la nobiltà del partigiano è stata sovente calpestata dalla costruzione dell’ordinamento
politico e sociale fondato o eretto sul potere… ma ciò che il partigiano ha fatto resta a memoria dei popoli in lotta per la libertà. La delinquenza di diritto comune abita nei parlamenti, nei centri decisionali, nelle organizzazioni di controllo sociale… ed è il risultato di una lunga inclinazione alla repressione dei privilegiati. Nella società attuale i criminali in potenza (organizzatori del crimine) sono i professionisti delle politiche colonialiste, delle religioni monoteiste, dei terrorismi della Borsa… una “razza di demoni” non può che restituire inferni. “La manifestazione del vento del pensiero non è conoscenza, ma è la capacità di distinguere il giusto dall’ingiusto, il bello dal brutto. E in realtà questo può impedire le catastrofi, almeno per me, nei rari momenti in cui si è arrivati ad un punto critico” (Hannah Arendt) e la coscienza collettiva torna ad esprimersi nella Rivoluzione sociale.
Al ribelle dell’utopia (all’Anarca) non è permessa l’indifferenza quotidiana… la resistenza di questo cacciatore di sogni o propugnatore di tempeste non conosce paure né inginocchiatoi… conosce la solitudine perché c’è passato at/traverso, la violenza che gli viene destinata come punizione della propria anomalia non gli fa paura… sa bene che il confine tra caduta e insurrezione è sottile… sa anche che la scelta della libertà richiede sollevazioni e sabotaggi… perché l’uomo autentico può nascere soltanto dall’uomo libero. L’uomo libero è colui che porta con sé il vento eretico della felicità. Nell’uomo libero si nasconde l’amore che mette fine ad ogni spavento e sparge il profumo ai baci di tiglio dell’anarchia sulle rovine di un’umanità marcescente lasciata alla deriva della propria mediocrità.
I garrottati del desiderio di esistere oltre le barricate del sogno, hanno la genialità di interpretare le tartuferie della realtà e del crimine organizzato in leggi… rivendicando i liberi “possedimenti” di una terra senza luogo dove ciascuno è re perché nessuno è servo… “e non so quanti preti criminali, sognando, nella testa del loro cosiddetto spirito santo, l’oro ocraceo, l’azzurro infinito di una vetrata per la loro mignotta – Maria –” (Antonin Artaud), abbiano saputo isolare meglio dei libertari, degli utopisti, dei situazionisti… l’infelicità disgustosa dei valori correnti: se seguissi l’inclinazione naturale del mio pensiero, metterei mano alla dinamite! “Non conosco teppista che non sia un bambino… l’amore fiorisce tra le risse… la collera soffia sul mio collo di cobra… le mie giostre nascono dalla mia insolenza” (Jean Genet). L’odio è senza difesa. La libertà passa dove è passato l’amore.
La libertà senza confini è un attentato contro il catechismo dei codici. Se Dio è un vecchio porco non mi interessa! “Aspirare, nel più profondo di sé, a essere tanto spossessati, tanto miserabili quanto lo è Dio” (E.M. Cioran), significa de/creare ogni assegnazione storica e spirituale… c’è l’amore al principio e alla fine di ogni disobbedienza… niente è impossibile all’uomo che crede nel sogno… nell’utopia come passaggio d’amore verso le spiagge del dubbio e le feste del fuoco che figurano “i dintorni di un modo d’agire” (Ludwig Wittgenstein). Vi è una certa vigliaccheria o forse una certa inclinazione al servaggio nella gente semplice… e il disordine, l’ingiustizia, l’insicurezza, il crimine… continuano ad essere il fondo di ogni società autoritaria. “La sabbia nella quale affondiamo è fatta di parole” (Georges Bataille), la verità possibile è ricchezza dei giorni in rivolta. Ci sono echi nel silenzio che alzano barricate e sparano sui pubblici orologi. Per la libertà non ci sono catene. Ci sono sguardi che spogliano le anime e mettono a nudo i corpi… e dicono che “nei cieli non c’è più nulla da leggere” (Edmond Jabès)… qui e dappertutto, pensare l’amore è già rompere i recinti dell’estasi simulata. C’è un eco nell’amore che ritorna sempre nella sua riservatezza… è il visibile della favola che infrange tutti gli spazi truccati e ritaglia orizzonti troppo vicini ai colori irrecuperabili del cielo. Di fronte a tanta bellezza… o si vola verso una stella irraggiungibile o si parte per un viaggio senza ritorno dalla vita… l’indecenza dell’amore è una cospirazione contro l’immoralità del canagliume clericale e piccolo-borghese che hanno fatto dell’amore una confettura letteraria o spirituale e non ha nulla a che vedere con l’amore.
“L’amore frainteso. C’è un amore da schiavi, che si assoggetta e si svende, che idealizza e si inganna – e c’è un amore divino, che disprezza e ama e trasforma, eleva ciò che ama” (Friedrich W. Nietzsche, il maestro)… preparare l’inversione dei valori significa appartenere agli spiriti liberi che si sottraggono alla costrizione educatrice di tutte le morali.
La strategia del ragno dell’Anarca fruga nelle ferite della vita quotidiana per allargarle… ogni forma del comunicare che mette in campo deve mettere in pericolo l’ordine dei ragionieri, dei burocrati, dei criminali della politica, della chiesa, della cultura, del proletariato sconfitto o asservito… le poetiche dell’Anarca devono sconvolgere tutto, rimettere tutto in discussione… un artista che lascia il lettore della propria opera come era prima, è un artista fallito o di successo…attentare all’idea di sistema significa riuscire a collocarsi oltre il genio incompreso o il mondano d’autore… gli strumenti del comunicare (cinema, fotografia, carta stampata, internet, telefonia…) devono attirate l’attenzione sulle disuguaglianze sociali e sull’urgenza di porvi rimedio… è terribile per un artista che riesca a diventare celebre! Stare accanto a sanguisughe e pescecani della cultura e della politica incapaci di comprendere le lacrime secolari dei marciapiedi… l’abitudine a mangiare non significa prostituzione dell’arte… la ribellione contro l’ingiusto è sempre una forma di tenerezza… tutto ciò che è istituzionalizzato nega la libertà… si tira un’opera d’arte come si tira uno schiaffo e la libertà concessa è l’eternità alla portata di un pidocchio… la libertà non si concede, ci si prende.
Quando nessuno sarà costretto ad inginocchiarsi o piegare la testa nei confronti di governanti, dei ricchi e dei loro bravacci… allora la società potrà definirsi buona… se poi, questa società sarà organizzata in modo che tutti avranno il necessario per vivere tra liberi e uguali… allora questa società sarà davvero ottima, diceva. Non la ricchezza né la potenza servono all’uomo, ma la dignità di tutti gli uomini e deve essere il solo fine di una società liberata e libertaria.
Dal Gran Ducato di Utopia, Settantasette volte sette, nell’anno della libertà e il ritorno delle lucciole.