di Pino Bertelli, 2013
GENTE DEL DESERTO. Sulla fotografia dell’indignazione. Per una filosofia situazionista di liberazione
a tutti i ragazzi che sono scesi nelle piazze, si sono dati fuoco, sono stati uccisi, feriti,
hanno preso a calci in culo i tiranni e i pagliacci della partitocrazia
e hanno fatto della propria vita in rivolta un’opera d’arte.
La negritudine al tempo della civiltà dello spettacolo… schiavi che lavorano in una cava di pietre a Ouagadougou, capitaledel Burkina Faso… centinaia di persone (uomini, donne, bambini) sfruttate, oppresse, delegittimate di ogni dignità dalla mafia nera e dagli affaristi bianchi, per spaccacre pietre che prima sono scaldate con il fuoco fatto con copertoni di camion e poi vendute per una miseria agli ras del luogo che le smistano alle compagnie di bianchi per fare strade, case, caserme o per l’esportazione in altri paesi). Grandi e piccole organizzazioni umanitarie conoscono la situazioneda decenni e niente è stato fatto per mettere fine a questo dolore sociale… è un crimine contro l’umanità e va denunciato.
Ci sono stato sì, ci sono stato in Burkina Faso… per sei anni, una volta all’anno (12/15 giorni) sono andato in uno dei paesi più poveri del mondo… lì dove la vita media non supera i 47 anni e si muore ancora di fame e sete… ho fatto due libri (uno ancora inedito) per un’associazione umanitaria che ha costruito in pieno deserto un orfanotrofio, una sala parto, un albergo per i passanti, i cooperanti, i turisti solidali con la popolazione impoverita dalla politica nazionale e dai mercati globali… occorrevano 6 ore di auto dalla capitale, Ouagadogou, quando ancora non c’era la strada asfaltata, come è avvenuto poi, quando gli americani hanno impiantato una base ai confini del Mali… ho girato nei villaggi, sovente senza strade… in macchine scassate, su muli, in bicicletta, a piedi… ho fotografato quello che ho visto, mi sono anche commosso spesso per le condizioni di povertà nei quali versava un intero popolo… mi sono perso nel deserto, ho visto e fotografato l’inumanità nella quale sono tenuti (dalla mafianera e affaristi bianchi) gli spaccatori di pietre in una cava situata al centro della capitale (Ouagadogou), la sconcertante, feroce, estrema fatica dei cercatori d’oro nel deserto del Sahel (che significa Riva del mare), la ferocia delle popolazioni tribali che riversano contro le donne rimaste vedove, malate, semplicemente pazze o ribelli, lasciate a morire di stenti nel deserto. Tuttoquesto è un crimine contro l’umanità e va denunciato.