“Le fotografie che Lando Civilini ha dedicato al mare e alla gente di Piombino, esprimono una visione mediterranea di grande freschezza, un senso anche ludico della vita quotidiana che sembra ormai lasciato alla memoria orale dei vecchi piombinesi.”
Testi di Tiziano Arrigoni e Pino Bertelli – 1998 – TraccEdizioni
Lando Civilini, fotografo
di Pino Bertelli
Lando Civilini scompare nel giugno del 1968, a sessantatré anni. Nato a Massa Marittima, si trasferisce a Piombino da ragazzo con la famiglia (il padre era impiegato al Comune) e diviene un personaggio straordinario della cultura piombinese. Autodidatta e di idee socialiste, irradiava intorno a sé un’atmosfera di fratellanza e solidarietà. Civilini coltivava diversi interessi. Conoscitore profondo della pittura (i macchialioli), sarà socio e consigliere dell’“Unione Sportiva Piombinese” degli “anni d’oro” e tra i fondatori del Rotary Club. Ma è la fotografia che lo attanaglia al boccascena della storia. I vecchi operai lo rivedono sulla Topolino carica di borse e attrezzi fotografici girare insieme a un ragazzo che diventerà il suo erede nella fotografia industriale (Pulvio Lepri) dentro gli stabilimenti a caccia dell’inquadratura giusta. Si occupò anche di cinema tecnologico o scientifico, fu dunque un uomo di immagini singole e multiple. Negli anni ’60 è prezioso collaboratore di Roberto e Renzo Rossellini per il documentario televisivo (girato a Piombino) “L’età del ferro”. Si avvicina alla fotografia sotto lo sguardo del grande ritrattista Luigi Giovannardi, poi va a studiare la tecnica della luce e della camera oscura da un vecchio artigiano livornese, Miniati. Ma è nella fotografia industriale che Civilini riuscirà ad esprimersi in maniera compiuta. Nel 1925 firma le prime fotocartoline. Esercitava la professione degli occhi in modo severo. La sua cultura era di quelle schiette, fatta di cose semplici e di grandi gesti. Civilini ha registrato gli avvenimenti più importanti della comunità piombinese. Il suo archivio (oggi in parte disperso) testimonia i disastri della guerra, la caduta del fascismo, i giorni della liberazione, la ricostruzione delle fabbriche, la prima fumata dell’Altoforno, l’innocenza sfrontata del carnevale dei poveri… le fotografie che ha dedicato al mare, alla Lega Navale affogata di giovani, strisce filanti e musica americana, ricordano quella Piombino che cercava di dimenticare una guerra appena morta.
Da “Cabiria” alle luci del varietà
Nel maggio 1929 Civilini si sposa con Ada Benci, il padre Edoardo è il gestore del cinema “Sempione”, una specie di “baracca di latta e paglia”, costruito nel 1923, quando lo schermo era muto e in platea un pianista sottolineava le scene più drammatiche o quelle più comiche del film. C’è ancora chi ricorda la grande folla che si accalcava davanti al “Sempione” per “Cabiria”, un film scritto da Gabriele D’Annunzio e diretto da Giovanni Pastrone o chi conserva in soffitta i foto-manifesti di Lyda Borelli, Pina Menichelli, Eleonora Duse, Francesca Bertini. Qualcuno ci parla dell’odore di petrolio sul pavimento di legno e dei semidei di Hollywood… Douglas Fairbanks, Mary Pickford, Rodolfo Valentino, Charlot. L’immaginario cinematografico si sostituiva a un quotidiano collettivo, sovente di estrema po- vertà. La famiglia Benci era anche proprietaria del Teatro-Cinema all’aperto “Savoia”. Qui alla fine deglia anni ‘40 Civilini riesce a costruire il cinema “Odeon” (che gestirà insieme al “Sempione” fino alla sua scomparsa). Sulla passerella dell’“Odeon” le luci del varietà si accesero per i piombinesi e inaugurarono la lunga stagione delle grandi compagnie teatrali. Wanda Osiris, Renato Rascel, Erminio Macario, Carlo Dapporto, Walter Chiari, Gino Bramieri portarono nella “città-fabbrica” una ventata di disinvolta allegria.
Maestro della fotografia industriale
La fotocamera di Civilini diviene un occhio misurato sulla cronaca della società piombinese. Racconta le vicende pubbliche, frammenti di costume e la rinascita economica della piccola “città dell’acciaio”. Prende anche parte a tutte le più importanti ricerche archeologiche dell’epoca etrusca, avvenute nel primo dopoguerra nella zona di Baratti e Populonia. Insieme a Luigi Giovannardi rimane il custode della memoria collettiva di Piombino, una specie di monumentale fototeca dove l’immaginario sociale si riconosce nelle ombre e nelle luci del passato. Civilini però affina, perfeziona, la fotografia industriale. È un precursore anche della cartellonistica pubblicitaria. Nel ’54 una sua fotografia di notevoli dimensioni, eseguita con strumenti artigianali (un’ottica particolare costruita con gli operatori dell’“Odeon”) fu esposta alla Fiera di Milano. Nei primi anni ’30 lavora per l’ILVA, la Montecatini, la Solvay e negli anni ‘50 per la Magona d’Italia. Le foto urbane di Civilini sono attente alla gestualità, al particolare, in bilico tra il decorativo e l’epico. Ma è nei volumi e nelle geometrie industriali che lascia il segno. Fotografa le maggiori fabbriche del Paese. A Taranto, Genova, Savona, Trieste, ovunque riesce a esprimere la potenza tecnologica e la capacità costruttiva dell’uomo. Celebre la sua immagine dell’Altoforno di Piombino, sovrastato da un cielo graffiato di nuvole. Lavorò per lungo tempo nelle miniere della Montecatini di Ribolla e Boccheggiano. Dopo la sciagura di Ribolla (4 maggio 1954, dove persero la vita 43 minatori) non scese più nei pozzi a fare fotografie. Civilini si accostò al documentario a carattere industriale e fece diversi film in 16mm che venivano usati per l’addestramento del personale Italsider, Solvay, ecc. ma è con l’immagine fissa che riesce a mostrare una poetica della modernità dove l’uomo non risulta mai schiacciato dall’ambiente o dalla macchina. È visto come protagonista di una società nuova. Non è difficile vedere nei disegni o nei quadri del pittore Farulli, “I costruttori”, i riferimenti alle sue fotografie. Fotografi come Mulas, Patellani, Berengo-Gardin, hanno lavorato nelle fabbriche piombinesi ma nessuno, come Civilini, è riuscito a coniugare il progresso tecnologico con l’espressione artistica. Civilini è stato una persona innamorata del mondo, della natura, dell’umanità. Le fotografie che ha dedicato al mare e alla gente di Piombino (qui pubblicate, solo parzialmente), esprimono una visione mediterranea di grande freschezza, un senso anche ludico della vita quotidiana che sembra ormai lasciato alla memoria orale dei vecchi piombinesi. I tramonti sul Porticciolo, la neve del ’56, la spiaggia di Ponte d’Oro o quel veliero che naviga su rotte fantastiche… restituiscono a tutti la gioia immediata dei bambini e toccano le corde profonde della commozione per qualcosa che è stato e non è più. Sono immagini tenere, amorose, quasi indiscrete, tanto da indurre a pensare su ciò che abbiamo fatto della nostra città o su quello che avremmo potuto fare. La fotografia meridiana di Civilini ha reso più trasparente la storia dell’uomo e ci ha regalato il sogno di una “città del sole”, per non dimenticare.