di Guido Viale, Edizioni Interno4, 2018, p. 324, € 19,80
Nella messe di pubblicazioni sul e contro il 68 uscite quest’anno… la maggior parte sono solo dossologie o quanto meno elaborazioni, anche fatte male, di li- bri, convegni, inchieste, resoconti giornalistici o tra- smissione televisive che riguardano il cinquantennale del ’68… già cotti e serviti ampiamente ad uso della cultura spettacolare… ripercorrono le vicende stori- che di movimenti, azioni (anche estreme), culture… che molti autori hanno solo letto sui giornali, sui libri o visto al cinema… altri, che c’erano e magari anche in prima fila nelle manifestazioni o sui palchi (ora sono ben sistemati nelle redazioni dei giornali, talk show, MasterChef o altre facezie similari), hanno dimenticano che se oggi possono sbrodolare ovun- que sulla storia, la politica e la libertà… è perché ci sono stati dei giovani che nel ’68 e fino al ’77, si sono riversati nelle strade della Terra e con tutti i mezzi necessari hanno fatto della rivoluzione della gioia i migliori anni della loro vita… dopo quell’anno — ricordiamolo — niente è stato più come prima.
Dal coro sepolcrale del ’68 sborda il volume di Guido Viale, Il 68. Contro l’università – il sessantotto tra rivoluzione e restaurazione. Contiene una nuova introduzione del libro uscito nel 1978 (Edizioni Mazzotta), Contro l’università (apparso in Quaderni Piacentini nel 1968), due interviste a Viale a cura di Marino Sinibaldi (2007) e Giovanna Ferrara (2017)… l’apparato illustrativo è stato curato da Emiliano Si- sto (dell’Archivio La lunga rabbia) e attraverso la ristampa di oltre cento manifesti, volantini, opuscoli, li- bri… tra questi, il manifesto di Guido Crepax (in formato estraibile), realizzato nel 1972 a sostegno della campagna per la verità sulla Strage di Stato di Piazza Fontana (Milano, 1969)… riporta a vivere l’energia politica, culturale, eversiva di una generazione che ha tentato di dare l’assalto al cielo marcio del potere (e dei partiti), non per possederlo ma per meglio distruggerlo. Le cose poi andarono diversamente, ma questa è davvero un’altra storia. In quell’anno formidabile, va detto, anche i vini e la marmellate vennero più buoni. A parte il valore autoriale/scritturale e iconografico del libro, ciò che più affascina e meraviglia nel lavoro di Viale (che come sappiano è stato uno dei fondatori e dirigenti di Lotta Continua)… è la forza dell’utopia che contiene… una sorta di testamento generazionale che anticipa il decennio di lotte, anche rivoluzionarie, che il 68 si portò dietro. Viale racconta fatti, situazioni e personaggi che determinarono o influenzarono le scel- te dei movimenti… viatici culturali e politici dove i giovani si facevano creatori e demolitori della vita quoti- diana… vivevano un tempo in cui nessuno rilasciava certificati di buona condotta! Gridavano che la fine della servitù volontaria passa dalla disobbedienza civile e, comunque sia, l’obbedienza non era mai stata una virtù. Lo scritto di Viale è una requisitoria contro anni di sermoni e vassallaggi che hanno edulcorato fedi e ideo- logie, tradito i valori della Resistenza e denuda l’ipocrisia dei partiti (anche quelli della sinistra)… senza troppo gridarlo afferma (con altre parole): finché l’uomo è protetto dalla burocrazia, agisce ed è complice della macchinazione del potere, ma quando si libera da tutte le forme di tirannia, ritrova la propria identità e respinge dappertutto l’infelicità.
Ripassano negli occhi di chi ha vissuto quei giorni di gioia e di barricate – o si accendono altri sguardi in quelli dei nuovi protagonisti del dissenso -… le manifestazioni degli operai e degli studenti, l’occupazione delle fabbriche e dell’università, l’opposizione alla guerra del Vietnam, i volantinaggi ai cancelli di Mirafiori, la battaglia di Valle Giulia, le stragi di Stato, la rivolta femminista, la lotta armata, la fine di un’epoca con il rapimento e la morte di Moro… tutto è disseminato in date, documenti, analisi politica di uno dei protagoni- sti di quella stagione che non portava all’inferno ma verso la conquista di una vita più giusta e più umana per tutti.
La filosofia della rivolta che attraversa l’intero libro (e le immagini ne sono una piccola mappa creativa), non è quella di un naufragio generazionale… è piuttosto il portolano di un disagio sociale che andava combattuto e abbattuto… il comandante Ernesto “Che” Guevara, a ragione, diceva: “Chi lotta può perdere, chi non lotta ha già perso!”. Non sono gli uomini ma i popoli che fanno le rivoluzioni… e Viale mostra qui che davanti a un tribunale della storia autentica, nemmeno gli angeli sarebbero assolti. Poiché non vi sono molte occasio- ni di vivere o morire per delle idee di amore e libertà, tutto ciò che attiene alla società consumerista (che ha vinto) è parte di un lutto da ciarlatani della politica e della cultura che continua a fagocitare servi e complici. Viale non lo esemplifica così, ma l’intero libro sottende (credo), che la vita sarebbe intollerabile senza gli strappi insurrezionali che la negano.
Piombino, dal vicolo dei gatti in amore, 4 volte maggio 2018