di Pierre Assouline, Contrasto, pp. 399, Euro 24,90
Il viaggio nella vita personale e artistica di uno degli immortali della storia della fotografia, Henri Cartier-Bresson, che fuoriesce nel libro di Pierre Assouline, Henri Cartier-Bresson. Storia di uno sguardo, ci accosta a un maestro dell’immagine pura, a un surrealista d’infinite sfumature creative, a un anarchico irriducibile che prima di ogni cosa mette il piacere della vita (Rimbaud) e nel contempo pratica la maniera di cambiarla (non come Marx, più come Bakunin). Cartier-Bresson (HCB, come lo chiamano gli amici) nasce bene, da una famiglia di ricchi industriali… tuttavia, per tutta la sua esistenza sceglierà di fare il cacciatore di sogni e al fondo della propria visione del mondo metterà l’incontro tra la meraviglia e la bellezza, con in mano una piccola fotocamera (Leica).
Assouline ci accompagna nel meraviglioso di un uomo e di uno sguardo libertario che ha attraversato il novecento e lo ha raccontato per immagini… l’amicizia con HCB gli permette di entrare in punta di ricordi nel rizomario fotografico, politico, esistenziale di un artista che ha messo sulla stessa linea di fuoco, la testa, gli occhi e il cuore, ed è riuscito ad afferrare l’istante scippato alla storia e ai precetti del potere.
Per Cartier-Bresson, scrive Assouline, era importante “disobbedire agli altri per meglio obbedire a se stessi, e tutto ciò che fa lo invita a comportarsi così”. La messe di informazioni, di aneddoti, di affermazioni sulla fotografia e sulla società omologata che fuoriescono dal ritratto del fotografo parigino, ci fanno apprezzare e conoscere meglio il rapporto tra estetica ed etica, tra bellezza e giustizia che sono le radici poetiche della cultura bressoniana dell’immagine… il vagabondare tra la commedia e la tragedia dell’umano che fissava nella cartografia di un modo di vivere, nella vita presa alla sprovvista. Per HCB la fotografia è un furto, occorre scattare senza riflettere perché l’imprevisto non si presenterà più, diceva.
L’immaginale anarchico di Cartier-Bresson lo porterà ad occuparsi degli ultimi, degli esclusi, degli oppressi della terra e le sue fotografie (a ben vedere) sono un ventaglio di disaffezioni o invettive contro i potenti, contro le guerre, contro l’indifferenza generalizzata… il cuore messo a nudo di Cartier-Bresson è quello del flâneur che non si aspetta niente da nessuno e si lascia trasportare nei flussi della storia… come quando partecipa (dalla parte giusta) alla Rivoluzione sociale di Spagna del ’36.
Per Cartier-Bresson “il tempo corre e fluisce, e solo la nostra morte riesce ad afferrarlo. La fotografia è una mannaia che coglie, nell’eternità, l’istante che l’ha abbagliata”. Si tratta di cogliere l’immaginario dal vero. Al di là della composizione perfetta, il rigore morale, la sua scrittura fotografica contiene una vitalità che figura il grado esatto di un’agonia sociale andata in frantumi. HCB rigettava un futuro da cadaveri e diffidava dell’avvenire promesso dai politici e dai preti. C’è una voluttà nel suo fare-fotografia, quella che appartiene ai cavalieri che fecero l’impresa ed accesero conflitti contro l’indecenza che governa, per non morire di noia o di entusiasmo.
L’indignazione di Cartier-Bresson contro l’ordine costituito è ciò che ci ha lasciato in eredità… il grande fotografo è colui che, una volta viste le sue fotografie, ti dà la sensazione che le sue migliori immagini non siano ancora state fatte… in questo senso le fotografie di HCB hanno cambiato il nostro sguardo sulla vita e invitato a respingere senza appello la volgarità del mondo mercantile. Il suo odio per le decorazioni lo portava a dire: “Consultate gli archivi! Non si propone la Legion d’Onore a un anarchico!”. Non credeva in dio e nemmeno nel diavolo… tantomeno nelle istituzioni… sapeva che i partiti, i despoti, i simulacri muoiono a causa di ciò che aveva assicurato il loro successo e ogni principio di libertà autentica è sempre una questione di stile. L’insieme della sua opera è uno dei più radicali attentati portati contro il conformismo e l’autoritarismo e ha contribuito a rendere la vergogna del potere ancora più vergognosa.
Piombino, dal vicolo dei gatti in amore, 11 volte marzo, 2015.