di Augustin Barruel, Mondadori 2004, 8,40 euro
È uscito, negli Oscar Mondadori, un libro singolare, Gli illuminati di Baviera. Una setta massonica del Settecento tra congiura e mistero, dell’abate Augustin Barruel. È la ristampa anastatica del secondo volume della «Storia del giacobinismo» (un testo molto citato quanto poco letto), pubblicato nel 1852. Il titolo interno è «Congiura dei sofisti. Dall’empietà all’anarchia». Il lavoro di Barruel tratta della nascita di una società segreta nella Baviera di fine Settecento, che aveva come fine quello di provocare rivolte e rivoluzioni contro ogni forma di potere e dare vita ad una società anarco-comunista che si richiamava all’Età dell’oro prefigurata dai grandi poeti dell’utopia (Eraclito, Platone, Moro…). Il pensiero ardito dell’abate non risparmia giudizi né li teme. Polemista feroce, contrarissimo alla «filosofia dei lumi», lavora su documenti di prima mano e procura continue abrasioni morali, etiche, ereticali ai codici politici e culturali del suo tempo. Disvela situazioni «sporche» che si dipanano tra Vaticano, sette segrete, poeti e artisti coinvolti in complotti eversivi. Scrive che, a differenza delle altre logge massoniche, gli Illuminati di Baviera accettavano nelle loro fila framassoni atei, materialisti, gente del libero spirito e traccia una linea di continuità storica fra i Templari, i Catari, i massoni giacobini e tutta una catenaria ereticale che aveva come fine la distruzione non solo del cristianesimo gerarchico ma anche e soprattutto di ogni forma di autoritarismo.
Barruel approfondisce la figura del «fondatore» degli Illuminati di Baviera, Adam Weishaupt, conosciuto dalle polizie di tutta Europa come Spartaco. Fu lui che nel 1776 fondò a Inglostadt, nella cattolica Baviera, una delle prime logge dei Rosacroce (l’ordine segreto degli Illuminati di Baviera). L’organizzazione degli Illuminati di Baviera era complessa (ripresa dall’ordine dei gesuiti). I capi restavano ignoti agli affiliati e ogni grado inferiore non conosceva quelli superiori. L’identità del Gran Maestro non era mai rivelata e i programmi erano conosciuti soltanto dai gradi alti della setta. Il «sogno» comune era di aiutare l’uomo a uscire dall’infelicità, dalla paura e dalla soggezione nella quale era tenuto dai potentati del tempo. Ciò che desideravano senza fine, non era solo la fine dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo, ma una rivoluzione basata sul libero arbitrio, e una società fondata sulla libertà dell’eguaglianza.
Il libro si compone di XVIII capitoli e, dopo una lunga dissertazione sugli Illuminati, le loro opere, il loro codice, i gradi preparatori, i cavalieri scozzesi dell’Illuminismo, le classi e i misteri, principi, maghi e uomini-re… l’abate passa con grande naturalezza a riflettere sui Principi illuminati e sul governo dell’Ordine. Non ci sono governi buoni né preti utili alla causa di Dio, sembra dire.
Barruel incolpa gli Illuministi di Baviera di tutte le rivolte, le rivoluzioni, le sovversioni a venire (dalla nascita dell’ Illuminismo alla Rivoluzione francese) nell’Europa bigotta e prostrata alle corone e ai governanti… Ma tra le pieghe del discorso, traspare la simpatia del gesuita per le ondate eversive generazionali (meno, forse, per i valori dell’ordine costituito). Insomma, un libro iconoclasta e radicale, che vale la fatica (l’avventura) di una non proprio semplice lettura.
Dicembre, 2004