« È ricercando l’impossibile che l’uomo ha sempre realizzato il possibile.
Coloro che si sono saggiamente limitati, arresi a ciò che appariva loro come possibile
non sono mai avanzati di un solo passo ».
Michail Bakunin
I. La tela puttana del cinema
Sulla tela puttana del cinema la “diversità” è stata (quasi) sempre una merce che ha portato a strappare milioni di biglietti al botteghino e ha fatto la fortuna di attori/attrici (sovente mediocri) che senza la “fabbrica delle marchette” (Hollywood) non sarebbero sopravvissuti a un’ora di miniera. Avrebbero potuto fare soltanto le accompagnatrici di militari, preti, ministri in pensione o i portavoce di qualche esponente di un partito progressista, democratico, (ma che poi se la fa con tutti, basta mantenere il culo sugli scranni del potere). Guy Debord ci ricorda che “lo spettacolo non consiste di un insieme di immagini, ma di un rapporto fra persone, mediato dalle immagini”. Lo spettacolo è la messa in scena della società consumerista che continua a riprodurre padroni, servi e indifferenti. Il “prodigio”, il “mostro” o il “freak” figurano l’immagine di un’illusione o di un’ammaccatura dei sentimenti e solo la violazione o la liberazione dall’osceno fanno della “diversità” il principio di ogni sovversione non sospetta della realtà codificata.
Tod Browning nasce in una famiglia bene a Louisville, Kentucky (USA) nel 1882, già da ragazzo è uno spirito irrequieto, abbandona gli studi, fugge di casa, entra in un circo e si esibisce sotto gli stracci di un clown… recita nel teatro-vaudeville… fa l’illusionista, il ballerino… il cinema è appena nato e Browning esordisce come attore (in piccole parti) nel 1913. Nel 1916 diventa assistente di David W. Griffith per Intolerance, opera controversa e discutibile dal punto di vista razziale, per la sua visione architetturale resta comunque una pietra miliare della storia del cinema. Browning gira molti film, è eclettico, fantasioso, provocatorio… passa con disinvoltura dall’esotismo, al terrificante, al deviante… La bestia nera (The Wicked Darling, 1919), Tigre bianca (White Tiger, 1923), Il corvo (The Black-bird, 1926), Il capitano di Singapore (The Road to Mondalay, 1926), Lo sconosciuto (The Unknown, con Lon Chaney, un film tra i più grandi mai realizzati, 1926), Dracula (con la straordinaria interpretazione di Bela Lugosi, 1931), Freaks (1932), I vampiri di Praga (Mark of the Vampire, 1935), La bambola del diavolo (Devil Doll, 1936)… sono uno spaccato della sua cinevita e restituiscono sullo schermo l’immaginario di un irregolare, l’impossibilità di essere normale di un autore tra i più citati e meno conosciuti (approfonditi) tra gli storici e critici della macchina/cinema. Browning muore il 6 ottobre 1962 (era stato operato per un cancro alla gola negli anni cinquanta)… nel 1942 aveva lasciato il cinema e condotto una vita schiva e ritirata nella sua casa di Malibu.
Il cinema ha spesso trattato “l’orrore”, la “mostruosità”, gli “svantaggi”, ma è Browning – come nessuno mai – che va alla radice della “diversità” con Freaks1… la Metro-Goldwyn-Mayer intendeva risollevare le casse della compagnia e affidò al giovane Irving Thalberg la produzione, quando i responsabili della MGM lo videro rimasero scossi e dopo la “prima”, che suscita contrasti e invettive per il senso libertario che il film dissemina sullo schermo edulcorato dei fasti hollywoodiani, lo buttarono in un magazzino a far compagnia ai topi… in Inghilterra venne censurato per oltre trent’anni e la sorte distributiva negli altri paesi non risultò meno felice. Fu vietato nella Germania nazista, nell’Italia fascista e anche in molte città degli Stati Uniti… si vede che i censori lo avevano “capito” bene. Hollywood chiuse le porte a Browning e i pochi film che fece dopo Freaks sono produzioni minori o collaterali alla “fabbrica delle illusioni”.
Browning parte dal racconto di Clarence A. Tod Robbins, “Spurs” (scritto nel 1923), il film
però non mantiene nulla di letterario e Browning costruisce un’opera importante, trasgressiva, libertaria che mina alle radici la pratica servile della “Scatola delle illusioni”. Se Sade invitava ad assassinare le “persone senza qualità”, a principiare dai politici, Freaks restituisce la verità delle cose e la sua radicale “esternità” dei corpi “differenti”, corrisponde al dissidio fra l’elemento utopistico e l’elemento cinico che nella critica eversiva di Walter Benjamin, come nella poetica magica di Browning, significa disvelare l’impunità della menzogna e la distruzione pura e semplice del potere dei simulacri. Quando la dialettica della diversità trapassa nell’estetica del sublime, l’incanto dell’apparenza crolla e l’essenza del diverso da sé debutta come opera d’arte.
Freaks è una sorta di manifesto libertario sulla libertà di amare e di essere amati al di là di ogni ipocrisia dell’ordine costituito… la figurazione di un “codice morale” dei “diversi”, dei “mostri di natura”, dei “freaks” che emerge dal film è un incantamento della vita umiliata dalla forza e al contempo è la giustizia degli ultimi che si riprende la dignità perduta e apre di nuovo la porta dei sogni.
La bellezza di questi esseri “estremizzati” che si portano addosso dalla nascita l’aristocrazia della differenza e all’interno di un circo, di uno spettacolo di attrazioni, anche toccanti, figura la felicità dell’eterna infanzia, taccia d’imbecillità chi li confina sulla soglia della “normalità”… la loro “deformità” rinnova la gioia del percepire, la riscoperta di un vocabolario umano che accoglie le belle parole degli esclusi e i loro corpi, le loro esistenze, i loro sogni martoriati si trascolorano in voci insorgenti del mondo. Tutto ciò che brilla d’amore nella “diversità” vede oltre la linea dell’immediato e non c’è mai stato nulla sulla terra che brilli più dell’amore tra persone svantaggiate. La meta finale di ogni ritorno (come di ogni divenire) è la ricerca della felicità.
La “diversità” conosce ogni forma di trasgressione… è una minaccia contro ciò che ci minaccia… la “diversità” vive la propria sovversione nella tracimazione dell’istante come ombra del giudizio… la “diversità” vive di baci al profumo di tiglio e muore di solitudine… la “diversità” custodisce gli sguardi di miele e notti impietose portate alla deriva da una luna puttana e blu, fosse anche quella finta di un circo… non si può spiegare la “diversità”… la “diversità” (come l’amore) si vive! col primo gesto d’amore nasce anche il primo gesto di libertà… chi rinuncia ai propri sogni, muore sugli scannatoi splendenti della civiltà dello spettacolo… basterebbe vedersi stupidi per esserlo molto meno! i limiti, come i maestri, esistono per essere violati.
II. Freaks
Di Freaks. In un circo, la bella trapezista Cleopatra (Olga Baclanova) fa innamorare perdutamente di sé il nano Hans (Harry Earles). Per conquistarla Hans trascura la sua ragazza, Frieda (Daisy Earles), anch’essa nana, e confida a Cleopatra di avere ricevuto una grossa eredità. Cleopatra si accorda con il suo amante, Ercole (Henry Victor), l’uomo più forte del mondo (dice la pubblicità), e decide di sposare Hans per avvelenarlo e derubarlo della sua fortuna. Alla festa (prima) delle nozze partecipano tutti i “freaks” del circo… Cleopatra si ubriaca e grida agli amici di Hans che sono degli schifosi mostri. I “freaks” scoprono il complotto e in una notte di tempesta, dopo uno straordinario inseguimento (che resta nella storiografia cinematografica tra i più grandi mai realizzati), catturano Ercole e Cleopatra. Alla trapezista i “freaks” amputano le gambe, tagliano la lingua e le cavano un occhio, poi “uccidono” Ercole… il film si chiude con la donna esposta in un museo degli orrori viaggianti (ha il volto sfigurato in un corpo di gallina)… Hans ritrova l’amore e la felicità con Frieda.
Browning filma il tragico con leggerezza e dissemina in ogni sequenza l’immaginale (una visione personale) della meraviglia, dello stupore e della tenerezza. In molti non lo comprendono. Come Gianni Rondolino: “… per tacere di Tod Browning, un autore misterioso, amante del brivido e del mostruoso, un poco allucinato e allucinante, che va collocato ai margini del cinema hollywoodiano, per l’originalità di certi suoi film, che riscossero vivo successo in taluni ambienti intellettuali del tempo, e che sono stati recentemente riscoperti e rivalutati, come Dracula (1931)… e soprattutto Freaks (1932), un campionario di autentici mostri umani sullo sfondo di un circo equestre, dove si svolge una storia d’amore dai risvolti raccapriccianti…”. Vero niente. Browning non è affatto un autore misterioso né allucinato e il suo film non è un campionario di autentici mostri umani che interpretano una storia raccapricciante… la sua opera è un poema della sofferenza, dello smarrimento e nell’arte (anarchica) del disinganno raggiunge finalmente il vero.
Freaks scandalizzò i semidei di Hollywood perché Browning aveva utilizzato dei veri “scherzi di natura”… le sorelle siamesi, creature dalla testa di spillo, la ragazza-uccello, un negro senza arti (capace di accendersi una sigaretta con la bocca), un uomo il cui corpo arrivava solo alla vita, l’uomo-stecco, la donna-barbuta… insomma un “bestiario umano” che mostrava di avere una dignità, un codice d’onore, un’etica particolare che si fondava sulla fraternità, sull’accoglienza e sull’amore… chi faceva del male ad uno di loro doveva vedersela con tutti. Il produttore lo tagliò di oltre mezz’ora e Freaks oggi dura 64 minuti. La versione integrale (90 minuti), mai apparsa sullo schermo (esistono però fotografie e spezzoni documentali), nel finale mostrava Ercole castrato, con la voce in falsetto e nello stesso spettacolo della donna-gallina.
Browning si accosta appena al testo di Clarence A. Tod Robbins (“Spurs”), che la MGM gli aveva commissionato… si avvicina invece alla quotidianità dei “mostri di natura”, descrive con taglio semi-documentario la loro vita privata, la loro esistenza sofferta di capricci del destino o/e fenomeni esposti all’impietosità degli sguardi dei “normali”. Un’annotazione: i film censurati, manipolati, smembrati dai magnati di Hollywood venivano destinati alla distruzione per il recupero dell’argento e trasformati in solventi per le unghie delle donne… anche il capolavoro di Erich von Stroheim, Greed (1924), un film monumentale, ha subito la stessa sorte di Freaks. La realtà maledetta di Browning disorientò non poco pubblico e critica. Freaks è stato un fiasco economico e qualcuno scrisse: “Questo film non ha scusanti. Solo una mente corrotta può averlo prodotto e ci vuole un gran stomaco per sopportarlo. Fu fatto soltanto per far soldi e basta. Gli interessi sui liquori resero possibili determinate circostanze di tale degradazione in quel campo da provocare il proibizionismo. In Freaks i film fanno un grande passo verso la censura nazionale…” (John C. Moffit). Per la libertà non ci sono catene… la libertà passa dove passa il pensiero della libertà… la libertà non è libertà finché non ci ha bruciati e sparso le ceneri nei cieli irrecuperabili dell’utopia. E qui quella “solenne canaglia chiamata Gesù Cristo” (Antonin Artaud) non c’entra. Dietro ogni martire, eroe o mito c’è uno squilibrato… il fiato dell’ordinario è il carattere della mediocrità generalizzata.
Altri critici sono stati più attenti alle pieghe dell’analisi: “Tod Browning ha saputo rispettare la dignità della gente di spettacolo, degli oppressi e dei deboli che la società ha respinto. Egli non ha mai messo in ridicolo quel mondo che lui stesso aveva così ben conosciuto, e tanto amato e, meglio di qualsiasi altro, ha saputo trovare uno sguardo lucido, a sua volta impietoso ma sempre generoso, per descriverci la vita dolorosa degli emarginati” (Jean Claude Romer), dentro e fuori dal circo. La conoscenza autentica è sempre stata accusata del delitto d’indiscrezione. È inconcepibile aderire a una civiltà fondata sulle cattedrali e le galere… e ogni ribellione all’ingiustizia basta a invalidare tutti i domani degli ottimisti. “Ribelli dell’inevitabile, disertori dell’innocenza, idolatri del dubbio, fanatici senza credo” (E.M. Cioran)… ci chiamiamo fuori dalla cultura domestica dei frequentatori di illusioni… e in attesa che presto l’ora di chiusura suonerà per la macchina/cinema… ci apprestiamo a rovesciare l’indifferenza degli stolti, lavoriamo per il crollo dell’impero dei segni… ci siamo sempre trovati dalla parte sbagliata e almeno in questo non abbiamo sbagliato mai… una volta che si è capito, la cosa migliore sarebbe sparare all’istante o seppellire ogni potere con uno sputo o una risata. Si è e si resta servi finché non la facciamo finita con la fede, la speranza e i principi insanguinati della tolleranza istituzionalizzata. In molti non avevano capito che Browning era riuscito a descrivere il “sottomondo” di una comunità di emarginati e figurare la loro vita, sovente dolorosa, ghettizzata, respinta dalla morale corrente, ma anche restituire all’intera società la possibilità di superare la propria irriducibile violenza per il “popolo dei diversi”.
La sceneggiatura di Freaks, firmata da Robbins, rivisitata da Willis Goldbeck e Leon Gordon (non accreditati) è piuttosto didascalica (secondo le richieste del mercato)… Browning la usa solo come traccia, canovaccio per raccontare una storia sulla “diversità” estrema… la scenografia di Merrill Pye e Cedric Gibbons è forse troppo elementare, a tratti scontata… l’impianto del film comunque non risente di queste cadute espressive, anche perché è sostenuto dalla grande fotografia in bianco e nero di Merritt B. Gerstad e dal montaggio a ventaglio (sequenze lente intrecciate ad altre scorciate) di Basil Wrangell. La presenza attoriale dei nani Harry e Daisy Earles è davvero straordinaria e Olga Baclanova dipinge sulla crisalide/specchio dello schermo, una perfetta, indimenticabile bionda cattiva (ripresa poi tante volte nella commedia nera-favolistica americana).
“La nostra primitiva paura – dice Tod Browning – per gli esseri deformi e gli anormali viene profondamente toccata in uno dei rari «film neri» di Hollywood – un macabro racconto che porta il turbamento dello spettatore a livello di ansietà -” e risveglia nell’immaginario collettivo le origini del tremore e la trasparenza del male. Cioè la trascolorazione dei valori dominanti nel disgusto e nella vergogna dell’autentico. Ciò che è sovversivo è qualcosa che sfugge al controllo e sostituisce con altro che non è stato ancora catalogato, inquadrato, schedato… è un tentativo disperato di aprirsi un varco nelle mura del convenzionale, della pietà e dell’indifferenza. È un’azione radicale della soggettività contro l’esposizione mercantile delle idee
La cinecamera di Browning è sorprendente, sovente sembra accarezzare i “mostri” che inquadra e fa sbordare dalla tela bianca le loro emozioni, le loro paure, i loro sogni. La fotografia, va ricordato, avvolge i “freaks” in luci e ombre quasi da cinegiornale e li deposita in un gioco/ montaggio aforistico che conferiscono al film un reale magico dove le allusioni, le discrepanze, le invettive contro l’ipocrisia dominante sono coraggiosamente evidenziate. Freaks è una specie di manifesto sul diritto alla differenza… si rivolge agli insorti (insorte) di ogni colore, agli spiriti in rivolta, ai cuori pazzi che fanno dell’impossibile il possibile magico della loro esistenza.
Wallace Ford [Phroso], Leila Hyams [Venus], Olga Baclanova [Cleopatra], Roscoe Ates [Roscore], Henry Victor [Ercole], Harry Earles [Hans], Daisy Earles [Frieda], Rose Dione [M.me Tetrallini], Daisy e Violet Hilton [le siamesi], Schlitze [Capocchia di Spillo], Ehire e Jennie Lee Snow [Capocchie di Spillo], Josephine Joseph [Mezzo uomo-Mezza donna], Johnny Eck (Mezzo Ragazzo], Frances O’Connoer [la Vivente Venere di Milo], Peter Robinson [lo Scheletro Umano], Olga Roderick [la Donna Barbuta], Koo Koo [la Ragazza Uccello], Martha Morris [la Donna senza Braccia], Prince Radian [il Torso Vivente], Elizabeth Green [la Cicogna Umana]… interpretano loro stessi (compreso Wallace Ford, Leila Hyams, Olga Baclanova e Henry Victor, gli attori coinvolti in questa singolare impresa filmica), ci fanno entrare nel dentro della loro quotidianità maltrattata, svantaggiata, offesa… qui il confine tra mostruosità e norma si assottiglia fino a scomparire e ribaltare i riferimenti comunicazionali dell’insieme sociale.
Tra i film maledetti Freaks è forse il più maledetto di tutti… nei generi cinematografici è stato catalogato come capolavoro dell’horror e confuso così con fantomatici vampiri, mostri di Londra, prìncipi delle tenebre, squartatori edulcorati, esorcisti scristianizzati da quel bordello senza muri che è la “santa romana chiesa”. Niente di più inesatto e inopportuno poteva succedere a questo film della trasgressione non sospetta. Pensare la diversità come trasversalità dell’ordinario è già dargli voce.
I critici festivalieri, i docenti della spazzatura d’avanguardia, gli untori senza amore della “rive gauche” lo hanno deriso, boicottato, stroncato senza mezzi termini… le loro ovazioni sono state riservate alla magniloquenza di cartapesta di Cecil B. De Mille, alle scemenze di democrazia dell’apparenza di Frank Capra, all’ambiguità narcisistica/piccolo borghese di Charlot o alle clownerie di cartapesta del Fellini (dopo La dolce vita, 1960) imbalsamato nel suo mito… spogliare l’impostura e la falsità in ogni campo del sapere e dare giudizi irreconciliabili e l’unica maniera di non barare né tradire uno dei pochi grandi capolavori entrati nel mito e nella storia del cinematografo.
Freaks è un’opera dell’oltraggio anarchico. Declassifica ogni altra lettura che non sia quella della solidarietà e dell’amore per gli “irregolari”… la ghettizzazione della diversità è l’arma della morale dominante e l’artiglio repressivo dei valori imposti, serve per impedire al deforme, al sottomesso, al picchiato (di ogni razza) di non amare altro Dio che l’apparenza del codificato. Da qualunque parte si guardi, la diversità radicale esprime un turbamento dei modelli sociali. Non partecipa al gioco… denuda il reale negli squilibri di soggettività devianti dall’ordine del mercimonio. La diversità è una condizione dell’esistente che pone l’oggetto del desiderio fuori dai canali del prestabilito e del conforme.
Freaks è un film d’amore e d’anarchia… percepisce, sente, ascolta, si commuove, respira il rispetto degli altri… ci porta in noi e tra noi… è una presenza che ci tocca, una voce che ci chiama, una carezza che ci sfiora, un sorriso che ritorna da un mondo lontano per ricordarci i possibili giorni della felicità e ci accompagna verso la radicalità eversiva di una gioia in divenire… è l’amore che si schiude nella stessa direzione dell’Altro (dell’Altra), abolisce le differenze, le sessualità, le cadute… è l’unione delle diversità… l’amore è un soffio che tocca attraverso le parole, le carezze, gli sguardi… è riconoscersi in città senza luogo e lasciarsi andare alla deriva delle proprie emozioni. L’amore minaccia ciò che minaccia la sua libertà estrema. L’elogio della “diversità” di Freaks va oltre lo schermo e mostra lo spazio e i limiti della temporalità truccata. Ovunque la “diversità” rovescia il visibile nella rinuncia alla sua riservatezza, ignora ogni forma di soggezione oracolare e nel clamore di scritture (non solo visuali) del silenzio o dello strappo, stordisce i limiti del preordinato e annuncia altri “punti di vista documentati”, libertari dell’immaginario liberato.
Piombino, dal vicolo dei gatti in amore, 2 volte settembre 2011
FREAKS (1932)
Regia: Tod Browning
Soggetto: dal racconto “Spurs” di Clarence Aaron ‘Tod’ Robbins
Sceneggiatura: Clarence Aaron ‘Tod’ Robbins (riscritta da Willis Goldbeck e Leon Gordon, non accreditati)
Fotografia: Merritt B. Gerstad Scenografia: Cedric Gibbons Montaggio: Basil Wrangell
Interpreti: Wallace Ford [Phroso], Leila Hyams [Venus], Olga Baclanova [Cleopatra], Roscoe Ates [Roscore], Henry Victor [Ercole], Harry Earles [Hans], Daisy Earles [Frieda], Rose Dione [M.me Tetrallini], Daisy e Violet Hilton [le siamesi], Schlitze [Capocchia di Spillo], Ehire e Jennie Lee Snow [Capocchie di Spillo], Josephine Joseph [Mezzo uomo-Mezza donna], Johnny Eck (Mezzo Ragazzo], Frances O’Connoer [la Vivente Venere di Milo], Peter Robinson [lo Scheletro Umano], Olga Roderick [la Donna Barbuta], Koo Koo [la Ragazza Uccello], Martha Morris [la Donna senza Braccia], Prince Radian [il Torso Vivente], Elizabeth Green [la Cicogna Umana], Edward Brophy e Matt McHugh [i fratelli Rollo], Angelo Rossitto [Angelino].
Produzione: Irving Thalberg per MGM Origine: USA
Durata: 64 minuti (in origine era di 90 minuti, censurato e tagliato dalla produzione. Nel 1994 è stato scelto per la preservazione nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti).
1 La copia di Freaks che abbiamo visionato alla moviola è notevolmente più corta (64 minuti) delle pellicole di normale distribuzione (90 minuti). Le mutilazioni sono molte ed evidenti. Il massacro di Freaks è dovuto alla mente affaristica del bottegaio MGM, Irving Thalberg… i tagli apportati non riescono comunque ad intaccare l’insieme di un film di grande bellezza poetica e giustizia sociale.