“Come piedistallo avrete un letamaio e come tribuna un armamentario di tortura.
Non sarete degni che di una gloria lebbrosa e di una coroni di sputi”.
E.M. Cioran
Cristaccio d’un boia ladro! miseriaccia dell’immacolata concezione! tutti i padroni al macero!… proprio non capisco come un imbecille del calibro di Paolo Sorrentino possa ancora fare dei film e ricevere un qualche consenso… o forse lo capisco bene?… a mio discapito va
che sono recidivo… dopo la cazzata di La grande bellezza (2015), mi ero ripromesso di non andare più a vedere questo narcisista senza talento, buono per una qualsiasi pubblicità, che si prende talmente sul serio da fare un film deficiente per deficienti… così il 1°maggio, in una
sera di pioggia forte, invece di scappare sul mare a guardare le stelle, mi sono infilato nel cinema e sono sprofondato nell’imbecillità… sarebbe stato meglio affogare nel rosso di una taverna di porto dove si cantava Bella ciao, tanto per non dimenticare la rivoluzione della gioia
nel ’68.
Il cinema concepito come rituale mercantile rende l’intelligenza sovrana nel regno della stupidità. La puttanata n. 1 [Loro 1] di Sorrentino racconta le vicende pubbliche e private di quell’imprenditore milanese (Silvio Berlusconi = Lui) che ha fatto montagne di soldi sapendo come frequentare la politica, il calcio, le televisioni, il cinema, le mafie e bagasce d’ogni bordo… quel condannato che ha comprato tutti, o quasi… poi si è fatto primo ministro con la complicità dei partiti della sinistra ed ha fondato l’impero della corruzione… che bello! un parlamento (quello italiano) intriso nel malaffare è lo specchio di un paese di rara indecenza… l’imprenditore è uno dei burattinai [Loro = finanzieri, massoni, gerarchie ecclesiali e militari, politici, servizi segreti, mafiosi] che tirano le fila delle marionette dei partiti (e dei mezzi d’informazione di massa) e tengono nell’inedia o nella soggezione un intero popolo.
Loro 1 parla dell’ascesa di un giovane faccendiere Sergio Morra (Riccardo Scamarcio) che utilizza delle puttanelle per corrompere politici e ottenere appalti pubblici (diciamolo subito, non c’interessa qui dissertare sui nomi veri o presunti celati dietro gli attori, a questo pensano i velinari ossequienti o i leccaculi televisivi che non sanno nemmeno il tempo che fa). C’interessa invece entrare nella struttura visuale di questa porcata, in attesa che venga considerata con qualche premio nazionale o internazionale.
Il faccendiere e la sua compagna, Tamara (Euridice Axen), organizzano incontri, festini a base di cocaina e sesso… lasciano la Puglia e vanno a Roma per incontrare Lui (Toni Servillo) e raggiungere o almeno annusare la lebbra del potere. Tamara ha una relazione con l’ex ministro del centro-destra Santino Recchia (Fabrizio Bentivoglio), che vuole spodestare Lui dalla reggenza del partito, con l’aiuto della deputata animalista, Cupa Caiafa (Anna Bonaiuto). Morra incontra a una festa l’“ape regina” Kira (Kasia Smutniak) al servizio di Lui… consiglia Morra di affittare una villa in Sardegna che confina con la residenza estiva del cavaliere… decine di ragazzi e ragazzi, più o meno nudi, strafatti da fiumi di droga… cercano di attirare l’attenzione di Lui… non ci riescono… Lui è intento a riprendersi l’amore della moglie Veronica Lario (Elena Sofia Ricci), impegnata in letture importanti (come Cecità, di José de Sousa Saramago) e piccole creazioni artistiche… le canta brani d’amore (con la chitarra del fido menestrello) e riesce a farla commuovere quando sul campo da golf (mentre piove su loro e sulla giostra da bambini), appare Fabio Concato che intona Domenica bestiale (la canzone del loro primo bacio). Fine.
Loro 1 è davvero una sorta di lungo spot pubblicitario su Lui e i suoi accoliti… il film è farcito da trovate adatte agli sceneggiati o alle serie che abbacinano gli adepti per anni al video… le attrici principali, debitamente svestite, hanno le facce giuste per interpretare suore, spose felici o, al meglio, amori molesti… Sofia Ricci è seriosa quanto basta per incuriosire i distratti… legge, fa ginnastica, diverte il nipotino col teatro dei pupi e gli dice che non deve guardare la televisione, perché rincitrullisce. Sa di cosa parla! Sorrentino filma in maniera compiacente sia Lui che la moglie… Lui disserta nozioni filosofiche di seconda mano, lei rende umana, quasi umana la situazione intima della coppia. Le apparenze sono elevate a livello di “stile” ma, come sappiamo, la dissimulazione è un sottoprodotto della creatività e denuncia una mancanza di stile.
La Axen si dimena come può tra mutandine rosse, scopate alla finestra con dietro Roma o, peggio ancora, mostra qualche accenno saffico con la Smutniak che ha del risibile… tra una tirata di cocaina e l’altra, cuoce al forno prodotti surgelati per i figli e cerca d’incastrare l’exprimo ministro… senza un minimo di lussuria, che non farebbe rizzare il cazzo nemmeno a un ragazzo di vent’anni… forse nemmeno sa (come Sorrentino, si vede) che a Rita Hayworth è bastato sfilarsi un guanto in Gilda (1948, di Charles Vidor) o danzare sguaiata tra marinai ubriachi in Pioggia (1953, di Curtis Bernhardt), per non equivocare su una puttana dabbene.
La differenza tra intelligenza e stupidità sta nel mondo di “bucare” lo schermo, il cui uso scontato costituisce la banalità.
Il grugno un po’ tonto di Scamarcio s’allontana molto da quello del figlio di troia che dovrebbe figurare… anche se gli tagliano i capelli, gli dicono di scopare selvaggiamente o di prendere la scena con dissolutezza e viscidezza al contempo… quello ne esce sullo schermo è un lungo inespressivo provinciale che sembra capitato lì per caso… si aggira tra ragazze e ragazzi patinati, appena sfornati dallo stupidario televisivo dei grandi fratelli, amici, isole dei famosi, talk show, masterChef, saghe fantasy, serie di genere crimine/poliziesco o medici in famiglia… e finisce per prendersi davvero sul serio… a noi sembra che in questa attorialità (diffusa nel cinema italiano) predomini l’estasi del cretino, che è la nobiltà del ciarlatano al seguito di qualsiasi corte.
La Smutniak fa l’“ape regina”… il suo musetto da orsetto lavatore e il corpo incline all’anoressia non hanno nulla ha che vedere (ad esempio) con la procacità misteriosa di Marina Vlady di L’ape regina (1963, di Marco Ferreri)… che, naturalmente, incappò nei tagli della censura… cattolici e comunisti si trovarono uniti (come sempre) nel crepuscolo delle idee e nel disdegno d’apprezzare l’anticonformismo libertino e libertario del maestro Ferreri. La Smutniak, dicevamo, fa del suo meglio per incarnare la donna che fa carriera nella politica o negli affari con l’apertura delle gambe… peccato però che quando si spoglia le mancano, appunto, la voluttà delle forme, la seduzione ereticale o l’erotismo ammiccante della Vlady… è invece efficace nella promozione di profumi, prima o dopo il telegiornale… la delizia della sensualità è un’altra cosa… dovrebbe studiare la carnalità trasgressiva di Silvana Mangano (Riso amaro,1949, di Giuseppe De Santis), Sophia Loren (Madame Sans-Gêne, 1961, di Christian-Jaque) o Anna Magnani (Vulcano,1950, di Wilhelm Dieterle)… per comprendere che il cinema sarebbe intollerabile senza la bellezza sacrilega che lo nega.
La presenza della Bonaiuto non s’avverte… truccata, mascherata da politica della buona borghesia milanese, sembra appassita, quasi una caricatura… tra un dialogo e l’altro, piuttosto demenziali, s’incarta roteando gli occhi alla maniera dei divi del cinema muto… e non poteva essere diversamente, con un regista che è riuscito a far recitare male, fino al parossismo, Sean Penn (This Must Be the Place, 2011) o Michael Caine, Harvey Keitel e Jane Fonda (Youth – La giovinezza , 2015). Le formule, come i precetti, non funzionano al cinema come nella vita… non si discute il potere, lo si celebra (come Sorrentino) o si contrasta fino all’estremo. La commedia camuffata nel dramma, abbassa ogni cosa al rango di pretesto… la santità, il vizio, il potere trattati in questo modo, non mostrano solo una mancanza di talento, ma un gesto supplementare di sostegno all’imperio delle categorie ad uso della servi… l’umanità agonizzante di guerre umanitarie, finanzieri del terrore, politici dell’abuso, è da un’altra parte.
La stupidità è l’ultima parola di una società che si spegne.
Servillo non riesce a frenare le sue frivolezze da teatro di quartiere… si adora così tanto (ed è corrisposto in questo dal regista, che in quanto a santificazione di sé ha pochi eguali nelle vetrine del cinema mercantile)… che incarna Lui al meglio del suo nulla… vi sono certe volgarità che inducono ad accettare ovunque qualsiasi cosa — come un popolo a eleggere al governo politici corrotti, mercanti d’armi o mafiosi in formato grande — e far finta che un letamaio come il parlamento non sia un posto inqualificabile che andrebbe bruciato all’istante e, soprattutto, celebrare esseri che non superano quel minimo di accettabilità sociale, invece di schiacciarli come serpi nelle loro tane, anche con il cinema.
Chi fa cinema dovrebbe conoscere a fondo la storia della Lanterna magica… e non importa scomodare irriducibili poeti in anarchia come Buñuel, Vigo o Rocha, per capire che basta un John Huston di Stanotte sorgerà il sole (1949) a mostrare che ogni forma di arroganza va annientata, e non importa essere analfabeti, poveri o ricchi per rovesciare le idiozie appassionate o gli entusiasmi ereditati da cumuli di dispotismi… in un dialogo che vale tutte le sceneggiature di Sorrentino, Huston fa dire a uno scaricatore di porto: “Quando un ricco lotta per la libertà è certo un uomo di coscienza”. Avere coscienza dei propri diritti significa farsi beffe di ogni potere o, come nel film di Huston, lavorare (anche con la dinamite) per il risveglio della rivoluzione sociale.
Il soggetto di Loro 1 è di Sorrentino, la sceneggiatura è stesa dal regista con Umberto Contarello (co-sceneggiatore anche di This Must Be the Place e La grande bellezza)… di là dalle illustrazioni architetturali del film… una dossologia di universi convenuti a dir poco insopportabili… i dialoghi ampollosi, le soluzioni creative plateali, gli anacronismi simbolici… ciò che fuoriesce in Loro 1 è una sequela di salotti, piscine, barche, ragazzi e ragazze che giocano con gli smartphone, ballano incessantemente alla maniera dei prodotti televisivi, una ragazzina fa una sega (nemmeno bene) a Dio (?), un mafioso forse?… tutto esprime una nomenclatura visiva che si raccorda con l’educazione all’ipocrisia, un’inclinazione molto praticata nella cultura e nella politica italiana.
La regia di Sorrentino vorrebbe strabiliare… inquadrature fisse contrapposte a movimenti di macchina non proprio eccelsi, ricalcano i modelli edificanti del cinema d’azione americano… il camion della spazzatura che vola sulle rovine imperiali di Roma (a rallentamento) mentre un nugolo di puttanelle e magnaccia lo guardano strabiliati… una pioggia di pasticche (allucinogeni) cade su una piscina e come in un brutto musical tutti danzano e scopano per l’attrazione del turismo sardo… la residenza estiva di Lui, magnificamente fotografata da Luca Bigazzi (si fa per dire), tutta una casistica di mossette, atteggiamenti, posture di Servillo ricoprono l’intero film d’indulgenze verso il padrone… chi non mostra rimpianti per le benevolenze di un arricchito senza scrupoli, non dispone nemmeno del coraggio necessario per coprirlo di sputi, come meriterebbe. Il montaggio di Cristiano Travaglioli, insieme alle scenografie di Stefania Cella completano la messe di canonizzati della felicità… spesso i film più raffinati (vedi Steven Spielberg), come i crimini più grossolani, sono fatturati da coloro che mettono nello spettacolare l’inafferrabile e il pudico insieme… la distopia Ready Player One (2018) è identica all’evanescenza commediale di Loro 1, tutto è verniciato di futilità e ciò che suscitano interessa solo a quanti si collocano fuori dagli interrogativi sul potere.
A parte la finezza interpretativa di Bentivoglio, la meglio recitazione di Loro 1… va al bestiario che vi compare… una capra che muore di freddo nella villa di Lui… il rinoceronte che passeggia nelle vie della Roma notturna… la capretta incuriosita che guarda Lui come esperto di fiori (anche)… i cani da guardia giocaglioni… un tarpone impertinente (fa deragliare il camion della spazzatura)… un’aragosta che zampetta sul seno nudo di una escort… tutto condito con quel tanto di falsa preziosità che fa la beatitudine del mito… l’insignificanza impera là dove il significato muore e la gloria d’appestati si sostituisce alla consolazione dell’arte per tutte le stagioni del mercato… il cinema assopisce la conoscenza, la conoscenza ridestata uccide il cinema, leggermente. A un certo grado di grandezza, ogni film dello spettacolare integrato diventa indecente!
[ Fine della prima parte]
Piombino, dal vicolo dei gatti in amore, 2 volte maggio 2018