di Fabio Baldassarri, Robin Edizioni, 2013, pp. 194, Euro 13
Ilio Barontini è una figura di comunista, internazionalista, partigiano che all’avvento del fascismo fu costretto all’esilio e da fuoriuscito si trovò a combattere in diverse parti del mondo. Fabio Baldassarri ne traccia la vita pericolosa, coraggiosa, determinata alla conquista di una società migliore. Lo descrive come un uomo che ragionava con la “testa sua”, sorretto da una forte identità, mai prono a mediazioni o compromessi, seguiva la sua inclinazione politica a sofferenza anche dei propri affetti.
Barontini nasce a Cecina in una famiglia di matrice anarchica, appena quindicenne lavora nel Cantiere Orlando di Livorno, poi ferroviere. Dalle file del socialismo passa a quelle del comunismo e diventa responsabile della Camera del Lavoro della CGIL di Livorno. Baldassarri, col piglio sintetico del giornalista (è stato redattore de L’Unità, sindaco di Piombino), ci racconta le sue gesta con l’amorevolezza dello storico di parte. Barontini è tra i fondatori del Partito Comunista d’Italia (1921), per sfuggire a una condanna del tribunale Speciale fascista espatria in Francia, in Russia, dove frequenta i centri di addestramento dell’Armata Rossa e inviato in Cina a fianco della guerriglia di Mao Tse-tung. Partecipa alla Guerra Civile di Spagna (1936), come sostituto di Randolfo Pacciardi alla guida del Battaglione Garibaldi nella battaglia di Guadalajara. Non è questa la sede per dissentire sull’operato del PCI di Togliatti contro anarchici e Trotzkisti, né tantomeno addentrarci nei crimini di Stalin e nelle verità (tradite) della sconfitta di quella rivoluzione sociale. Baldassarri, del resto, incentra il suo lavoro sul magnetismo sovversivo del personaggio e a ragione lo proietta oltre le fazioni politiche o gli schemi di partito.
Il Comintern manda Barontini — scrive Baldassari — sul fronte della guerra di Etiopia, in appoggio alla resistenza locale. Richiamato in Francia, organizza gruppi clandestini contro i nazisti e il governo collaborazionista di Petain. Dopo l’armistizio e la caduta del fascismo torna in Italia, assume il nome di battaglia “Dario” e prende parte alla lotta di liberazione. Baldassarri qui spende le sue pagine più belle e dense di fraternità con l’uomo mai stanco di battersi per un’idea di libertà e di democrazia di un popolo. Ricorda che Barontini fu decorato con la Bronze Star Medal dagli Stati Uniti e l’Ordine della Stella Rossa dall’Unione Sovietica. Diviene senatore della Repubblica sugli scranni del PCI. Muore in un incidente stradale a Scandicci nel 1951.
Questo è ciò che dispiega Baldassarri nel suo libro, con notevole franchezza e passionalità letteraria densa di note e riferimenti storici… la fascinazione del personaggio è avvolgente, singolare, avvincente, a tratti sembra di assistere a un film western di buona fattura… tante sono le annotazioni, le curiosità, i ricordi di un uomo che ha fatto della propria vita politica e delle sue ombre, anche una sorta di esempio epico contro la sopraffazione e l’ingiustizia, utile alla riflessione delle giovani generazioni, per non dimenticare.
Piombino, dal vicolo dei gatti in amore, 12 volte giugno, 2013