di Lidia Borghi, Gabrielli Editori, 2014, pp. 93, Euro 11,5
Il libro di Lidia Borghi è asciutto, per quanto profondo e sofferto non per per la delicatezza dell’omosessualità che tratta, quanto per la profondità dei sentimenti struccati che porta alla luce dell’ipocrisia e dell’indifferenza, e come chiosa Don Andrea Gallo in apertura dello scritto, “l’indifferenza è l’ottavo vizio capitale”. Evitiamo con cura di elencare le nostre opinioni in fatto di chiesa, fede e omosessualità… siamo schivi alla benevolenza quanto alla tentazione di dire con Nietzsche che l’innocenza del divenire o l’affermazione della felicità possibile è nel godimento della vita senza simulacri né divieti per ogni forma di libertà (di sessualità)… amare il proprio destino significa appropriarsene e crearsi libertà. La libertà, come qualsiasi amore, non si concede, ci si prende.
Il lavoro della Borghi, introdotto da due oculati scritti di Letizia Tomassone e Franco Barbero, prende alla gola… smuove rabbie e al medesimo tempo porta alla serenità dell’accettazione di sé e dell’altro. La Borghi apre una panoramica che tratta l’omosessualità cristiana con notevole onestà intellettuale, poi le pagine delle conversazioni con due madri di figli omosessuali, Mila Banchi e Ursula Rütter Barzaghi, ci commuovono per la loro lucida radicalità… esprimono una straordinaria vitalità/verità amorosa, estranea a molti uomini dotati di una normale intelligenza… i quali spesso non comprendono che l’amore, quale che sia, non si ferma mai entro i propri limiti e coltivare la vita significa comprendere e accettare il “diverso” da sé come uguale… la libertà sessuale è al fondo delle nostre identità e nelle relazioni con noi stessi e gli altri. Non esistono eterosessuali, bisessuali, omosessuali… esistono persone in amore. Tutto qui.
La testimonianza di Gaia, una lesbica credente di Napoli, conferma la tesi centrale del libro, e cioè che i precetti evangelici non sono poi così in contraddizione con la vita cristiana e la libertà di coscienza che ne consegue. L’amore autentico del quale scrive con abilità discorsiva la Borghi, va oltre la critica militante della persona omosessuale… è un coacervo d’incontri sulla sfera della sessualità aperta… uno schiaffo all’intolleranza e alle menzogne istituzionali che si ricordano del popolo omosessuale solo il giorno delle elezioni. Far crescere e fiorire la nostra esistenza, significa restare fedeli alla propria identità originaria e coltivarla senza nascondersi dietro comportamenti artificiali, apparenze o maschere… che non corrispondono alla nostra identità, diceva. Accettare il diverso da sé significa aderire allo stupore che si fa vita.
Questo saggio della Borghi ci fa comprendere che l’amore omosessuale, come ogni amore autentico, divelte frontiere, dogmi, violenze, compromessi, inibizioni… non si sottomette ad alcuna ragione che non sia quella di condividere desiderio e amore. Solo la bellezza e l’intelligenza della sessualità liberata possono spingere la sua energia verso l’abbattimento dell’invisibilità (come marchio della diversità) e il riconoscimento degli omosessuali come persone… l’eros ci spinge ad amare senza chiedere perché! Ciò che importa — dice Lidia Borghi con la grazia che le è propria — è rendere possibile l’umana condivisione di piacere con l’altro, poco importa quale sesso abbia, se è uguale al tuo, quello che conta è di amare e fare dell’amore profondo un’opera d’arte… tutto quello che sia fa per amore va al di là del bene e del male… perché per l’amore, come per la libertà, non ci sono catene.
Piombino, dal vicolo dei gatti in amore, 16 volte settembre 2014