di Marco Sommariva, Sicilia PuntoL Edizioni,, pag. 162, 10 Euro
Il romanzo di Marco Sommariva (Lottavo romanzo) è una salutare lettura sulla giovinezza di una stagione all’inferno, forse… quella dei ragazzi di un’infanzia interminabile, anche se difficile. I ragazzi poveri che hanno attraversato il secondo conflitto mondiale e da subito sono diventati uomini in grado di aiutare le famiglie (non importa in quale modo) ad affrontare un’esistenza cruda, sovente intollerabile. Insomma è la storia di quei ragazzi cresciuti nelle strade, liberi anche di fantasticare un divenire meno feroce ma non per questo inadatti a conoscere la libertà di gioire delle piccole cose e sognare di rovesciare un mondo ingiusto.
Sommariva li descrive (in prima persona) con cruda verità… antifascisti, libertari, libertini… figli di padri indocili, di memorie storiche intrise di sangue, di fame di verità e bisogno di amare e di essere amati… la miseria del dopoguerra è descritta come una culla dolorosa, ma anche felice ed educativa, rimanda alla bella gioventù degli anni sessanta, agli “anni di piombo” del terrorismo, alla società mercantista a venire — che ha ingoiato la tempesta e lo slancio della generazione libertaria del ’68 —… passa nelle parole sentite dell’autore che si accordano con l’autobiografia della sua famiglia.
L’anarchia di Sommariva è radicata… intreccia passaggi esistenziali ed emozioni forti, invita a un cammino in libertà e fa della dignità calpestata degli ultimi il diritto di respingere dappertutto l’infelicità. Le lotte che racconta sono le stesse che molti hanno dimenticato e l’invito alla rivoluzione dell’intelligenza disvela il disagio a vivere quanto a fare dello stupore e della meraviglia i grimaldelli di una vita — più giusta e più umana —tutta intera da conquistare (i mezzi sono tutti buoni).
Il libro si chiude o, meglio, si ri/apre con Lottava rima (una poesia/testo) del cantautore Alessio Lega, che riprende la rivolta sociale di Genova del 2001 e si fonde con il narrato di Sommariva nell’indignazione contro la rapacità delle istituzioni… a conferma che la storia ufficiale non è che una sfilata di falsi assoluti, una successione di altari innalzati a dei pretesti utili alla domesticazione degli uomini. Lottavo romanzo dunque, non è solo un romanzo, ma una sorta di manifesto libertario contro morali, codici, dottrine che continuano a perpetuare la secolarizzazione delle lacrime. Ma la miseria, la repressione, lo sfruttamento non sono un destino e nemmeno un’eredità, sembra dire rabbiosamente Sommariva, sono condizioni imposte e vanno sconfitte. La libertà è una creazione dei nostri eccessi e della nostre disobbedienze, e per la libertà, come per l’amore, anche il più estremo, non ci sono catene.
Piombino, dal vicolo dei gatti in amore, 20 volte novembre, 2013