di Pierandrea Amato, Cronopio, 2010, pp. 110, Euro 10.00
La rivolta è un piccolo libro di grande bellezza etica e singolare forza metaforica. Tratta di filosofia della vita quotidiana, di soggetti sociali “differenti” o “insorgenti” che tendono a incrinare o disvelare i dispositivi di omologazione culturale dell’ordine dominante. L’ha scritto Pierandrea Amato, che non teme di disturbare le convenzioni e le convenienze della politica stipendiata o dei saperi dottoriali. È un’analisi filosofica delle rivolte metropolitane che ai quattro angoli del mondo rigettano le sopraffazioni del potere. “Vivere, scrive l’autore, significa rivoltarsi. La rivolta è la prima traccia di qualsiasi gesto politico”. Tutto vero. Amato lavora sull’epoca dello sfaldamento e mostra che stato, classe, partito sono i produttori dell’afasia collettiva che attanaglia l’intera umanità.
Il pamphlet di Amato affascina, trascina, indigna gli spiriti sensibili che non accettano le forme di controllo sociale che i poteri forti esercitano sull’intero pianeta… il richiamo al sabotaggio libertario di Emile Pouget o all’uomo in rivolta di Albert Camus è canonico, più ancora il libro di Amato ci pare vada “toccare” non solo certe analisi della “scuola di Francoforte” (mai tramontate per chi studia la rivolta sociale come percorso radicale di ricerca della felicità)… riporta negli occhi gli studi sulla disobbedienza civile di Arendt, Foucault, Dedord, Vaneigem… si richiama alla rivolta come evento sublime di rottura di ogni totalitarismo. La rivolta — scrive Amato — “è un’occasione di turbamento radicale del principio di qualsiasi autorità”. La rivolta, infatti, è l’espressione dell’imprevisto che insorge contro l’usurpazione della bellezza, dell’accoglienza, del rispetto dei diritti umani. La rivolta è una sorta di scardinamento del sistema giuridico-giudiziario che cristallizza nella storia la miseria degli oppressi. Amato non è uomo di facili visioni conviviali e non teme di riconoscere la politica istituzionale come strumento/produzione di violenza. Naturalmente esercitata in nome della pace e della verità.
La rivolta è uno scritto che non fa sconti a nessuna parte politica… tutti i politici di professione sono coinvolti nella necessità di rendere i popoli stupidi e proni ai loro dettami, sempre inclini a giustificare catastrofi ambientali, tradimenti della storia (ad esempio quella della Resistenza) e connivenze tra governanti e mafie… in cambio di un garantismo che di fatto è un gabbia poliziesca tra le più feroci mai state costruite nella storia dell’uomo. E allora, scrive Amato, alla violenza sistematica del potere occorre opporre una critica della violenza (Benjamin, diceva) dove gli oppressi individuano il momento per disfarsi dell’infelicità che li attanaglia nei secoli… l’epifania della rivolta è dunque un’irruzione del tempo consacrato alla macchina/capitale, in qualche modo dà visibilità ai popoli impoveriti e mostra come si può abitare il mondo alla fine del mondo.
La scrittura di Amato rapisce… le visioni sono tante, le invettive contro ogni forma di tirannia, insolenti… come Rabelais, Amato ci fa sorridere e incazzare di tanta barbarie politica e con il coraggio dell’utopista irriducibile esprime la seminagione della rivolta feconda (Lévinas), lacerazione o appello all’azione che afferra l’attimo e come nel ’68 inaugura una stagione della gioia mai finita. La rivolta è un libello autorevole che esprime una contro-morale dell’esistenza… alla certezza dell’indifferenza contrappone l’ascesi del dispendio e insegna a ben vivere come a ben morire. L’innocenza del divenire auspicata da Nietzsche è tutta qui. Lo spirito sottile della rivolta (che si legge in filigrana, ma non tanto) e il libero uso di sé sogna l’insorgenza del ludico, del meraviglioso, dell’inedito e la fine dell’impostura… è l’eccesso che dà la misura di tutte le cose. È la rivolta che porta il cielo in terra. Per gli uomini dotati di libertà e per gli amanti della piccola saggezza o talento in amore dell’uomo per l’uomo… il piacere della rivolta abolisce l’impossibile e annuncia la comunità che viene.
31 volte maggio 2010