Naviga per Categoria

L’ETA DEI LIBERTINI. CONTROSTORIA DELLA FILOSOFIA III

Inserito da serrilux

L’ETA DEI LIBERTINI. CONTROSTORIA DELLA FILOSOFIA III

di Michel Onfray, Fazi Editore, 2009, pp. 260, Euro 17,50

L’età dei libertini è il terzo volume sulla Controstoria della filosofia che Michel Onfray ha affabulato con grande grazia e maestria, e come in tutta la sua opera trasversale a ogni forma di potere, anche qui il filosofo dell’irregolarità, lancia i suoi strali velenosi contro quelli che “fanno professione di pensare”. Onfray, in questo libro, si occupa della filosofia del Seicento, il Grand Siècle, il secolo di Richelieu e dell’assolutismo di Luigi XIV. Lo fa alla sua maniera, senza riverenze di sorta, e riesce ad incastonare, una dopo l’altra, pagine di sovversione non sospetta, di autori che hanno attentato i pregiudizi del costume e dell’ordine costituito del loro tempo. L’epoca felice dei libertini è scritta in un’etica libertaria del “vivere liberamente”, ci ricorda Onfray. Per i libertini, è nell’epifania della gioia e nella pratica delle proprie passioni estreme, che la ragione si emancipa. Al fondo delle “scandalose inclinazioni” sessuali o all’”umanesimo impuro” dei libertini, infatti, si trova la genealogia dell’ateismo.

I personaggi che Onfray tratta, principalmente — Pierre Charron, François La Mothe Le Vayer, Charles Saint- Evremond, Pierre Gassendi, Cyrano de Bergerac, Baruch Spinoza —, sono teorici del libero pensiero e le loro idee, i testi, le vite sono restituite allo splendore ereticale che competeva loro. Onfray li chiama fuori dall’oblio, dalla condanna o dalle censure nei quali sono stati emarginati, li spolvera anche dell’accademismo (Spinoza) o del romanzesco d’appendice (Cyrano de Bergerac) dove li hanno deposti o incensati malamente, e li sottrae al moralismo d’accatto che li vorrebbe bruciare (Saint- Evremond, La Mothe Le Vayer…) su antichi roghi da “santa inquisizione”. La Chiesa, lo sappiamo, non è seconda a nessuno in fatto di torture e massacri, per l’instaurazione dell’ordine di Dio. Alla critica dei miracoli, la Chiesa ha mostrato sempre “di avere il sangue caldo e il braciere pronto” (Michel Onfray).

La visione dionisiaca di Onfray, mutuata da Nietzsche con notevole slancio autoriale, si fa beffe del bene e del male di ogni filosofare, segue le correnti o i moti di libertà dei Fratelli del Libero Spirito che attraversano con ebbrezza ed esultanza il “libertinismo erudito” di Charron o Gassendi. I filosofi libertini rivendicano la propria esistenza dissoluta o illuminata, come opera d’arte, e prendere atto della soggettività estrema è come rivendicarla. “Il libertino, — scrive Onfray — ricordiamoci l’etimologia, vuole affrancarsi: tutti condividono questo stesso desiderio. Pensare liberamente per vivere liberamente”.

Il libro di Onfray si accosta con sapienza e disincanto alla “vivenza” libertina e impertinente di filosofi dell’amore, della voluttà e della critica radicale contro l’obbedienza del più forte. La “saggezza laica”, l’etica del desiderio o la pratica dei piaceri espressi erano l’elogio alla virtù dei libertini d’ogni-dove, senza rinunciare mai alla propria libertà di pensiero, di giudizio e di coscienza. La filosofia dei libertini o del godimento di sé, sottolinea lo scrittore francese, conteneva il genio collerico della rivoluzione francese del 1789, e niente per i libertini era da proibire, l’amore, come la libertà, non vuole catene.

La fascinazione del libertino si trascolorava nello sconosciuto, lo strano, l’inedito e sosteneva che in amore non c’erano differenze, tutto era permesso, perché le leggi che regolano i costumi e i valori sono false. Ironia, humour, buffonerie, sarcasmi, erano gli “arnesi di lavoro” dei libertini e il loro riso eversivo investiva le miserie dei re, dei nobili e della laboriosa servitù volontaria: “il riso apre abissi, spacca il mondo in due, libera una luce che illumina tutto il pensiero progressista degno di questo nome” (Michel Onfray). Dopo la filosofia amorosa o del divertissement dei libertini, nulla è stato più la stessa cosa.

L’eta dei libertini è un’opera che resta, perché grande è il senso di libertinaggio che contiene e singolare inoltre, è la scrittura aforistica, coraggiosa, libertaria di Onfray, tutta dispiegata o incentrata sul libero uso della ragione e della filosofia agnostica delle passioni e dei piaceri. È una seminagione insomma di metafore, segni, apologie del ludico che si richiamano a Utopie della bellezza e alla ricerca della felicità, alla possibilità degli uomini di vivere senza dio, né re, né padroni e conoscere la gioia di esistere tra liberi e uguali.

31 volte marzo 2009

Manifesto per una fotografia dei diritti umani resistenza sociale, disobbedienza civile e poetica dell’immagine

Manifesto diritti umani