di Hans Magnus Enzensberger, Einaudi, 2007, pp. 73, 8 Euro
Il perdente radicale di Hans Magnus Enzensberger, è un saggio insolito, caustico, brillante, scritto fuori da quel “buonismo” ipocrita che tanto circola nella sinistra istituzionale che fa professione di pensare. Enzensberger descrive il profilo del “perdente radicale” nella storia e in modo stringato, salace e fortemente sincero vede nel padre che stermina la famiglia, nel soldato nazista che obbedisce al genocidio degli ebrei o nel terrorista islamico che fa della morte un passaporto per l’eternità, una comunanza d’intenti, cioè un credo nichilista, necrofilo o semplicemente violento che emerge dai valori in decomposizione delle idee dominanti.
I guerrieri di Dio, sostiene Enzensberger, non hanno come obiettivi veri la vittoria sull’Occidente ma lo sterminio di tutti gli infedeli. S’indigna poi su ciò che è scritto delle donne nel Corano: “Gli uomini sono superiori alle donne perché Dio li ha prescelti… E se temete che si ribellino, ammonitele, evitatele nel talamo, chiudetele nelle loro stanze e picchiatele. Ma se vi obbediscono, non siate in collera con loro”. Del resto anche San Paolo, nella Bibbia, afferma cose non molto diverse sull’assoggettamento della donna all’uomo.
Il cinismo radicale del filosofo tedesco non risparmia colpi bassi né agli integralismi arabi né alle violenze delle potenze occidentali. Distruzione e autodistruzione s’intrecciano nelle cadute di un’umanità organizzata nel mercato, svuotata d’ogni valore dalle parole “capitalismo”, “concorrenza”, “impero”, “globalizzazione” e il progresso, dice Enzensberger, non ha eliminato la precarietà della condizione umana, ma l’ha profondamente modificata. Infatti, negli ultimi duecento anni le società più evolute si sono conquistate nuovi diritti ed hanno prodotto nuove macerie, le loro politiche di mercato hanno influito sui destini della terra quanto sulle ferite ambientali del pianeta.
Il perdente radicale è un libro scomodo, e molto. Per Enzensberger gli umiliati sono colpevoli delle loro umiliazioni e il terrorismo è un’invenzione europea dell’`800. Quello odierno, comunque, si legge nel saggio, non ha nulla a che fare con i terroristi della “propaganda attraverso l’atto”, qui il gesto non era vendetta ma il tentativo di far emergere la giustizia dall’impostura e dalla menzogna. Nel terrorismo moderno, Al Qaeda e i suoi apostoli sono interpreti di un dramma reale che si mescola alle campagne pubblicitarie o all’horror domestico dei telegiornali e ogni atto di sangue, anche il più estremo, si trascolora in spettacolo.
Enzensberger poi sottolinea che la libertà politica nei paesi arabi si situa all’ultimo posto nella classifica mondiale, al di sotto persino dell’Africa, e impressionante è anche l’arretratezza nella trasmissione del sapere. Una donna su due non sa leggere ne scrivere. La quota dei libri stampati nei paesi arabi è pari allo 0,8 per cento della produzione mondiale. La somma delle traduzioni da altre lingue pubblicate dal periodo del califfato di Al-Mamun (813-33) ai nostri giorni, ossia nell’arco di mille e duecento anni, corrisponde a quanto la Spagna di oggi produce in un solo anno. Il progetto dei “perdenti radicali”, scrive Enzensberger, a guisa di provocazione, anche… non è il controllo del potere ma il dissolvimento della ragione. Il loro fanatismo religioso è riservato soltanto a una minoranza di eletti che condanna a morte un mondo feroce, estraneo, coloniale e la sola salvezza o la sola profezia accettata sembra consistere nell’organizzare il suicidio collettivo di un’intera civiltà.
11 volte giugno 2007