Correnti utopistiche dal Lettrismo a Class War. Traduzione di Luther Blissett. (AAA Edizioni, maggio 1996)
… Se la parola “arte” ha assunto il suo significato moderno nel diciottesimo secolo, allora ogni tradizione di opposizione all’arte deve essere fatta risalire a quel periodo – o ad uno successivo.
Nell’antica Grecia e nell’Europa medievale, la categoria “arte” serviva a definire un gran numero di discipline – molte delle quali sono state successivamente ridotte ad “artigianato”. Le attività che hanno mantenuto il titolo di arte sono oggi praticate da uomini (sic) di “genio”.
L’arte ha sostituito la religione nell’esercizio delle sue funzioni, non solo in quanto ultima – e in ultima inconoscibile – forma di conoscenza, ma anche come espressione legittimata dell’emotività maschile.
L’artista “maschio” è considerato un “genio” perché esprime sentimenti tradizionalmente considerati “femminili”. “Egli” costruisce un mondo in cui il maschio si rende eroico mettendo in mostra tratti “femminili”; e la femmina è ridotta ad un ruolo insulso e subordinato.
La “Bohemia” è colonizzata da uomini della borghesia – alcuni dei quali sono “posseduti dal genio”, e la maggioranza “eccentrici”. Le donne borghesi il cui comportamento assomiglia a quello del “genio maschio” sono sminuite in quanto “isteriche” – mentre i proletari di entrambi i sessi che si comportano allo stesso modo vengono marchiati come “matti”. L’arte, nella sua pratica e nel suo contenuto, si basa sull’esclusione classista e sessista.
Benché i suoi difensori dichiarino che l'”arte” è una “categoria universale”, ciò è semplicemente falso.