“La ghigliottina è uno sportello di banca… Si può farli fuori tutti sul posto… Sono sempre in cucina. Niente da perdere! Puoi giurarci che è fumo è basta Il loro tris d’intellettuali, impressionisti confusionisti tendenzialisti;
un po’ farfugliano a sinistra, un po’ a destra, ma in fondo a quella loro anima puttana sono tutti ferocemente conservatori, dosatori di fine arguzie…
Puttane di razza, si moltiplicano… Nella fogna l’intera genia, dunque!… Non se ne parli più per niente! L’Inno al mattatoio, aria compresa, Non manca niente!…”.
Louis-Ferdinand Céline
I. Sulla mediocrazia del cinema
Il grande baraccone mercatale del cinema americano continua a sfornare film che fanno addormentare anche il canto degli uccellini nei parchi pubblici… supportati da tecniche di ripresa affascinanti, un parco di attori che sembrano credere a quello che interpretano, effetti speciali da videogiochi evoluti, musiche che si affastellano sopra i dialoghi, sovente intermi nabili… raccontano una storia o evitano di raccontarla come andrebbe raccontata se non si tenesse conto che i milioni di dollari spesi per la realizzazione di un film, devono almeno quintuplicare la spesa sostenuta dalle case di produzione collegate con l’imprenditoria finanziaria che investe su tutto, cinema, carta stampata, televisore, telefonia, internet, armi e terrorismi variegati… che bello!… lo scannamento dell’immaginario al completo si opera nell’Accademia dei luoghi comuni.
L’apoteosi delle chiacchiere si fonda sul narcisismo dell’arte e alimenta il Cimitero a legna della Brava Gente (Céline). Più di cinquanta secoli di schiavitù dello sguardo hanno portato al gran ballo della mediocrazia della civiltà dello spettacolo tutta intera, senza eccezioni. I poveri affidano i loro risparmi alla banca Rothschild, i Rothschild li usano per foraggiare gruppi di potere, governi, partiti, sindacati, il mercato delle armi, financo le ragazzine un po’ autistiche che schiamazzano qua e là in difesa del pianeta ferito a morte!… i paradisi fiscali autorizzano rapine finanziare al di fuori della legge e una turba di esperti (politologi, giornalisti, sociologi, psicologi, sindacalisti, politici, artisti, internauti…) sono parte delle strategie/liturgie amministrative che legano insieme qualunque realtà sociale, storica o politica. Il cinema fa del suo meglio per rimbecillire alla radice gli spettatori e addomesticarli nella dittatura della felicità.
Il regista di Oppenheimer, Christopher Nolan, è un fine artigiano della macchina/cinema, ma non un poeta… passando dai fasti al botteghino di Batman Begins (2005), Il cavaliere oscuro (2008) o Dunkirk (2017), fino a Oppenheimer… si è confermato essere uno dei testimoni più accreditati della mediocrazia del cinema mondiale.
Il termine mediocrazia, scrive il filosofo canadese Alain Deneault, designa “standard professionali, protocolli di ricerca, processi di verifica e calibrature metodologiche attraverso i quali le organizzazioni dominanti si accertano di rendere intercambiabili i propri subalterni. La mediocrazia è l’ordine in funzione del quale i mestieri cedono nel posto a una serie di funzioni, le pratiche precise tecniche, la competenza all’esecuzione pura e semplice”, e sono al fondo di tutti i prodotti artistici della civiltà dello spettacolo.
La stupidità funzionale fa a meno di qualsiasi esame di coscienza e la politica, l’arte, la vita quotidiana non si riflettono nei testi di filosofia ma nei libri contabili… gli analfabeti secondari, Hans Magnus Enzensberger diceva, sono plasmati negli istituti scolastici, nelle fabbriche, nell’intimità della vita sociale e l’autocensura diventa il ponte mediano che riflette il modello imperante… l’obbedienza assurge allo stadio di valore in sé… le figure centrali della mediocrazia si ritrovano nei parlamenti, palazzi di giustizia, istituti finanziari, ministeri, chiese, partiti, sale stampa, laboratori scientifici, università, illusionisti di tutte le arti… la colonizzazione del pensiero fuoriesce dall’uniformazione dei linguaggi e il crimine istituito rientra in tutti i campi del pensiero politico, economico, scientifico e della cultura.
Il cinema della mediocrazia si pone nella posizione intermedia tra i dominatori e i dominati, suggerisce una terra di mezzo, una qualità modesta della ricezione cinematografica… un lessico visuale inter-educativo indissociabile dal volere predominante… indica uno stadio medio che sfocia nel banale… la mediocrità generalizzata della cultura che si riproduce attraverso tutte le forme del comunicare è di conseguenza tale da innalzare lo stato medio della ricezione al rango di una pretesa autorità… in questo regime di soggezione culturale, economica, politica, religiosa, definirsi liberi è il solo modo di manifestarne la marchiatura.
Di Oppenheimer
Di capolavori è pieno il mondo e si può anche morire di noia di capolavori… la civiltà dello spettacolo ne produce a valanghe di capolavori e un pubblico di stolti ci crede… basta che qualche cialtrone erudito ne parli alla televisore, alla radio, sui giornali o in internet e la confezione è fatta… la scuola dei cadaveri è al massimo splendore e solo un Bardamu, il banditolibertario di Viaggio al termine della notte di Louis-Ferdinand Céline o un Bonnot, l’anarchico-ladro che rubava ai ladri delle banche, possono accendere quel cammino-desiderio armato tra gli spari che cantano i domani (détournement di una brutta poesia di Louis Aragon, Premio Lenin 1956), mettere fine alle carognate di tutte le Patrie e attraverso la lingua parlata della strada dischiudere un altro firmamento sociale.
L’apoteosi delle chiacchiere si fonda sul narcisismo dell’arte e alimenta il Cimitero a legna della Brava Gente (Céline). Più di cinquanta secoli di schiavitù dello sguardo hanno portato al gran ballo della civiltà dello spettacolo… i poveri affidano i loro risparmi alla banca Rothschild, i Rothschild li usano per foraggiare gruppi di potere, governi, partiti, sindacati, il mercato delle armi, financo le ragazzine un po’ autistiche che schiamazzano qua e là in difesa del pianeta ferito a morte!… i paradisi fiscali autorizzano rapine finanziare al di fuori della legge e una turba di esperti (politologi, giornalisti, sociologi, psicologi, sindacalisti, politici, artisti, internauti…) si occupa delle strategie/liturgie amministrative che legano insieme qualunque realtà sociale, storica o politica. Il cinema fa del suo meglio per rimbecillire alla radice gli spettatori e addomesticarli nella dittatura della felicità.
Di Oppenheimer. Christopher Nolan è un furbo artigiano della macchina/cinema, il profeta delle nuove tecnologie applicate al cinema-marketing… passando dai fasti al botteghino di Batman Begins (2005), Il cavaliere oscuro (2008) o Dunkirk (2017), fino a Oppenheimer… si è confermato essere uno dei testimoni più accreditati della mediocrazia nel cinema mondiale. Il termine mediocrazia, scrive il filosofo canadese Alain Deneault, designa “standard professionali, protocolli di ricerca, processi di verifica e calibrature metodologiche attraversoi quali le organizzazioni dominanti si accertano di rendere intercambiabili i propri subalterni.
La mediocrazia è l’ordine in funzione del quale i mestieri cedono nel posto a una serie di funzioni, le pratiche precise tecniche, la competenza all’esecuzione pura e semplice”, e sono al fondo di tutti gli strumenti del comunicare della civiltà dello spettacolo.
Nelle dossologie storiche si legge che la capitolazione della Germania nazista avviene l’8 maggio 1945… l’8 settembre 1943 i voltagabbana del fascismo annunciano da radio Algeri l’armistizio con gli Alleati. Il 6 agosto 1945 gli americani sganciano la bomba atomica su Hiroshima (Little Boy) e il 9 agosto 1945 su Nagasaki (Fat Man). Le città verranno spazzate via dalla deflagrazione degli ordigni nucleari e centinaia di migliaia di civili saranno letteralmente bruciati vivi dagli allegri ragazzi di Topolino. Il 2 settembre 1945 viene firmato l’Atto di resa del Giappone. La guerra è finita… naturalmente continua con i medesimi mezzi su altri massacri, altre colonizzazioni, muri e fili spinati… le nazioni in campo sono sempre le stesse ma questa volta le fosse comuni sono parte del mercato globale… gli affari sono affari… i ricchi diventano sempre più ricchi, i poveri più poveri… che importa se milioni di coglioni si fanno ammazzare per una patria che li sfrutta, li opprime, li uccide… invece di disertare, sabotare, insorgere con tutti i mezzi possibili contro la razza padrona e mandarla al macero, una volta per tutte.
Oppenheimer si dipana sugli sforzi produttivi per realizzare la bomba atomica, gli scienziati che aderiscono al progetto e la volitiva intenzione del presidente Truman di sganciare la bomba sul Giappone, anche se già il 12 luglio l’imperatore Hirohito (che come giardiniere era piuttosto bravo) aveva chiesto la cessazione della guerra e accettato la resa incondizionata (che il film non dice).
Nolan evita la struttura temporale della narrazione e organizza una ritrattistica di sotto-vicende intrecciate tra passato e presente… girate in pellicola IMAX 70 (anche in bianco e nero) con effetti visivi accattivanti, sovente inutili. Nel 1942 Oppenheimer è chiamato dal generale Leslie R. Groves a dirigere il Progetto Manhattan e realizzare la prima esplosione atomica della storia. Il padre della bomba atomica fa costruire una città-laboratorio a Los Alamos (Nuovo Messico) e con i fertili studi di grandi scienziati [Enrico Fermi, Richard Phillips Feynman, Otto Robert Frisch, Harold Clayton Urey, John Hasbrouck van Vleck, John Archibald Wheeler…] si arriva alla prima detonazione di un’arma nucleare… il nome in codice è Trinity (“l’Arnese”) e viene fatta esplodere nel deserto di Jornada del Muerto (Nuovo Messico) il 16 luglio 1945… il 6 agosto Hiroshima e il 9 agosto Nagasaki decretano il successo-genocidio del Progetto Manhattan.
Il film si apre con Oppenheimer studente dell’Università di Cambridge che cerca di avvelenare il suo professore perché gli impedisce di andare ad ascoltare una conferenza del fisico Niels Bohr… il professore non mangia la mela al cianuro però… Oppenheimer studia fisica teorica in Germania e inizia a insegnare nell’università della California e al California Institute of Technology… qui incontra la biologa Katherine “Kitty” Puening che diventerà sua moglie… il fisico ha una relazione con Jean Tatlock, psichiatra e membro del Partito Comunista Americano… una ragazza sveglia… sul Western Worker scriveva contro le ingiustizie sociali e protestava contro i regimi di Mussolini e Hitler… insieme a Oppenheimer raccolgono fondi per i rivoluzionari spagnoli che combattevano contro il generale Francisco Franco, appoggiato dai fascisti e nazisti. Nel gennaio 1944 il padre la trova con la testa immersa nella vasca da bagno piena a metà… aveva 29 anni… si è parlato di suicidio, per alcuni si è trattato di un omicidio politico ben camuffato. La CIA, come si sa, è sempre stata un’organizzazione efficiente quando si tratta di eliminare elementi sovversivi. Il KGB del comunismo sovietico non è mai stato secondo a nessuno in fatto di arresti, torture e fucilazioni. Gli assassini di Stato s’abbeverano alla medesima fonte del crimine.
Il film alterna le sequenze (bianco e nero) di Oppenheimer — chiamato a rispondere alle accuse di comunismo e spia per i sovietici dalla Commissione per l’Energia Atomica degli Stati Uniti — con i momenti salienti della costruzione della bomba… Nolan mescola la giovinezza, gli amori, le intuizioni dello scienziato con le accuse di spionaggio dell’ammiraglio Lewis Strauss, inquisitore spietato, che riesce a fargli revocare il nulla osta sicurezza e la proibizione di lavorare nelle istituzioni statali. Ci sono anche un paio di camei di Oppenheimer con Einstein (peraltro visto come un vecchietto rimbambito che getta il pane ai pesci di un laghetto), che non ne vuole sapere del Progetto Manhattan.
Nel corso dell’interrogazione di Oppenheimer, la moglie “Kitty” ha una visione… quella del marito che fa l’amore appassionatamente con Jean Tatlock… qui il fantastico si mescola al ridicolo… poi torna la faccia semi morta di Oppenheimer e il ghigno impenetrabile degli accusatori. Un po’ di nudo fa vendere più biglietti, specie quando non c’entra nulla… è l’infezione più praticata nei brutti film. Nel 1963 il presidente Lyndon B. Johnson consegna a Oppenheimer il Premio Enrico Fermi come atto di riabilitazione politica.
Il soggetto di Oppenheimer è preso dal libro di Kai Bird e Martin Jay Sherwin, American Prometheus: The Triumph and Tragedy of J. Robert Oppenheimer, Premio Pulitzer 2006. Nolan stende una sceneggiatura pomposa, carica di dialoghi sovrastati da una musica (Ludwig Göransson) che specie nelle ultime due ore (delle tre elaborate) infastidisce anche gli spettatori più sordi… il montaggio di Jennifer Lame articola scene, effetti speciali (Scott R. Fisher, Andrew Jacksone) e sembra sovente perdere il senso degli avvenimenti. La scenografia di Ruth De Jong, Samantha Engleder, Adam Willis e i costumi di Ellen Mirojnick sostengono l’intero film in una figurazione epocale di notevole essenzialità.
I velinari della critica internazionale (cani da riporto delle case di produzione) hanno acclamato una scrittura filmica prolissa, ridondante, vanesia e l’hanno affiancata a opere di maestri immortali del cinematografo (Stanley Kubrick, Akira Kurosawa o Sergej Ejzenstejn)… poeti maledetti che ci hanno messo in guardia dall’adulazione, poiché contiene un retrogusto che è menzogna.
Il cast di Oppenheimer è di pregio ma Cillian Murphy (Robert Oppenheimer), Emily Blunt (Katherine “Kitty” Oppenheimer), Matt Damon (generale Leslie Groves) o Kenneth Branagh (Niels Bohr) non fuoriescono dalla maniera… Murphy-Oppenheimer fotografato in primi piani allungati fino all’inverosimile, resta così pietrificato nel ruolo da meritare perfino un Oscar. Sono Robert Downey Jr. (ammiraglio Lewis Strauss) e Florence Pugh (Jean Tatlock), poco importa se le è stata assegnata una piccola parte, ha togliere il film dall’oblio dello spettacolare integrato nel quale il regista si è avvolto. La fotografia di Hoyte van Hoytema (nel formato espanso dell’IMAX) incornicia i volti in un immaginario fantastico, più vicino al thriller che alla biografia di un uomo che ha contribuito alla costruzione di un’arma in grado di distruggere l’intera umanità.
Oppenheimer è architettato in un compiacimento tecnico che evita di spiegare molte cose… Nolan vede nel “distruttore di mondi” una specie di eroe che ruota intorno alla sua ambiguità di uomo e di scienziato… sia l’uno che l’altro rispondono a una diarchia: l’associazione dell’uomo e dello scienziato come protogenesi del consenso! Oppenheimer si vuole sbarazzare anche del figlio pur di portare a termine la propria “creatura”… convincere e costringere sono sinonimi e la giustizia, come l’amore o la libertà, si compie solo nell’azione della giustizia che la confuta.
Oppenheimer è un fedele servitore dello Stato, un Ponzio Pilato della della scienza, altro che Prometeo… infatti dirà: «Non mi sono mai pentito e non mi pento ora per aver fatto il mio lavoro»… aveva anche idee chiare sulle armi nucleari: “Se le armi atomiche entreranno a far parte degli arsenali delle nazioni, verrà un tempo che l’umanità maledirà i nomi di Los Alamos e di Hiroshima. I popoli del mondo dovranno unirsi o periranno tutti”. Oppenheimer continuerà a sostenere che il compito dello scienziato è quello di scoprire, mentre come utilizzare le scoperte è un esercizio devoluto alla politica.
Nel suo film Nolan non contempla l’olocausto visivo di Hiroshima e Nagasaki, la provenienza dell’uranio scavato dagli schiavi delle miniere del Congo (ne sono morti a migliaia), le multinazionali (come la DuPont) che sostennero il Progetto Manhattan con milioni di dollari… e fa del personaggio una sorta di antico cavaliere che fece l’impresa di distruggere l’umanità in nome della scienza, della politica e della finanza… tutti gli stermini di massa si assomigliano e le guerre hanno imputridito l’Uomo negli ultimi tre secoli ancora più a fondo che in tutta la Preistoria, diceva… buona visione.
Piombino, dal vicolo dei gatti in amore, 18 volte settembre, 2023