« Deploriamo fermamente la distruzione dei piccoli cinema di periferia…
noi non siamo affezionati al fascino delle rovine, ma i parcheggi,
centri commerciali o caserme di polizia… innalzati al loro posto
hanno una bruttezza senza rimedio che invoca la dinamite… ».
Anonimo toscano
Grazie al conformismo e all’illuminata stupidità dei suoi spettatori… la scatola delle illusioni (Hollywood) non ha mai prodotto, che io sappia, un solo bastardo che abbia dato fuoco alla tela puttana del cinema e a tutte le star durante la consegna degli Oscar, nemmeno per scherzo!… Hollywood è insieme il paradiso e la tomba del cinema!… successo e imbecillità sono sinonimi o perlomeno hanno molto a che vedere con il delirio di miserabili che erigono miti o santi per generare una qualche gratificazione all’interno della civiltà dell’apparenza e della sottomissione. Mediocrità e servitù salvano la società consumerista e ne assicurano la durata e la stabilità… governi di scimmie e tiranni da operetta permettono a un manipolo di arricchiti di massacrare, opprimere, sfruttare i popoli impoveriti dalle loro guerre… l’indice di gradi- mento degli ascolti televisivi e di tutti i media asserviti al sagrato delle multinazionali… in- neggia ai loro crimini e milioni di spettatori si trovano accanto ai distruttori nel ruolo di com- plici… senza sapere mai che l’uomo libero respira e si emancipa soltanto con la liquidazione radicale di tutte le stoltezze istituzionalizzate… per raggiungere un certo grado di felicità o quantomeno un salutare sarcasmo, dovremmo non soltanto abbattere tutti gli idoli, con la conseguente caduta dei pregiudizi, ma praticare anche per un certo tempo la pulizia di latrine e parlamenti (che poi sono la medesima cosa), comprendere che l’epoca propizia a questa crescita di disobbedienza civile coincide con la fine di un ciclo di barbarie.
Ora perfino i dissennati sostenitori del — fascismo, franchismo, nazismo o “comunismo” — sanno che Hollywood è una cloaca che produce spazzatura edulcorata o violenza gratuita per far sì che il pubblico possa adorare il Mito nascente e appendere la sua effigie nel salotto buono o nella cameretta dei ragazzi — tra Cristo, Che Guevara o Topo- lino fa lo stesso —… i più rivoluzio- nari c’infilano anche i Beatles o i Rolling Stones… tutta merda confe- zionata per la pianificazione della domesticazione sociale… la creativi- tà musicale viene dopo… c’è da dire tuttavia che un mondo senza Miti sarebbe altrettanto noioso quanto un patibolo senza boia! A giudicarla dagli imbecilli sacralizzati che ha prodotto, la nostra epoca sarà stata tutto, tranne che intelligente… e lo straordinario assentimento planeta- rio tributato al film Joker di Todd Phillips, ne è la conferma. La venerazione di qualsiasi mito o santo è una professione di fede generalizzata e fa di coloro che vi si dedicano dei dementi in potenza.
Joker è una cosetta da 65 milioni di dollari e ha già incassato nel mondo oltre il miliardo di dollari (primo film vietato ai minori di 14 anni a riuscirvi)… un prodotto confezionato a misu- ra di tutte le seduzioni… un po’ d’amore scomposto, un po’ di violenza calcolata e un po’ di follia decolorata bastano a promuovere nuovi vaneggiamenti, ben dosati e controllati dagli addetti alle pubbliche relazioni della casa produttrice… i premi piovono ovunque… la Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia 2019 ha conferito a Joker il Leone d’oro… anche l’Oscar forse non mancherà di onorare questa comparsata gotica al culto della merce! Il festival del cinema di Cannes 2019 del resto, ha dato la Palma d’Oro a Parasite, un guazza- buglio di “stili” ed estetismi da far rabbrividire anche l’ultimo dei lebbrosi… il regista sudco- reano Bong Joon-ho poi non ha trovato di meglio che inserire in una sequenza davvero al li- mite della scemenza, la canzone di Gianni Morandi In ginocchio da te… quando il banale si desta, dà inizio alla decomposizione dell’opera.
Ogni illusione artistica è beatificata nella conclusione dello spettacolo che esorta alla caduta in una miseria culturale insanabile… la maschera di Joker (consumata in altre fascinazioni mercantili come Il cavaliere oscuro o Batman), interpretato da uno smaliziato Joaquin Phoenix, qui eccessivo fino al manierismo, è già riprodotta in ogni forma… giocattoli, magliette, statuine, poster, preservativi, videogiochi invadono le cattedrali del consumo… che bello!, il film non c’è ma il mercato sì… di fronte al cinema dell’insignificanza, ossessionato dai feticci, non ci resta che chiamarsi fuori e cercare una via più risolutiva, tra il ghigno e la risata: anche il cinema è da distruggere.
Il Joker di Todd Phillips ha ricevuto ovunque critiche elogiative, talvolta entusiastiche… un attento fustigatore dei costumi americani, Michael Moore, in un’intervista ha detto: « la storia è così profonda, così necessaria, che se distogli lo sguardo dal genio di quest’opera d’arte, perderai il dono che ci offre. Sì, c’è un pagliaccio disturbato in quello specchio, ma non è solo – siamo lì accanto a lui » (?!). Forse Moore aveva passato la serata in birreria e ha confuso Joker con un qualsiasi film di Ken Loach… le recensioni, di solito, sono un’ammontare d’inu- tilità… le più esprimono il gusto della fascinazione, dell’astrazione, dell’insofferenza… alcu- ne, forse, non fanno parte del gioco sottile del servaggio festivaliero… il resto è bassa agricol- tura. Un film che si comprende affoga la sua poetica nel ridicolo.
Joker è architettato male e filmato peggio… il regista del resto è un esperto in cazzate monumentali… la summa della sua sapienza filmica l’ha espressa in Una notte da leoni, Una notte da leoni 2, Una notte da leoni 3… il botteghino gli ha dato ragione ma l’avere conoscenza e coscienza del cinema non abita certo qui… niente ferisce l’intelligenza più dell’ignoranza o del patriottismo… la balordaggine che ne consegue è la degradazione del gregge umano che confonde la contentezza con la mancanza di vita autentica. Triste il popolo che ha bisogno di falsi eroi e di falsi profeti che iniziano nell’eloquio e finiscono per costruire muri, ghetti o campi di sterminio! Quel che manca a questi signori è il burlesco che li giudica a fondo: nessuno può regnare innocentemente!
Di Joker, a grandi linee, perché la sceneggiatura del film (Phillips e Scott Silver) è una paccottiglia di roba già vista e abusata (fumetti, televisione, film, cronaca nera…) che non abbia- mo nessuna voglia di sviscerare per la noia profonda che ci suscita… è certo meglio fare l’amore su una spiaggia d’inverno e spargere la polvere d’oro degli angeli del non-dove là dove finisce il mare e comincia il cielo… la chiave che dà l’accesso all’irriverenza differenzia- lista si trova fuori da tutte le morali, dottrine o ideali e denuda la vergogna dei saperi… impa- rare a gioire è il compito supremo della felicità e significa azzerare le lusinghe, le menzogne e i tradimenti della società spettacolare. Così diremo solo di ciò che amiamo, perché chi dun- que può scrivere della verità, dell’amore o del pensiero libertino se non coloro che l’hanno vissuti? Nessuno può parlare impunemente della povertà se non ha mai conosciuto la fame. Joker/Arthur Fleck vive con l’anziana madre Penny (Frances Conroy) a Gotham City nei primi anni ’80… soffre di un qualche disturbo mentale che nei momenti di tensione o di rela- zione gli provoca improvvisi e incontrollabili attacchi di risate (!?)… vuole diventare un caba- rettista televisivo… il suo idolo è Murray Franklin, interpretato da un Robert De Niro ormai lessato e in preda a mossettine nevrasteniche che cancellano il grande attore che è stato… ripetute nella stanchezza filmica di The Irishman (2019) di Martin Scorsese, quasi un omag- gio a un sicario della mafia statunitense (Francis “Frank” Joseph Sheeran), modulato sull’estetica confidenziale de Il padrino (1972/1974/1990) di Francis Ford Coppola… naturalmente la parola “capolavoro” è stata subito resuscitata… gli oracoli sono esterni al genio, si trovano bene però nell’astrazione dei salotti.
Arthur, dicevamo, sopravvive come pagliaccio di strada… ama la sua vicina di appartamento, Sophie (Zazie Beetz), solo perché è stata gentile con lui in ascensore… subisce un pestaggio da alcuni svitati e un collega gli dà una pistola per difendersi. Quando si esibisce in un ospe- dale pediatrico gli cade la pistola e viene licenziato. Torna a casa in metropolitana (è ancora truccato da clown) e un gruppo di giovani-yuppie lo picchiano, Arthur estrae la pistola e li uccide. Nelle lettere che la madre aveva scritto al miliardario Thomas Wayne, candidato sin- daco di Gotham City, Arthur scopre d’essere figlio illegittimo di Wayne (la madre era stata la segretaria di Wayne negli anni cinquanta)… ma è tutto falso… è un bambino adottato e ha subito maltrattamenti dal compagno di Penny (che soffriva di disturbi psichiatrici)… Arthur va all’ospedale dove è ricoverata la madre e la soffoca col cuscino. La produzione dello show di Franklin lo invita come ospite nella trasmissione… gli amici Randall (Glenn Fleshler) e Gary (Leigh Ghill) vanno a portare le condoglianze ad Arthur… lui ammazza Randall e ri- sparmia Gary, poiché è stato la sola persona che gli ha voluto bene, dice. Arthur si trucca da Joker e va negli gli studi televisivi (Joker che balla su una scalinata, saccheggiata da un musi- cal di Gene Kelly, è forse la migliore scena del film)… Joker rivela ai telespettatori di essere l’assassino della metropolitana e accusa Franklin, Wayne e i cittadini di Gotham City di esse- re i responsabili della sua follia… impugna la pistola e spara alla testa di Franklin in diretta. Una grande manifestazione contro Wayne si trasforma in guerriglia urbana… i più violenti si celano dietro la maschera di Joker, ormai celebrato dalla televisione… Wayne e la moglie sono freddati (davanti al figlio) a colpi di pistola da uno dei tanti Joker… Joker si atteggia come giustiziere dalla folla impazzita… catturato dalla polizia è rinchiuso all’Arkham Asylum dove una psichiatra gli chiede di raccontare una barzelletta… lui sorride… poi si vede Joker in un corridoio che lascia tracce di sangue sul pavimento… e come in un film di Ridolini cerca di scappare inseguito da un infermiere. The End.
Per scrivere questo fumoso soggetto ci sono voluti ben tre addetti ai lavori… Bob Kane, Bill Finger e Jerry Robinson hanno creduto che uno scenario sulla violenza accattivante poteva trovare una qualche corrispondenza col successo al botteghino ed hanno fatto centro!… del resto gli intellettuali di second’ordine sanno bene come coltivare inganni di cattiva qualità… ma non è un poeta (Rainer Maria Rilke, forse) che diceva né fama, né onore, né gloria, ma solo amore e bellezza del vivere giusto è ciò che più conta e fare della propria vita un’opera d’arte? Amare senza la vergogna d’amare fa della malinconia o del mistero un invito a meravi- gliarsi e l’incendio di un incontro d’amore o d’amicizia è una congiunzione di emozioni e là dove vive la bellezza insorge anche la giustizia. Ecco perché un film brutto come Joker c’in- digna… perché gioca tutto il proprio armamentario strutturale nell’ideologia della merce! L’entusiasmo dei grossolani lo premia, lo copia, lo divinizza… come non sapere che ogni mito si esaurisce in ciò che rappresenta… foss’anche il malato di protagonismo inchiodato sulla croce!?… i buffoni saccenti non mancano d’inventiva e s’appropriano di tutto quanto è utile a decuplicare la farsa dello spirito… la bellezza elevata a raffinatezza è una fioritura che supera i limiti e la cultura dell’anima per approdare nell’acqua lustrare libertaria che scatena tempeste autentiche e prova a dare all’utopia quel senso di verità senza catene che rende la libertà eterna.
La catenaria degli effetti speciali (Bryan Godwin, Edwin Rivera), fotografia (Lawrence Sher), scenografia (Mark Friedberg), montaggio (Jeff Gorth) di Joker, figurano una dossologia di luoghi comuni o categoriali che prediligono il cattivo gusto portato all’ornamentale… lavora- no sulla sterilità della perfezione… tutto è architettato per la forma prima dell’idea… proprio come in ogni Sacra Scrittura, la genialità è indissociabile dal peccato e dalla confessione… è una commedia presa sul serio e finisce in un sottoprodotto che assume il carattere di merce soltanto. Un film, un beato o un assassino si rivela fecondo per la facoltà che ha d’incitare gli altri all’imitazione… se cessa di sedurli si riduce a una somma di ossessioni, più o meno rap- presentate, che fanno della tolleranza una scuola di tiranni o palafrenieri del crimine in for- mato grande, il consolidamento di una società addomesticata fino nei sogni… poiché nessun regime può fare a meno dell’arte, i cortigiani d’ogni arte sanno bene come non demolire i privilegi dell’ordine costituito… l’epoca propizia alla crescita dell’arte in anarchia coincide con la fine (e tutti i mezzi sono buoni) della civiltà dello spettacolo.
Campobasso 30 volte novembre 2019 – Piombino, dal vicolo dei gatti in amore, 3 volte dicembre 2019