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Lettere a Lucilio. Lucio Anneo Seneca

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Lettere a Lucilio. Lucio Anneo Seneca

a cura di Patrizio Sanasi

Edizione Acrobat

LIBRO PRIMO

Comportati così , Lucilio mio, rivendica il tuo diritto su te stesso e il tempo che fino ad oggi ti veniva portato via o carpito o andava perduto raccoglilo e fanne tesoro. Convinciti che è proprio così , come ti scrivo: certi momenti ci vengono portati via, altri sottratti e altri ancora si perdono nel vento. Ma la cosa più vergognosa è perder tempo per negligenza. Pensaci bene: della nostra esistenza buona parte si dilegua nel fare il male, la maggior parte nel non farniente e tutta quanta nell’agire diversamente dal dovuto.

LIBRO SECONDO

So che hai molto coraggio; anche prima che temprassi il tuo spirito con insegnamenti salutari e utili persuperare le avversità della vita, eri già piuttosto soddisfatto del tuo atteggiamento di fronte alla sorte e ancor più lo seiora dopo averla affrontata con decisione e aver provato le tue forze; in queste non si può mai confidare con sicurezzafinché non si presentino numerose, e talvolta incalzanti, difficoltà da ogni parte. Così si sperimenta il coraggio vero, chenon è sottoposto all’arbitrio altrui: è la prova del fuoco

…LIBRO TERZO

Tu ormai capisci che devi tirarti fuori da queste occupazioni belle e nocive; ma chiedi come puoi farlo. Certisuggerimenti li si può dare solo di persona; il medico non può scegliere per lettera l’ora del pranzo o del bagno: devetastare il polso. Dice un vecchio proverbio che il gladiatore decide le sue mosse nell’arena: gliele suggeriscono il voltodell’avversario, i movimenti delle mani, l’inclinazione stessa del corpo, che egli studia attentamente

LIBRO QUARTO

Ho visto Aufidio Basso, gran brava persona, mal ridotto e in lotta con l’età. Ma questa ormai pesa a tal puntosu di lui da non permettergli più di riaversi; la vecchiaia gli sta addosso con tutto il suo tremendo peso. Sai che hasempre avuto un fisico debole e smunto; a lungo l’ha sostenuto, anzi, per meglio dire, rabberciato: improvvisamente ha ceduto

LIBRO QUINTO

Costui è già riuscito a convincerti di essere un uomo virtuoso? Ma non si può diventare, e nemmeno si puòriconoscere tanto presto un uomo virtuoso. E sai che uomo virtuoso intendo ora? Quello di seconda qualità; l’altroperfetto, infatti, nasce forse, come la Fenice, una volta ogni cinquecento anni. E non c’è da stupirsi che le grandi cosesiano generate a distanza di anni: la sorte produce spesso mediocrità destinate alla massa, ma alle cose straordinarie dà pregio il fatto stesso di essere rare.

LIBRO SESTO

Sono pronto a tutto, ora che mi sono lasciato convincere a mettermi in mare. Salpai col mare calmo; veramente il cielo era carico di quei nuvoloni neri che, di solito, portano acqua o vento, ma pensai di farcela apercorrere le poche miglia tra la tua Napoli e Pozzuoli, anche se il tempo era incerto e minacciava tempesta. Perciò per uscirne prima, mi diressi subito al largo verso Nisida tagliando via tutte le insenature.

…LIBRO SETTIMO

Mi dispiace molto per la morte del tuo amico Flacco, ma non vorrei che tu ne soffrissi più del giusto. Non oso pretendere che tu non ti addolori, anche se so che sarebbe meglio. Ma una fermezza del genere può averla solo chi è ormai molto al di sopra della fortuna. La morte pungerà la sua anima, ma la pungerà solamente. Se scoppiamo in lacrime, è perdonabile, purché le lacrime non scorrano a fiotti, e siamo noi stessi a reprimerle. Morto un amico, gli occhi non devono gonfiarsi di pianto, ma neanche esserne privi; bisogna versare qualche lacrima, non singhiozzare disperatamente.

LIBRO OTTAVO

Ho rivisto la tua Pompei dopo molto tempo. Mi ha riportato indietro alla mia giovinezza; mi sembrava di poter ripetere tutte le mie giovanili imprese compiute là, e che fossero recenti

LIBRO NONO

Ti lamenti perché ti invio lettere scritte con minore ricercatezza. Ma con ricercatezza si esprime solo chi vuole essere manierato. Io voglio, invece, che le mie lettere siano quali sarebbero le mie parole se sedessimo o passeggiassimo insieme: semplici e chiare; non voglio che abbiano niente di artificioso o di falso.

LIBRO DECIMO

Ti lamenti di esserti imbattuto in un ingrato: se questa è la prima volta, ringrazia la fortuna oppure la tua prudenza. Ma in questo caso la prudenza non può fare niente, se non renderti gretto; difatti, se non vorrai correre il pericolo dell’ingratitudine, non dovrai più fare benefici; così, perché non vadano perduti per colpa d’altri, andranno perduti per te. È meglio non ricevere gratitudine piuttosto che non fare del bene; anche dopo un cattivo raccolto bisogna seminare. Spesso la produzione abbondante di un solo anno compensa le perdite dovute alla persistente sterilità di un terreno infecondo.

LIBRI UNDICESIMO-TREDICESIMO

Questi viaggi, che mi scuotono di dosso l’apatia, credo che facciano bene alla mia salute e ai miei studi. Perché facciano bene alla mia salute lo vedi bene: l’amore per gli studi mi rende pigro e mi fa trascurare il corpo, così faccio esercizio a spese di altri. Quanto allo studio, ecco perché servono: non ho smesso un momento di leggere. Le letture – penso – mi sono necessarie, primo perché non sia pago solo di me stesso, poi perché venendo a conoscenza delle indagini altrui, possa formulare giudizi sui risultati e riflettere sulle ricerche da farsi. La lettura nutre la mente e la ristora quando è affaticata dallo studio, anche se richiede una certa applicazione.

LIBRO QUATTORDICESIMO

Tu desideri una cosa utile e necessaria per chi è ansioso di raggiungere la saggezza, cioè dividere la filosofia, e il suo corpo smisurato distinguerlo in membra: alla conoscenza del tutto è più facile arrivarvi attraverso le singole parti. Come si presenta ai nostri occhi l’aspetto generale dell’universo, magari potesse dispiegarsi così davanti a noil’intera filosofia in uno spettacolo assai vicino a quello dell’universo! Certo strapperebbe ai mortali tutti l’ammirazione, lasceremmo da parte ciò che ora riteniamo grande per ignoranza di ciò che è veramente grande. Ma poiché questo è impossibile, dobbiamo volgere lo sguardo sulla filosofia nello stesso modo in cui si scrutano i segreti dell’universo.

LIBRO QUINDICESIMO

Nella lettera in cui lamentavi la morte del filosofo Metronatte, come se avesse potuto e dovuto vivere più a lungo, ho sentito la mancanza di quel senso di giustizia di cui sei ricco in ogni funzione, in ogni attività, e che ti difetta in una sola cosa, come a tutti: ho trovato molte persone giuste verso gli uomini, ma nessuna giusta verso gli dèi. Ogni giorno rimproveriamo il destino: “Perché Tizio è stato rapito nel pieno della vita? Perché non Caio? Perché prolunga una vecchiaia penosa a sé e agli altri?”

LIBRO SEDICESIMO

Tu ti sdegni e ti lamenti per qualche contrarietà e non capisci che in esse non c’è niente di male, se non il tuo sdegno e i tuoi lamenti? Vuoi il mio parere? Secondo me la sola infelicità per l’uomo è ritenere che nella natura ci siano elementi d’infelicità. Non sopporterò più me stesso il giorno in cui non sarò in grado di sopportare qualche disgrazia. Sto male: fa parte del destino. La servitù è malata, i debiti mi opprimono, la casa scricchiola, disgrazie, danni, pene, paure mi sono piombati addosso: sono cose che càpitano. O meglio: dovevano capitare. Non sono avvenimenti casuali:sono decretati.

LIBRI DICIASSETTESIMO-DICIOTTESIMO

Ogni giorno, ogni ora ci mostra che siamo un nulla e con qualche nuovo argomento ricorda a noi dimentichi la nostra caducità, e mentre concepiamo progetti come se fossimo eterni ci costringe a guardare alla morte. Chiedi che cosa significhi questa premessa? Tu conosci Cornelio Senecione, cavaliere romano illustre e cortese: da un’umile origine era arrivato in alto, destinato a ulteriori e facili successi. L’inizio di una carriera è più difficile che il suo sviluppo.

LIBRO DICIANNOVESIMO

Ti mando un saluto dalla mia villa di Nomento e ti esorto a mantenere un’anima onesta, ossia ad avere propizi tutti gli dèi: essi sono benigni con chi è in pace con se stesso e lo favoriscono. Metti da parte per ora ciò che credono alcuni: che ciascuno di noi abbia un dio come guida, non uno dei maggiori; ma una divinità di grado inferiore, tra quelle che Ovidio definisce “divinità plebee”. Metti da parte queste credenze, ma ricorda che i nostri antenati che le seguivano erano Stoici; essi attribuivano ad ogni uomo un Genio e una Giunone.

LIBRO VENTESIMO

Tu vuoi che ti scriva più spesso. Facciamo un po’ i conti: sei tu in debito; eravamo d’accordo che scrivessi tu per primo: tu scrivevi e io rispondevo. Ma non farò il difficile: so che ti si può fare credito. Pagherò anticipatamente e non farò quello che l’eloquentissimo Cicerone invitava Attico a fare: “Scrivi quello che ti viene sulle labbra, anche se non hai niente da dire.”

 

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