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Capri-Revolution (2018), di Mario Martone

Inserito da serrilux

Capri-Revolution (2018), di Mario Martone

“Il Ribelle è il singolo, l’uomo concreto che agisce nel caso concreto.
Per sapere che cosa sia giusto, non gli servono teorie,
né leggi escogitate da qualche giurista di partito.
Il Ribelle attinge alle fonti della moralità
ancora non disperse nei canali delle istituzioni”.
Ernst Jünge

Il cinema, nella sua essenza, è poetica della libertà o merce soltanto… un film “ben fatto” e financo premiato con un Oscar, può uccidere più di un Miserere… un autore folgorato dall’estetismo sulla strada di Hollywood o un discepolo di spettacoli di corte, sprigionano uguale scelleratezza persuasiva e fanno film in quell’eleganza o voluttà mercatale degna dell’ultimo dei falliti d’ingegno… non c’è niente di più ridicolo di voler essere incompresi o maestri dell’illusione, per sembrare profondi. Tutti questi cineasti e i loro benamati critici da salotto televisivo, che vivono da parassiti di Rossellini, sono convinti che fare il cinema significhi dissertare sulla vita a prezzi ridotti… appartengono a un Paese dove il delirio politico permea la realtà e ogni forma d’arte è prona allo spettacolare che l’affoga nella banalità… tranne la verità calpesta, incarcerata, uccisa dell’uomo in rivolta, tutto è impostura.

Il film di Mario Martone, Capri-Revolution, addobbato di riconoscimenti internazionali… è una farmacopea di luoghi comuni che recide non pochi sentieri in utopia… quando si sguazza negli accessori estetici o c’è qualcosa di disonesto o di accademico e il superfluo si trascolora in pedagogia del peggio… falsi profeti, falsi dèi, falsi maestri non riescono a sottrarsi alla tentazione di una qualsiasi forma di successo e come i santi fanno di tutto per ascendere all’ingozzamento dell’ostia consacrata… insieme a clown, preti e politici, sono predestinati al plauso da circo, niente più… dietro i fraseggi da tribuna c’è sempre l’affettazione del vero o il plotone d’esecuzione, come la Storia insegna. Il cinema o contiene l’aroma dell’esistenza o è solo merce. Abbattere l’edificio del cinema, vuol dire disertare l’immaginario collettivo e ridere sulle sue macerie! Bisogna amarlo molto il cinema, per volerlo distruggere.

Capri-Revolution racconta, in qualche modo, la Comune fondata a Capri dal pittore tedesco Karl Wilhelm Diefenbach (nasce a Hadamar il 21 febbraio 1851, muore a Capri il 15 dicembre 1913)… è un esponente del Simbolismo e dell’Art Nouveau, dicono… a noi i suoi quadri e anche più la sua teosofia o scienza esoterica, proprio non c’interessano, e nemmeno delle pratiche nudiste, vegetariane, l’obiezione di coscienza, il rifiuto della monogamia o un vago pacifismo dispersi sotto il cielo di Capri prima dell’avvento della Prima Guerra Mondiale, c’interessano (espressi in questo modo e a questo prezzo)… i maestri, del resto, vanno cotti e serviti in salsa piccante, Pasolini diceva… specie quando s’innalzano a educatori… le infatuazioni per ogni sorta di religione portano all’esagerazione o all’inquisizione e sono destinati a mandare in estasi i dilettanti della spontaneità o i beoti dell’infantilismo… non è costruendo, ma distruggendo un Dio che possiamo intuire le soddisfazioni eversive dell’uomo in rivolta. Va detto. Karl Wilhelm Diefenbach era recidivo… quando la comune da lui fondata aVienna (1897-1899) finisce in bancarotta, si trasferisce nell’isola di capri e lì trascorre il resto della vita… poco importa se Martone inserisce la Comune di Capri alla vigilia della prima guerra mondiale (nella realtà Diefenbach era già scomparso), ma non è una biografia… quello che più ci assale alla gola è questa specie di Cristo del sole, nudo o avvolto in un saio, con tanto di bastone… che fa persino miracoli… come possa essere preso sul serio… il Maestro invita a chiamarsi fuori dal dolore dell’esistenza e quindi dalla resistenza e dall’insubordinazione, per ascendere alla perfezione del Nulla… questi moralizzatori alla san Paolo, andrebbero liquidati seduta stante, non tanto per quello che dicono ma per ciò che rappresentano… il protagonismo spirituale (come quello ideologico) è la fede o il dogma di menti instabili o feroci. Ciò che suscitano nella plebe è anche quello che li divora! Sono responsabili di isterie durature. Di trascendenze malsane. Di cancri aureolati che corrodono la paura degli uomini da millenni.

La Comune di Martone è composta da giovani di vari Paesi… Seybu (Reinout Scholten vanAschat) è il guru… poi c’è Carlo (Antonio Folletto), il medico socialista, interventista… Lucia (Marianna Fontana), la pastorella di capre analfabeta e poi c’è tutta una fauna di artisti, bambini precoci che suonano il piano… c’è anche Maksim Gor’kij (Rinat Khismatouline)… tutti praticano il nudismo, mangiano verdure, suonano, cantano, danzano e fanno l’amore nel mucchio… lavorano un po’ l’orto, sistemano un po’ i muretti delle casette e s’incantano, sempre nudi, assorti nel nulla, davanti al rosso dei tramonti… ma Seybu si fa bagnare anche dalla luce della luna… la sua chiesa è una caverna e lì trova il contatto con il suo Dio, il sole.

Il padre della pastorella muore per una malattia contratta nella fabbrica di Bagnoli… i fratelli trattano Lucia come una serva… vogliono farla sposare a un bottegaio del paese… Lucia rifiuta, la madre (Donatella Finocchiaro) tace, tace sempre… ma sembra capire l’inquietudine della figlia. La pastorella è incuriosita dal comportamento serafico dei nudisti… si spoglia anche lei e comincia a frequentarli… partecipa ai loro riti, impara a leggere e a parlare l’inglese… lascia la casetta, la famiglia e le capre e abbraccia la loro filosofia di vita… quando si ammala di colite ulcerosa viene ricoverata nell’infermeria di Carlo… ma scappa e ritorna nella Comune per curarsi con le erbe di Seybu… intanto scoppia la guerra… i fratelli di Lucia partono per il fronte, Carlo andrà volontario, lei saluta la madre e s’imbarca su un piroscafo di emigranti. Seybu, nudo sulla scogliera, lancia un grido contro il mare di Capri. Fine.

Il film di Martone è costellato di danzatori ieratici, sempre nudi e trasognanti, riti pagani che sfiorano il grottesco… pensiamo a quando lo psicoterapeuta convince Lilian (Jenna Thiam) a uccidere il cervo con una freccia scoccata da un arco improvvisato… le ragazze bevono il sangue del cervo e se lo cospargono sulle vesti… Seybu rompe l’incantesimo ed espelle lo psicoterapeuta dal gruppo… c’è poi il momento del miracolo di Lucia nella chiesa-grotta… Seybu la stende su una grossa pietra, la guarda intensamente e Lucia inizia ad alzarsi e volare sull’isola e sul mare di Capri… adesso capiamo perché Baudelaire, in tutta la via, ha guadagnato solo quindi franchi… perché quando sentiva l’ala dell’imbecillità si fermava a cogliere i fiori del male, sapeva di non avere l’aspirazione a diventare santo né saltimbanco della poesia… non voleva cadere nel fatalismo, che è la miseria delle miserie, diceva… è una questione di decenza.

L’impalcatura filmica di Capri-Revolution è quasi una celebrazione del naturalismo o dello scenografico dispersi in una teatralità stucchevole… specie nel sequenze collettive… tutta la parte che riguarda la famiglia di Lucia è invece trattata nella consueta “tipicità meridionale” (peraltro bozzettistica), dove gli uomini decidono, le donne servono… naturalmente Martone si accorge di queste debolezze strutturali e s’inventa una protofemminista che va a cercare fortuna in America… Lucia ha la faccia, il corpo, le posture giuste ed è la sola che emerge dall’intero film… non è una sorpresa però… l’avevamo già vista e apprezzata in Indivisibili (2016) di Edoardo De Angelis, un film di pregevole autenticità e bellezza, come raramente si vede le gazebo addomesticato del cinema italiano.

La sceneggiatura di Capri-Revolution, scritta da Martone con la moglie Ippolita Di Majo, è un compitino buonista, ci sono perfino gli operai socialisti che discorrono su capitalismo e lavoro… in quegli anni Maksim Gor’kij era a Capri con l’attrice Marija Fëdorovna Gelabuskaja… Lenin fu suo ospite e al sole dell’isola forse dissertarono sull’avvento del realismo socialista… Gor’kij sarà amico anche di Stalin che, secondo quanto scrive il Premio Nobel Aleksandr I. Solženicyn in Arcipelago Gulag, restò indifferente ai massacri dei dissidenti comunisti sotto le “purghe staliniane” degli anni ’30… per gli storici non imbavagliati dal regime o dal mercato, l’autore di un romanzo notevole sulla condizione contadina e operaia, La madre (1906), non morì per una polmonite ma per avvelenamento, come era in uso sotto la dittatura “comunista” e continua oggi con i servizi segreti del nuovo Zar, Putin. Diffidare dei tiranni come la peste… hanno il medesimo atteggiamento dei preti o dei finanzieri, dissezionano i cadaveri dei loro oppositori e li danno in pasto al popolo che li seppellisce in gloria del crimine costituito.

La fotografia di Michele D’Attanasio esegue quella visione pittorica (un po’ decadente) che Martone ha voluto dare al film… insieme ai costumi di Ursula Patzak, che molto si avvicinano a quelli indossati da Karl Wilhelm Diefenbach e la sua Comune, come possiamo vedere da un certo numero di fotografie del tempo… figurano una sorta di operetta all’aperto… una messa continua di formule e antidoti, di fanatismo e di vigliaccheria, di libertinaggi e dissolutezze di seconda mano… senza sapere mai che la libertà, anche quella sessuale, vive o muore negli atti che la negano! Solo quando si è decimato le proprie superstizioni o i simulacri sui quali si poggiano a dispetto della realtà, della verità o della bellezza, si trova il coraggio di andare oltre e diventare padroni dei propri eccessi, a cominciare con la liquidazione di Dio e dello Stato.

Il montaggio di Natalie Cristiani e Jacopo Quadri s’innesta nella musica di Apparat (Sascha Ring) e Philipp Thimm, e insieme conferiscono a Capri-Revolution quella specie di alone mistico o di seduzione angelicata (in quanto il film va venduto poi alle televisioni e deve passare dopo i telegiornali, tra una cazzata e l’altra che i politici dispensano nei talk show) che riproduce un paradiso fittizio e una santità di merletto… Capri-Revolution è un crogiolo di divagazioni estetiche appoggiate su dialoghi che pontificano scenari della conoscenza piuttosto appassiti… dichiarazioni vaneggianti sulla filosofia dei colori, dei corpi, delle abdicazioni dal vero… la corda dall’ottimismo che lega i protagonisti della Comune di Capri contiene anche il retroscena di un’ossessione, quella della speranza che, come sappiamo dai libri sacri, è una virtù da schiavi. Chi sceglie l’imbecillità dei santi e la sudditanza degli angeli a tutto, non può che trovarsi nel marcitoio delle certezze e fa dello stupore e della meraviglia un clistere d’acqua benedetta dall’ultimo impostore, il quale pare non sapere che l’esistenza di un qualsiasi Dio è incompatibile con la libertà degli uomini. Insomma la rivoluzione nel film di Martone non c’è e nemmeno viene sfiorata l’idea che a partire da una rivelazione si possano capovolgere, violare o abbattere i miti che tengono l’uomo a catena… qualsiasi forma d’arte muore nelle stanze dove ha un prezzo ma non un valore!

I naufragi impersonali sono sempre sgradevoli e ciascuno è la somma dei propri fallimenti… le azioni di rottura contro la demenza delle fedi o delle ideologie sono un’altra cosa: “Mi raccomando non sputare contro gli emblemi del potere”, disse il vecchio pastore al ragazzo con i piedi scalzi nel sole e la pioggia sulla faccia… ma il ragazzo aveva voglia di sputare contro chi gli aveva ucciso la famiglia con le preghiere, le bombe e le promesse di felicità… così lanciò uno sputo in faccia al soldato che gli puntava il fucile alla testa… il soldato caricò l’arma ma non fece in tempo a sparare… il coltello del pastore gli tagliò la gola d’un tratto e il vecchio disse: “Non si può uccidere l’innocenza del divenire… né dispensare felicità con il terrore…vai ragazzo, vai… incamminati verso l’aurora di tutte le liberazioni… nessuno può rilasciare certificati d’inesistenza! Il diritto della forza si combatte con la forza del diritto!”.

La miseria non è ereditaria… la fioritura libertaria di ogni divenire non è data da un Dio, da uno Stato o dalle confraternite di qualche profeta… comprendere la bellezza del mondo o il suo contrario, significa fare dell’estetica del pensiero, l’etica del corpo in azione, e attraverso la pazienza dell’asino (e il morso del lupo) costruire situazioni di rivolgimento della vita quotidiana… è buona creanza scegliere la parte contro la quale stare… meglio ancora dare libero corso a tutte le passioni che rigettano ogni forma di autorità in materia del vivere insieme… lo vogliamo ricordare ancora: il profumo del gelsomino, delle olive al forno e del pane fresco (come un brulotto sotto il culo dei potenti) possono cambiare il corso delle costellazioni… e comunque senza nessun rimorso.

Piombino, dal vicolo dei gatti in amore, 27 volte aprile, 2019

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