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Andrea Capriolo – Arte-linguaggio-comunicazione-distorsione del significato dell’immagine

Inserito da serrilux

Andrea Capriolo – Arte-linguaggio-comunicazione-distorsione del significato dell’immagine

Una domanda a Pino Bertelli su:
Arte-linguaggio-comunicazione-distorsione del significato dell’immagine

Andrea Capriolo

Grazie mille per la cortese risposta e per la gentilezza nel tentare di rispondere alle mie domande che, spero, non necessitino di troppo impegno e troppo tempo (in ogni caso non ho nessuna fretta).
Le volevo chiedere, per prima cosa, il suo pensiero riguardo ai termini di arte e verità legata al linguaggio politico degli anni 70. Un collettivo artistico milanese, il Laboratorio di Comunicazione Militante – sul quale lei ha scritto alcune righe – scrisse in un catalogo di mostra le seguenti affermazioni sui rapporti fotografia-linguaggio: “dimostrare la non-oggettività dei contenuti e la «artisticità» delle forme inerenti al linguaggio usato dal potere […] e, inoltre condurre un’indagine scientifica che sia al contempo produzione e invenzione di nuove forme di linguaggio in senso creativo ed espressivo”.
Se ora mettiamo in relazione quanto sopra scritto – il collettivo chiaramente si dimostrava per avere idee di sinistra extraparlamentare – con fotografie “brigatiste” quali quella del sequestro Macchiarini del 1972 (la allego alla mail), mi viene spontanea una riflessione: se in quegli anni una parte della sinistra “culturale” tentava di fondare un nuovo linguaggio, i più “sinistri”, i brigatisti, pur se a parole dicevano di volere seppellire la stato borghese, di fatto ne recuperavano gli usi e costumi, anche linguistici: vedi il cartello appeso al collo del sequestrato che recita slogan quasi da fumetto o le pistole puntate in faccia che richiamano alla lotta contro i partigiani.

Lei come valuta il tema del linguaggio nella società degli anni 70; per lei bisognava abbandonare ed inventare, di conseguenza, un nuovo linguaggio, o utilizzare il vecchio linguaggio “borghese” più facilmente comprensibile dal popolo?
grazie mille, ancora, per l’attenzione e buona giornata

Andrea

Pino Bertelli

A partire dalle parole (sempre attuali) di Theodor W. Adorno — “La cultura e la stessa critica della cultura non sono che spazzatura e nessuna parola [o immagine ], proveniente dall’alto, neppure teologica, ha il diritto di restare immutata” —, possiamo comprendere che le giovani generazioni nel ’68, fino all’uccisione di Aldo Moro (1978), cercarono di dare l’assalto al potere, non per conquistarlo, ma per meglio distruggerlo.

Il “Laboratorio di Comunicazione Militante”, che tu citi… è stato una sorta di officina eversiva sull’uso dei linguaggi mediali… il manuale che pubblicarono nel 1977, L’arma dell’immagine, esperimenti di animazione sulla comunicazione visiva, diceva e nemmeno sotto traccia, che le future rivoluzioni dovranno inventare il loro linguaggio e solo attraverso il détournement di tutte le forme del comunicare si potrà rompere la tirannia delle definizioni e rovesciare un mondo rovesciato.

La critica del linguaggio come linguaggio della critica contro l’organizzazione dominante della vita, teorizzata dall’Internazionale Situazionista (e da Guy Debord, specialmente), fuoriusciva dalla controcultura di quegli anni (e si è protratta fino ai nostri giorni per andare chissà dove?): “Non si trattava di mettere la poesia al servizio della rivoluzione, ma piuttosto mettere la rivoluzione al servizio della poesia” (I.S.). Rompere i linguaggi dell’adulazione e della soggezione significava in quegli anni di dissenso e di barricate, cancellare una visione del mondo falsa e sostituirla con una realtà più giusta e più umana.
A proposito del “Laboratorio di Comunicazione Militante”, dici: — « Le seguenti affermazioni sui rapporti fotografia-linguaggio: “dimostrare la non-oggettività dei contenuti e la «artisticità» delle forme inerenti al linguaggio usato dal potere […] e, inoltre, condurre un’indagine scientifica che sia al contempo produzione e invenzione di nuove forme di linguaggio in senso creativo ed espressivo”. Se ora mettiamo in relazione quanto sopra scritto – il collettivo chiaramente si dimostrava per avere idee di sinistra extraparlamentare – con fotografie “brigatiste” quali quella del sequestro Macchiarini del 1972… mi viene spontanea una riflessione: se in quegli anni una parte della sinistra “culturale” tentava di fondare un nuovo linguaggio, i più “sinistri”, i brigatisti, pur se a parole dicevano di volere seppellire lo stato borghese, di fatto ne recuperavano gli usi e costumi, anche linguistici: vedi il cartello appeso al collo del sequestrato che recita slogan quasi da fumetto o le pistole puntate in faccia che richiamano alla lotta contro i partigiani » —.
A parte il tuo discutibile lessico (“fotografie brigatiste”, “i più sinistri”, “seppellire lo stato borghese a parole” o la lettura del cartello come un fumetto), che trovo non solo superficiale ma del tutto errato… l’immagine di Idalgo Macchiarini (dirigente SIT-Siemens), il primo ad essere rapito e processato dalle Brigate Rosse, è certo una maniera di comunicare fuori dal linguaggio lacerato dell’immaginale assoggettato… le frasi sul cartello sono un collage di Lenin e Che Guevara… l’iconografia delle (prime) Brigate Rosse (pistole, parole, sguardo del prigioniero) non ricorda affatto le esecuzioni dei partigiani torturati e impiccati dai nazifascisti, è un invito, appunto, a non dimenticare!

Le “Brigate Rosse”, è vero, volevano cambiare il volto della storia alla maniera della “meglio gioventù” che si mise uno “straccetto rosso al collo” (Pier Paolo Pasolini, diceva), prese il fucile è andò alla macchia per conquistare nuove primavere di bellezza… forse i tempi erano mutati, anche la gente non era più quella o, più semplicemente, il capitalismo parassitario aveva già fondato la civiltà consumerista e la sottomissione generalizzata delle masse… e l’I.S., ricordava: “Ciò che non uccide il potere, il potere l’uccide”. Quell’orda d’oro è vero fu sconfitta, ma avevano ragione. Riguardo a “seppellire lo stato a parole”, dovresti andare a vedere come Margherita Cagol (“Mara”, moglie di Renato Curcio, tra i fondatori delle Brigate Rosse) è stata uccisa… moriamo sempre a margine delle proprie parole o delle proprie utopie, poiché ogni destino è soltanto un pretesto di pietà o il coraggio d’affrontare la storia a viso scoperto.
Per chiudere come anche per aprire. “La critica che si cimenta con questo contenuto è la critica che sta in mezzo alla mischia, e nella mischia non si tratta di sapere se l’avversario è nobi- le, di pari condizione, se è un avversario interessante, si tratta di colpirlo… L’arme della critica non può certamente sostituire la critica delle armi, la forza materiale dev’essere abbattuta dalla forza materiale, ma anche la teoria diviene una forza materiale non appena si impadronisce delle masse” (il giovane Marx, diceva)… i linguaggi convertiti in “acqua benedetta” affogano ogni capacità di pensare e lavorano al mantenimento dell’ordine.
Stupidità e potere sono sinonimi. Tra i burocrati, generali, politici, capi di stato… si ritrova
una certa percentuale di individui fondamentalmente stupidi, la cui capacità di danneggiare il prossimo è pericolosamente accresciuta dalla posizione di potere che occupano, a tal proposito anche i prelati non vanno trascurati… all’interno di un sistema democratico, le elezioni generali sono uno strumento di grande efficacia per assicurare il mantenimento dei privilegi della casta al governo… il potere della stupidità (politico, economico o burocratico) accresce il potere nocivo della persona stupida: “Essenzialmente gli stupidi sono pericolosi e funesti perché le persone ragionevoli trovano difficile immaginare e capire un comportamento stupido. Una persona intelligente può capire la logica di bandito. Le azioni del bandito seguono un modello di razionalità: razionalità perversa, se si vuole, ma sempre razionalità” (Carlo M. Cipolla).

È veramente sorprendente che le persone aggrappate agli scranni del potere non riescono a riconoscere il potere devastante e distruttore della loro stupidità… politici, primi ministri, preti, sindacalisti, intellettuali, operai, migranti e anche il cane bastardo del papa… sono parte integrante della stupidità generale, ne consegue che la società intera s’immiserisce, sprofonda nella genuflessione e nell’indifferenza e porta ogni Paese alla rovina.

Piombino, dal vicolo dei gatti in amore, 18 volte novembre 2018

Manifesto per una fotografia dei diritti umani resistenza sociale, disobbedienza civile e poetica dell’immagine

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